giovedì 29 dicembre 2011

LA VITA DAVANTI A SÈ


La vita davanti a sé

Romain Gary

Biblioteca Neri Pozza

€ 11,50

Non mi sembra vero di riprendere la cara e vecchia abitudine di scrivere sul blog... 
Gli ultimi mesi sono stati densi di lavoro al punto da arrivare a scrivere senza ispirazione ovvero scrivere non più di due parole e cestinare tutto. Ho provato a trovare linfa vitale dalla lettura e - lo ammetto - sono soddisfatto del volume di libri, che comunque sono riuscito a leggere, e della qualità degli stessi. Poi, per Natale, mi piomba in mano da una carissima persona questo romanzo di Romain Gary (nella foto), La vita davanti a sé: non appena terminato il libro che stavo leggendo - non riesco proprio a leggere due libri a tempo, a tenere i piedi in due storie diverse, a ragionare con due teste diverse - l'ho cominciato subito, voglioso di scoprire dove mi portava la faccia rotonda del bambino in copertina.


Perché parte tutto da un bambino, Mohammed detto Momò, e da un'ex prostituta ebrea, Madame Rosa, che vivono nel difficile ambiente della banlieu parigina degli anni Settanta popolata da varie etnie. Momò non conosce sua mamma, non la conoscerà mai, scorgerà per un brevissimo lasso di tempo il papà che è "psichiatrico", giusto il tempo per vederlo morire e accompagnarlo ad un'indegna e sconosciuta sepoltura. Madame Rosa era stata una gran bella prostituta, poi convertita a baby sitter a tempo pieno di figli di prostitute - a causa della loro condizione, esse venivano private della patria potestà, una donna di grandissimo cuore e di somma pazienza, la quale ogni giorno doveva arrendersi all'età che le toglieva le forze per continuare ad allevarli fin quando, prigioniera della vecchiaia e del suo peso, ha dovuto accontentarsi della sua poltrona, di pochi passi tra le mura di casa e di essere aiutata nelle azioni quotidiane, anche le più intime, senza poter più mettere il naso fuori dalla porta, né nel suo "cantuccio ebreo", nel quale spesso si ritirava e nel quale si addormenterà per sempre, pur di scampare all'ospedale, luogo maledetto perché si viene "costretti" a vivere.
La vita davanti a sé è la storia di Momò e Madame Rosa, di un rapporto d'amore materno, per nulla vincolato alle leggi di sangue ed ignaro delle tragedie del mondo; tutta la vicenda, filtrata dal racconto di Momò, dona alla storia quella delicatezza e quella passione che, forse, solo un bambino può regalare, solo colui che ancora deve conoscere il mondo è capace di guardarlo senza filtri e di aiutare gli adulti a riconsiderarlo per quello che è cosicché le prostitute sono "gente che si difende con il proprio culo" e "gli incubi sogni quando invecchiano". Il racconto appare leggero come la storia raccontata da un bambino, ma al tempo stesso tagliente per il realismo che lo permea quando la mente di Momò, cresciuto, si sofferma sulle contraddizioni della vita: "Io non capirò mai perché l'aborto è autorizzato solo per i giovani e non per i vecchi... Io trovo che non c'è niente di più schifoso che infilare a forza la vita nella gola della gente che non si può difendere e che non vuol più essere utile". La vita non è sempre facile, ma è comunque vita: "Ma prima non ci avevano pensato a strillare perché la vita non ha odore", ci ricorda Momò quando Madame Rosa va all'altro mondo.
Direi che si tratta di un buon libro, dal finale che non riserva colpi di scena, ma che commuove molto. La scrittura è fluida e trascinante nel suo scorrere, sebbene abbia qualche riserva sulla forma del linguaggio, che non saprei se imputabile alla traduzione o alla resa del lessico gergale e molto diretto del bambino. Probabilmente è anche questa la forza del libro, la capacità di rendere molto fedelmente, con le stesse parole del protagonista, talora scorrette o inventate del tutto, il quadro della situazione, che si arricchisce anche delle contaminazioni culturali e religiose, come spesso capita nei dialoghi tra Momò e Madame Rosa in yiddish.
Qui sotto uno spezzone, in francese, del film del 1977 La vie devant soi, tratto dall'omonimo libro di Romain Gary, scritto sotto lo pseudonimo di Émile Ajar e premio Goncourt nel 1975.


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