giovedì 13 settembre 2007

Servizio pubblico: sempre più in basso

Com'è ormai noto, il posto dell'ex consigliere Rai Angelo Maria Petroni è stato occupato, su nomina del Tesoro, da Fabiano Fabiani, uno che nella macchina pubblica ha passato tutta, o quasi, la sua vita. Il motivo di questa decisione appare chiaro: "la sua nomina corrisponde a un obiettivo interesse politico della maggioranza, perlomeno di quella sua parte che si riconosce nel progetto del Partito Democratico" affermava ieri Galli Della Loggia, che continuava ricordando come il nome di Fabiani potrebbe contribuire a un'intesa tra Prodi e Veltroni.
Questa spiegazione viene oggi smentita sul Corriere dallo stesso Fabiani, il quale sottolinea di essere un "consigliere indipendente" e di non partecipare alla logica dei partiti. A parte, però, le parole di facciata, è bene analizzare meglio la situazione: il CdA Rai, nonostante sia in carica un governo di centrosinistra, era formato da quattro consiglieri facenti riferimento al centrodestra e tre facenti riferimento al centrosinistra. La querelle nata su Petroni, andata avanti tra Tar e Consiglio di Stato, era solo un monito alla successiva mossa, ora consolidatasi con la nuova nomina, di rimuovere il consigliere in modo tale da riequilibrare l'assetto politico del CdA. Pertanto servono a poco le parole ora spese da Fabiani per giustificare la sua presenza in CdA: si è trattato di una mera mossa politica, con l'intento di aiutare il Pd in un momento non felice e facile della sua costituzione.
Perciò, ora, si ripropone la solita fatidica domanda: perché si ritiene ancora di dover lottizzare la Rai, così come succedeva nella Prima Repubblica? L'interrogativo è ovviamente rivolto a tutti quanti, nel corso della Seconda Repubblica, si sono dati da fare per perpetuare questa logora e vetusta pratica che non rende giustizia al ruolo centrale spettante al servizio radiotelevisivo pubblico. Certo, perchè, accanto alla nomina di Fabiani, c'è già un ribollire di nomine per quanto riguarda Rai1, Rai2 e Rai3 e i rispettivi telegiornali.
Allora è bene intendersi su un punto: cosa intendiamo per servizio pubblico? Io immagino (e pretendo) che il servizio pubblico sia un mezzo attraverso il quale la popolazione tutta possa crescere in tutti i sensi: possa informarsi sull'attualità, sulle bellezze del mondo, sulla storia e su tant'altro. Invece, oggi, i programmi da vero servizio pubblico si contano sulle dita di una mano (e tra questi mi viene in mente La storia siamo noi di Giovanni Minoli), mentre impazzano reality e tv spazzatura a tutto andare: il servizio pubblico può e deve ospitare tutto, ma ponendo un'attenzione particolare alla crescita umana e culturale del cittadino, il quale, tra l'altro, ogni anno paga un canone sempre più salato per vedere le stesse cose, se non peggiori talvolta, che può vedere gratuitamente sulle reti private.
Quindi sarà bene lasciare da parte i giochini politici e impegnare persone qualificate e competenti all'interno della Rai, persone capaci di organizzare palinsesti che forse in prima battuta faranno perdere qualcosa dal punto di vista economico all'azienda ma che sul lungo periodo possano fare riguadagnare nuovamente lustro e quattrini al servizio pubblico per riconferirgli una funzione simile a quella degli albori.

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