giovedì 20 novembre 2008

MARCELLO VENEZIANI E IL '68


Rovesciare il '68.
Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa

Marcello Veneziani


Mondadori

€ 17,00

Il 68 è al potere e vigila su di noi. L'onda lunga e corrosiva del 68, l'ultima febbre che attraversò le giovani generazioni in Occidente, pervade ancora la nostra epoca.
I rivoluzionari di allora e i loro continuatori sono divenuti la nuova classe dominante nel mondo della cultura e della politica, dei media e dell'istruzione, del sindacato e della magistratura, e primeggiano nel regno del divertimento e della pubblicità. Fallito come rivoluzione politica, il 68 si è mutato in ideologia radical, conformismo di massa e canone di vita. Ha distrutto i valori della tradizione, dell'educazione, della religione, mandando in frantumi scuola e famiglia e lasciandoci in eredità un'ideologia libertina e permissiva sul piano dei valori e dei doveri, dei costumi e dei linguaggi, ma intollerante e repressiva verso chi non si riconosce in quel movimento libertario, nei suoi codici e modelli.
Dopo quarant'anni è ormai tempo di bilanci, revisioni critiche e necessarie inversioni di rotta. Marcello Veneziani ripercorre la multiforme eredità della parabola contestataria e critica le ideologie discendenti con un caleidoscopico e caustico bazar di appunti e frammenti, di foto di gruppo e di istantanee di pensiero. Un viaggio attraverso quattro stagioni: l'autunno del 68, "virus di un'epoca riassunto nella superstizione di una cifra"; l'inverno del nostro scontento, tra le ingombranti rovine lasciate dal ciclone sessantottino, soprattutto nell'ambito dell'educazione e della scuola; la primavera della famiglia distrutta dall'ideologia contestataria; infine l'estate della tradizione, intesa come vera trasgressione futura, capace di ricomporre i frammenti di una narrazione interrotta, di un tessuto civile lacerato, di simboli culturali mozzati.
Un testo negazionista del 68, irriverente verso i nuovi divieti e i nuovi obblighi di leva, che non ha paura di essere troppo rivoluzionario né troppo conservatore.

Insomma, Veneziani getta uno sguardo quarant'anni dopo su quel fenomeno che è diventato il '68, traendone un bilancio, dal momento che quel periodo ha partorito figli e anche nipoti. È salito al potere e diventato conformismo di massa, anzi, sostiene Marcello Veneziani, canone di vita.
Ha creato luoghi comuni e nuovi pregiudizi, codici ideologici, il cui rispetto implacabile è il presupposto unico per poter vivere il proprio tempo: emblema di questa tendenza è il politically correct.
Nel 2008 - ricorda curiosamente l'autore - i sessantottini sono diventati sessantottenni ed è ora di fare i conti con la loro opera e la loro eredità.
Per compiere questo viaggio in un'epoca così particolare e così importante per le ripercussioni sul presente, Veneziani si affida ad un veloce insieme di schizzi e frammenti, di flash e immagini, di foto di gruppo e istantanee di pensiero. Uno zapping animato da un triplice progetto: descrivere in breve il '68; ricordare cosa resta e quali sono le sue rovine oggi spesso ingombranti; capovolgere il '68 attraverso l'uso creativo e trasgressivo della tradizione, quella tradizione che per tanto tempo è stata denigrata e che andava superata.

Solo per darvi un'anteprima, abbiamo scelto alcuni passi, che ci sono parsi interessanti e significativi per ciò che racchiudono: giusto per un assaggio prima della lettura, caldamente consigliata!

La rivoluzione sognata dal 68 non ha rovesciato gli assetti di potere, i rapporti di classe, ma i valori e i costumi.

Il 68 infiammò un'epoca e poi lasciò una nuvola di fumo. Fumo ideologico per una generazione rapita da fumose utopie. Fumo di molotov, micce e P38 per una generazione che scelse la violenza e il partito armato. Fumo di canne e allucinogeni per una generazione che fuggì dalla realtà attraverso la droga. Le tre gioventù fumanti che uscirono dal 68 inseguivano un miraggio comune: il paradiso artificiale a portata di mano.

(...) gli effetti sociali e culturali furono vasti e devastanti: la scuola e l'università, la chiesa e le istituzioni, la famiglia e la borghesia uscirono peggio di come vi erano entrate. Non solo più affaticate e demotivate, ma anche umanamente, culturalmente, eticamente sfiancate, inacidite, peggiorate.

L'egocentrismo generazionale e soggettivo fu l'effetto più profondo del 68.

Il professor Platone, nell'VIII libro della Repubblica dimostra che il 68 non fu nemmeno una novità, ma un vetusto rigurgito anarchico che periodicamente risale dalle viscere della storia.

La società estetica, fondata sul principio del piacere, fu il sogno che percorse il 68, somministrato da Marcuse.

La liberazione sessuale ha coinciso con l'uso commerciale e consumistico e della donna.

Il professore che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza è ridotto al rango di colf o animatore. E' sceso nella scala sociale, e costituisce un antimodello, ciò che i ragazzi non vogliono diventare... Altrimenti finisci come lui, a insegnare...

La trasgressione è intesa come la normalità.

La maggior parte degli antifascisti che fecero la Resistenza non volevano la libertà ma un'altra dittatura, comunista o giacobina. Sognavano un totalitarismo più compiuto rispetto a quello fascista, che abolisse proprietà, disuguaglianze, mercato e religione.

(...) Interiorizzazione del pubblico, esternazione dell'intimo. Ciò che è privato si confessa in pubblico, esige pubblico. Con la scusa dei diritti civili, la città entra in casa. Qui ha vinto davvero il 68: il personale è politico.

Lo sfascio famigliare ha prodotto una nuova figura tragica, grottesca e vagabonda: lo sfamiglio, che non è semplicemente un single, ma il profugo e il superstite dall'esplosione che ha colpito al cuore la cellula basilare della società, la famiglia.

La famiglia è il primo stadio di quel passaggio dalla natura alla civiltà; non cancella quel che è in natura, ma gli dà un senso, una norma, un riconoscimento, un'eredità e una prospettiva. (...)

(...) La tradizione trasmette non rimpiange. Esprime continuità, non cordoglio.

Le caste in Italia sono tre e non una soltanto: a quella politica, si aggiunge quella tecno-economica e quella intellettuale, allevata dall'italomarxismo e consacrata dal 68. Un sistema di caste a circuito chiuso, a cui si accede per cooptazione, affiliazione e accettazione del canone.

Né single né sposati, in medio stat virtus. In anulare stat virus.

I veri tradizionalisti amano gli alberi, a cominciare dall'albero genealogico.

Troppe morti per velocità, abusi, sesso, droga, alcol. La vita piace da morire.

La tv ha due facce: fa compagnia a chi è solo, isola chi è in compagnia.

(...) Nobile, contrazione aristocratica di non abile.

Gli ambientalisti crescono con l'inquinamento. Una città sana ha i polmoni verdi intorno e la materia grigia in testa. Qui si è invertito l'ordine cromatico.

La scuola si fonda sulla tradizione. Non c'è scuola se non c'è nulla da trasmettere, da tramandare. La scuola è connessione a una rete verticale di saperi ed esperienze tra generazioni. La sua chiave d'accesso è tra.

L'ipocrisia non è il contrario della verità, ma il suo galateo. L'ipocrisia non è come la menzogna: è il velo dorato sul vivere civile, funge da imene della verità, perchè la tutela, impedisce di violarla o abolirla. La verità attiene all'essenza della vita, l'ipocrisia riguarda le relazioni civili. La cultura discesa dal 68 pensò al contrario: dichiarò guerra all'ipocrisia ma dichiarò morta la verità. Squarciare il velo per non trovare nulla.

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