giovedì 1 marzo 2012

CIAO LUCIO, CI MANCHERAI!



Tutte le volte ci casco. Puntualmente. Ineluttabilmente. Senza tema di smentita. Pure oggi ci sono cascato e m'è parso strano, assurdo.
È morto Lucio Dalla. Ma come? Non è possibile, stava apparentemente bene, l'avevo visto una settimana fa in tv, durante il Festival di Sanremo, arrivare baldanzoso, ma non troppo - con quel fare tutto suo, difficile da descrivere - al podio da direttore d'orchestra dopo aver attraversato la platea del teatro Ariston per dirigere l'orchestra durante l'esecuzione di Nanì, scritta dal giovane Pierdavide Carone insieme a Dalla. La sua solita vitalità, la sua carica, la sua espressione: era fortissimo! In un attimo, invece, ci ha abbandonato, stroncato da un infarto in Svizzera, a Montreux, cittadina svizzera - è quello cui ho pensato quando ho letto la notizia - cantata nel brano Smoke on the water dei Deep Purple, in cui si parla dell'incendio al Casinò di Montreux che distrusse l'intera strumentazione di Frank Zappa e dei The Mothers of Invention.






Perché tutte le volte ci casco? Perché tutte le volte mi meraviglio? Mi sorprendo di quanta fatalità ci sia in ogni nostra giornata, in ogni nostro gesto, in ogni singolo secondo della nostra esistenza. Un attimo prima ci sei, un attimo dopo non ci sei più: a pensarci vengono i brividi, ma, in fondo, che possiamo fare? Opporci al fato? Sì, certo, possiamo provarci, ma non ne caveremmo molto; oltre una certa misura, non otterremmo nulla e dovremmo, invece, arrenderci a lui. Mi associo al pensiero di Roberto Vecchioni, che si è detto "costernato" alla notizia della scomparsa del cantautore bolognese: "Mi vien da pensare quanto sia insana la fatalità. Fosse stato malato uno si prepara, invece così... Bisogna aggrapparsi alla vita". Dobbiamo aggrapparci alla vita, giusto, dobbiamo godere ogni istante e maneggiarlo con cura.
Lucio ci ha lasciato dopo aver fatto colazione, s'è addormentato per sempre (mancavano tre giorni al suo sessantanovesimo compleanno, come ci ricordava con la sua 4/3/1943) e ha portato con sé il suo genio, la sua capacità di essere istrione, la sua meravigliosa carica sul palcoscenico, la sua capacità di commuovere quando cantava, la sua simpatia. Ho cominciato ad ascoltarlo tardi, ma m'è subito piaciuto e, nel maggio di due anni, non ho voluto perdere l'occasione di ascoltarlo dal vivo con De Gregori (dal cui ufficio stampa riferiscono: "Questo è un momento tristissimo e non mi sento di parlare con nessuno"): che potenza quell'uomo piccolo ma energico, che showman con i suoi look eccentrici, che grande artista con le sue singolarissime e fantastiche interpretazioni, che stupendo cantautore capace di farmi commuovere con Anna e Marco cantata in coppia con De Gregori.





Inutile dire che con Dalla se ne va un bel pezzo della musica d'autore italiana. Inutile ricordare tutti i successi, ciascuno ha i suoi preferiti, ma tutti li ricordano e tutti li canticchiano. Inutile dispiacersi ulteriormente per la triste e rapida dipartita di Lucio Dalla: a perenne memoria resteranno i suoi pezzi, le sue musiche ricercate, i suoi testi che paiono poesie. La mia preferita è Futura.



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