lunedì 29 dicembre 2008

GITA A MEGEVE


Durante il mio soggiorno natalizio in montagna, a Courmayeur, ho fatto visita alla città francese di Megève, ridente località dell'Alta Savoia, circondata dalle montagne e meta di numerosi turisti, soprattutto d'inverno.
Qui vi propongo un breve video fotografico del centro di Megève.



mercoledì 24 dicembre 2008

AUGURI DI BUONE FESTE


Cari amici,
anche quest'anno è giunto il Natale, una delle feste - credo - più sentite e, a distanza di pochi giorni, giungerà anche il nuovo anno, il 2009. Ogni anno fa strano pronunciare un numero nuovo, sembra impossibile siano già passati dodici mesi: e invece il tempo scorre veloce, per fortuna o purtroppo, a seconda dei punti di vista.
Per quanto mi riguarda, posso dire che il bilancio del 2008 è nel complesso positivo: felicità e successo hanno regnato nel corso dei dodici mesi passati (soprattutto negli ultimi), intervallati da brevi e fisiologici periodi più difficili e complicati, dai quali sono comunque uscito senza problemi. Sono contento del 2008, veramente: in primo luogo per gli studi, che stanno andando a gonfie vele (ormai sono al V anno e ne manca solo uno alla laurea, se tutto procede bene); poi per la mia vita privata, la quale solo per breve tempo ha attraversato un momento intricato; inoltre sono felice per l'evolvere dell'attività con La Barbatella, che quest'anno mi e ci ha dato tante soddisfazioni (sale piene per il Requiem di Mozart, il concerto di fisarmoniche, la presentazione del libro del dottor Veneziani), che speriamo siano replicate l'anno prossimo. A questo proposito, ogni volta che penso alla Barbatella, mi commuovo: sembrava impossibile potessimo realizzare ciò che abbiamo organizzato, data la carenza di esperienza e di mezzi, e invece, grazie a tanta buona volontà e abnegazione, ciascuno con il suo contributo, siamo riusciti a costruire un riferimento per la cultura nell'Oltrepò.
Che bello!!! Grazie Lori per avermi coinvolto nel tuo progetto e grazie a tutti i ragazzi che, nonostante fossi forestiero, mi hanno accettato e con i quali mi sono integrato benissimo: grazie a Fra, Eli, al Boso, (il metronomo dell'associazione) a Gabri, Ilaria, Gigi, Elena, Emilio, Aldo, i due Carlo (simpaticissimi, fate sempre ammazzare dal ridere), Erica e il Maffo (le sue battute caustiche sono sempre ben accette, oltrechè protagoniste di risate lunghissime).

Pertanto, amici del blog, auguro a voi tutti e alle vostre famiglie di trascorrere delle felici festività natalizie, all'insegna della serenità e del buonumore, abbuffandovi di cibo (questo non può mancare!) e un gioioso anno nuovo, pieno di allegria e di successi.

In questo periodo di feste, il blog si prenderà una piccola pausa, a meno di particolari ispirazioni che non riusciranno a tenermi lontano da questa mia creatura.

sabato 20 dicembre 2008

LE SOLITE, INCONCLUDENTI PAROLE

Qui di seguito vi propongo il testo della lettera inviata al Nostro Giornale riguardo la proposta di legge per abbassare a 0,2 g/L il tasso alcolemico (la stessa, essendo giunta tardi in redazione, molto probabilmente non verrà pubblicata).

Gentile Direttore,

dopo gli ultimi fatti di cronaca, si sente riparlare di nuove proposte di legge a proposito di coloro i quali guidano sotto l’effetto di alcol o stupefacenti. E quasi mi viene da sorridere perché constato che, in Italia, il vizio inguaribile di preoccuparsi di qualcosa solo se muore qualcuno (si veda il problema delle condizioni di sicurezza delle scuole) è destinato a perdurare.
E allora, rivolgendomi a Lei e all’onorevole Lovelli, vorrei spendere due parole sulle dichiarazioni del presidente della Commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci: “Vogliamo abbassare la soglia dallo 0,5 attuale allo 0,2 perché deve essere chiaro che chi guida non deve bere”.
Di fronte a tale affermazione, ho fatto alcuni pensieri che Vi esternerò.

In primo luogo, come ho già ricordato, in Italia ci si ricorda che esiste un problema nel momento in cui lo stesso causa un evento tragico, altrimenti l’informazione e la politica tendono a non occuparsene.
In secondo luogo, mi chiedo in base a quale criterio si vuole abbassare il limite del tasso alcolemico da 0,5 g/L a 0,2 g/L: la differenza è minima e non credo potrà portare ad una drastica diminuzione degli incidenti automobilistici. Si tratta piuttosto di una mossa di facciata, di un compromesso, come è stato quando si è passati dal limite di 0,8 g/L a 0,5 g/L; mi chiedo allora: perché non scendere a zero, impedendo a chiunque abbia assunto una sola goccia di una qualsiasi bevanda alcolica di mettersi alla guida?
Ritengo, pertanto, che ancora una volta si sia voluto eludere coscientemente il problema, non affrontandolo nella sostanza. E qual è la sostanza? In Italia il problema non è il limite del tasso alcolemico, dal momento che Paesi Bassi, Francia, Germania e Spagna condividono con noi il limite di 0,5 g/L (solo la Gran Bretagna è più permissiva, con il suo 0,8). La vera questione da affrontare - che ci si guarda bene dall’affrontare - è quella riguardante i controlli: come si può facilmente verificare su varie statistiche, l’Italia è il Paese europeo con il più basso numero di controlli delle forze dell’ordine sugli automobilisti, anzi potremmo dire che, rispetto ad altri Stati, da noi i controlli sono inesistenti, tanta è la differenza. Abbiamo regole minuziose e severe: ciò che serve è che siano applicate, altrimenti sono carta straccia . “L’automobilista italiano ha una probabilità ogni 74 anni di essere fermato e costretto a soffiare nell’etilometro": io, patentato da più di quattro anni, non ho mai avuto il piacere di essere fermato e controllato!

Così, a cuore aperto, voglio rivolgermi all’onorevole Lovelli (in qualità di componente della Commissione Trasporti della Camera) e alle più alte autorità provinciali. Voi tutti, credo, avete dei figli, i quali il sabato sera percorrono con le auto le strade della provincia. Perché non utilizzate la vostra profonda preoccupazione di genitori per la loro sicurezza per mettere in campo un aumento dei controlli sulle strade o quantomeno sollecitarlo? Badate bene: aumentare i controlli non significa che per due settimane, dinanzi ai locali più frequentati, si possono trovare anche cinque, sei auto della polizia e a distanza di un mese invece il deserto. I controlli devono essere costanti e capillari, ogni settimana la polizia deve controllare a tappeto il territorio, incutendo quella paura in chi ha abusato dell’alcol - e vuole mettersi alla guida - che può spingerlo a desistere. Questo Vi chiedo, per sentirmi tutelato e per tutelare noi tutti (spesso a essere coinvolti in incidenti e ad avere la peggio sono automobilisti totalmente incolpevoli).

“Siamo i gran maestri della teoria: la pratica è giudicata attività volgare”, afferma Beppe Severgnini (Corriere della Sera, 16/12/2008): cerchiamo di ribaltare questo luogo comune che ben descrive la situazione italiana. Facciamolo per un nobile fine: salvare tante giovani vite!

Cordialità

martedì 16 dicembre 2008

JUVENTUS-MILAN: CHE PARTITA, AMICI!

Una vera delizia! Questa è stata la partita della Juventus, una prova assolutamente superba, con pochissime sbavature. La fatica della Champions si è fatta sentire relativamente, solo a metà del secondo tempo. Per il resto la Juve è riuscita a tenere testa ad un Milan, che in difesa mostra le sue pecche maggiori: marchiano l’errore di Ambrosini su Chiellini, che ha portato la Juve sul 2-1; decisiva l’espulsione di Zambrotta per fallo da dietro su De Ceglie.
E poi si deve parlare di alcune individualità: su tutte spicca Amauri, una vera potenza in attacco, un’infinità di palloni toccati, due perle depositate in rete: meritatissima la standing ovation all’uscita dal campo. A centrocampo Marchisio e De Ceglie: uno meglio dell’altro, il futuro della Juve ha mostrato sostanza e qualità; sempre lucidi, sempre propositivi, sempre pericolosi; De Ceglie confeziona un pallone col contagiri per il primo gol di Amauri, Marchisio lavora e organizza il centrocampo, sfiorando il gol. Quindi in difesa: Giorgio Chiellini, una vera autorità, ormai non si discute più, una diga che assicura sicurezza e organizzazione, attualmente il migliore difensore del campionato italiano a giudizio di Ancelotti. E Molinaro, un altro giovane, perfetto in tutte le chiusure, anche lui sta crescendo e maturando.
Individualità a parte, la Juventus ha confermato la dote della compattezza, riscoperta dopo il periodo nero di metà girone d’andata, la capacità di fare gruppo sia nel momento buono sia nel momento della difficoltà. Sembra essere, per ora, l'unica squadra capace di inseguire l'Inter e insidiarne il primato.

COMPLIMENTI RAGAZZI,
CONTINUATE COSI'!!!






martedì 9 dicembre 2008

CESARE CREMONINI ALL'ALCATRAZ DI MILANO


Martedì 2 dicembre 2008, ore 21,30, Alcatraz, Milano: Cesare Cremonini ha cominciato il suo "Primo Tour sulla Luna", dopo la data zero di Osimo (AN), al Palabaldinelli.

Fin dalle 18,30, lo spazio antistante l'Alcatraz è stato preda di noi spettatori, impazienti di entrare, soprattutto per il freddo e quella brutta sensazione di essere pressato come in una scatola di sardine. Solo alle 20 ci è stato possibile entrare e non vi dico quanti spintoni per guadagnarsi una posizione che ti avrebbe permesso di essere il più vicino possibile vicino a Cesare.
Comunque, dopo tanta fatica, raggiungo il palco: quarta fila, non male - penso - ora magari riesco a mangiare tranquillo e far riposare la mia schiena che chiede ristoro. E invece no, eravamo sempre abbastanza compressi, con qualcuno che cercava, da furbo, di guadagnare posizioni. E allora, mi sono mangiato un panino in piedi, con l'occhio vigile, facendo un po' di ginnastica sul posto perchè i piedi cominciavano ad addormentarsi e intanto riposavo la schiena.
I minuti passano lenti, guardo continuamente l'orologio, impaziente per l'inizio del concerto; intanto mi incanto ad osservare il palco, gli strumenti, le chitarre in particolare, con i tecnici che corrono da una parte e dall'altra a sistemare gli ultimi particolari.

Alle 21 precise, le luci si abbassano e sul palco arriva Amy MacDonald, accompagnata dal bassista e dal batterista (il quale suona seduto su un cubo, che rappresenta il suo strumento). Vent'anni, inglese di Glasgow, con un album "This is the Life" uscito alla fine di luglio, Amy si sta distinguendo per il suo stile musicalmente legato alla migliore tradizione del pop/folk inglese. Ci ha allietato con la sua voce e la sua musica allegra per mezz'ora e devo dire che mi ha piacevolmente sorpreso.



Ore 21,30: ora tocca a lui, il palco lo sta attendendo sulle note di "Cercando Camilla", il pubblico dell'Alcatraz è in delirio quando la sua band prende posizione sul palco, Ballo compreso. Non appena parte l'intro di Louise, eccolo, irrompe sul palco: Cesare Cremonini inizia il concerto milanese, con una corsa verso di noi, per raggiungerci in fretta e raccogliere la nostra emozione. Segue Dicono di me, PadreMadre, Mille Galassie, Zapping, La fiera dei sogni, Le tue parole fanno male, Latin Lover, Figlio di un re, 50 Special, Niente di più, Vorrei, Momento silenzioso, Sardegna, Qualcosa di grande, Vieni a vedere perchè, Marmellata #25, Ancora un po', Dev'essere così, Le sei e ventisei, Il Pagliaccio, Il primo bacio sulla Luna, Gli uomini e le donne sono uguali, Un giorno migliore. Con la parentesi di Ballo cantante, che ha interpretato un pezzo di Johnny Cash.
Quanti brividi! Tutte le canzoni cantate a squarciagola, nonostante il mal di gola: alla fine del concerto, non vi dico che bruciore e soprattutto non vi dico quanta poca voce avevo!
Però, lo ammetto, a parte l'euforia per essere lì al cospetto di Cesare, quasi ogni canzone mi ha dato emozioni diverse:


SARDEGNA: una delle mie preferite, una delle preferite di Cesare, una di quelle canzoni che non puoi dimenticare perchè è indimenticabile;


NIENTE DI PIU': incredibilmente toccante, con Cesare al pianoforte, accompagnato da noi;


VORREI: la prima canzone di Cesare, scritta per una donna che lo ha fatto soffrire per tre anni, uno di quei pezzi che porti sempre nel cuore e canti nei periodi più grigi, che tocca le tue corde più profonde quando Cesare la lascia cantare al pubblico, emozionandosi lui stesso;



GLI UOMINI E LE DONNE SONO UGUALI: proprio non mi piace, sebbene l'interpretazione col solo pianoforte è più orecchiabile;

LATIN LOVER: cantata sempre da latin lover, assolutamente stupenda;

MILLE GALASSIE: emozionante l'intro, con Cesare alla chitarra, senza parlare della canzone che è una delle più ricercate;



VIENI A VEDERE PERCHE': ovviamente Cesare è davanti al suo piano, per trasmetterti l'intensità delle emozioni che fuoriescono da quel magico strumento;


PADRE MADRE: una delle mie preferite, per il tema affrontato, perchè ogni tanto ti trovi in quelle situazioni e i tuoi genitori sono la cosa più importante che hai; non mi stancherò mai di fare i complimenti a Cesare per averla scritta;

LE TUE PAROLE FANNO MALE: urlata quasi a squarciagola, speciale;


DEV'ESSERE COSI': come definirla? Superba, con Cesare che arpeggiava dinanzi a me le note di questa poesia;

LA FIERA DEI SOGNI: splendida, per raccontare un pezzo di Romagna, un pezzo di vita; e poi il finale? In francese: "ce soir, ce soir";

MARMELLATA #25: memorabile, il racconto di un amore finito, con gli strascichi che ne conseguono; e poi Baggio e Senna? Due miti... Con il pubblico che ha accompagnato Cesare fino alla fine: "quella che mi nascondevi tu..."
;

LOUISE: non m'ha entusiasmato molto, forse anche perchè non ho avuto molto tempo per ascoltare il cd;


DICONO DI ME: interpretata proprio da scatenato, è proprio una bella canzone


IL PAGLIACCIO: suonata e cantata al pianoforte, una perla;


FIGLIO DI UN RE: un'altra canzone riuscita dell'ultima album, stupenda interpretazione, una carica pazzesca


LE SEI E VENTISEI: addio, qui sono crollato, l'emozione a mille, l'ho cantata tutta, è magica, stupenda, continuo ad ascoltarla perchè mi rapisce, mi sconvolge;


UN GIORNO MIGLIORE: è l'augurio che ci ha rivolto Cesare, la degna chiusura di un concerto perfetto.


Inutile dire che Cesare e la sua band sono stati subissati dagli applausi, con Cesare che era letteralmente senza voce, non riusciva più a parlare: si è speso tutto per noi, era distrutto. E così Ballo lo ha aiutato a chiudere...


sabato 29 novembre 2008

GRAN SUCCESSO DI VENEZIANI A CASTEGGIO

Grande successo domenica scorsa per la presentazione del libro "Rovesciare il '68" di Marcello Veneziani, la sala della Certosa Cantù tutta piena per poter ascoltare l'autore spiegare il suo punto di vista sul 68. A dialogare con lui è stato il dottor Fabrizio Guerrini, giornalista della Provincia pavese, che ha avuto il merito di toccare tutti i temi più importanti trattati nel libro: si partiva da una citazione per poi allargare il discorso ad ambiti affini.

Innanzitutto Marcello Veneziani tiene a precisare che il suo è un libro "omeopatico": ha voluto scrivere cioè "un libro che curasse il '68 scendendo sul terreno del '68", evitando la formula del saggio, con lunghe frasi contenenti tesi poco
chiare, e preferendo la forma del flash, di frasi brevi ed efficaci, che potessero arrivare subito al dunque. Nel corso dell'incontro, l'autore sottolinea e spiega le tesi forti della sua opera, che trapelano nettamente dai flash che la compongono. Egli ritiene che il 68 sia stato uno "spartiacque culturale e civile, italiano e forse non solo italiano", così come hanno sostenuto papa Ratzinger e Monsieur Sarkozy, i quali hanno espresso la volontà di mettersi alle spalle questo periodo. Perchè intorno al 68 si è creata una "retorica di celebrazione", sebbene esso sia stato "un anno povero di eventi", "un anno piccolo" che non ha "innescato una rivoluzione politica o economica" in quanto nessun Paese ha mutato il suo assetto di governo, né è stato rovesciato il sistema capitalistico criticato dai sessantottini. E allora perché ne parliamo?, si chiede lo stesso Veneziani; ne parliamo perché è stata una "grande rivoluzione civile, una grande rivoluzione di costume": infatti, "quando parliamo del '68 (...) intendiamo sintetizzare un cambiamento d'epoca, un clima che muta radicalmente". Ne parliamo anche perchè, in fondo, il 68, nei Paesi occidentali, "fu una rivolta parricida: il simbolo da abbattere era il padre", intendendo definire con la parola "padre" il padre reale, il Padreterno, la tradizione, il docente ovvero tutto ciò che incarnava la responsabilità e l'autorità; "una rivolta contro il padre, che aveva da una parte uno spirito anarco-libertario e dall'altra una tensione massimalista, estremista". Lo spirito anarco-libertario caratterizzò il 68 fin dall'inizio, con le contestazioni americane contro la guerra in Vietnam, per un'università libera, contro il puritanesimo, mentre la tensione massimalista influì, invece, sulla violenza che sfociò negli anni di piombo. Ciò che sottolinea inoltre Veneziani è il fatto che "i sessantottini hanno rotto i ponti non solo col passato ma anche con l'avvenire"; si tratta, infatti, della prima generazione a crescita zero: la generazione, nata dal boom demografico, che "produce lo sboom demografico, cioè la denatalità dei nostri anni". Questo perchè "i sessantottini sono egocentrici, vivono nella dimensione dell'adolescenza permanente (...), non vogliono sentirsi responsabili del futuro" e quindi "mettere al mondo figli è un ingombro, una perdita del loro io, del loro egocentrismo, del loro egoismo". L'attenzione si sposta poi sul '68 dell'Est, totalmente diverso dal nostro: come si legge in un passo del libro, mentre loro "affrontavano i carri", "noi affrontavamo la carriera" piazzando in posti sempre più prestigiosi persone che avevano sfasciato la famiglia, l'università, ecc. e che, proprio per aver fatto il 68, ereditavano il diritto a vedersi assegnato un posto nella società. Per esempio, nella scuola: il giudizio di Veneziani al proposito è severo, in quanto "la scuola, con i docenti, non ha governato il cambiamento", "dopo il 68 è stata privata dei suoi criteri elementari: il senso di responsabilità, l'intreccio tra diritti e doveri, la meritocrazia, la valorizzazione delle qualità", togliendo così ai meno abbienti la possibilità di guadagnarsi un posto nella piramide sociale. Veneziani afferma con forza: "quando tu togli la meritocrazia, togli l'unico criterio alternativo alla ricchezza, quello fondato sulle capacità personali", permettendo così solo a "chi ha un contesto favorevole" di avanzare e raggiungere degli obiettivi. L'ultimo punto trattato dall'autore è il "conformismo della trasgressione che diventa un obbligo rituale" tanto che oggi è "più trasgressivo dirsi sensibile alla tradizione". A tal proposito Veneziani ricorda come il linguaggio è cambiato dopo il '68. I sessantottini criticano il linguaggio borghese, ipocrita, il "manierismo delle buone maniere": si arriva così da una parte alla trivialità, al linguaggio volgare e sboccato, alla parolaccia e alla bestemmia, dall'altra il linguaggio adeguato al politically correct, "che impone di non dire mai le cose come sono" per cui il cieco è il non vedente, il bocciato è il non promosso, ecc.

Insomma, il giudizio di Veneziani sul '68 è assolutamente caustico, teso però a cercare di superare al più presto la moda di parlarne, anche a quarant'anni di distanza, perchè in fondo non vi sono motivi per ricordare il 68 come un anno diverso dagli altri.

Ecco due video con i frammenti più significativi della presentazione del dottor Veneziani.
Ricordiamo che, per meglio ascoltare il video, è necessario fermare la riproduzione della musica di sottofondo; per farlo, basta scorrere la pagina fino in fondo, dove è collocata la banda di riproduzione, su cui cliccare il pulsante di pausa. In alternativa, cliccate sui seguenti link: 1° FRAMMENTO ; 2° FRAMMENTO.


1° FRAMMENTO



2° FRAMMENTO



sabato 22 novembre 2008

E' MANCATO SANDRO CURZI

All'età di 78 anni, è mancato Sandro Curzi, voce inconfondibile del giornalismo italiano.
Ha militato prima nel Pci, poi ha seguito Fausto Bertinotti con la nascita di Rifondazione comunista.
Inoltre è stato storico direttore del Tg3 alla fine degli anni '80 (quando nacque l'epopea di TeleKabul), quindi direttore del quotidiano di Rifondazione Comunista "Liberazione".
Attualmente era consigliere d'amministrazione della Rai.

giovedì 20 novembre 2008

MARCELLO VENEZIANI E IL '68


Rovesciare il '68.
Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa

Marcello Veneziani


Mondadori

€ 17,00

Il 68 è al potere e vigila su di noi. L'onda lunga e corrosiva del 68, l'ultima febbre che attraversò le giovani generazioni in Occidente, pervade ancora la nostra epoca.
I rivoluzionari di allora e i loro continuatori sono divenuti la nuova classe dominante nel mondo della cultura e della politica, dei media e dell'istruzione, del sindacato e della magistratura, e primeggiano nel regno del divertimento e della pubblicità. Fallito come rivoluzione politica, il 68 si è mutato in ideologia radical, conformismo di massa e canone di vita. Ha distrutto i valori della tradizione, dell'educazione, della religione, mandando in frantumi scuola e famiglia e lasciandoci in eredità un'ideologia libertina e permissiva sul piano dei valori e dei doveri, dei costumi e dei linguaggi, ma intollerante e repressiva verso chi non si riconosce in quel movimento libertario, nei suoi codici e modelli.
Dopo quarant'anni è ormai tempo di bilanci, revisioni critiche e necessarie inversioni di rotta. Marcello Veneziani ripercorre la multiforme eredità della parabola contestataria e critica le ideologie discendenti con un caleidoscopico e caustico bazar di appunti e frammenti, di foto di gruppo e di istantanee di pensiero. Un viaggio attraverso quattro stagioni: l'autunno del 68, "virus di un'epoca riassunto nella superstizione di una cifra"; l'inverno del nostro scontento, tra le ingombranti rovine lasciate dal ciclone sessantottino, soprattutto nell'ambito dell'educazione e della scuola; la primavera della famiglia distrutta dall'ideologia contestataria; infine l'estate della tradizione, intesa come vera trasgressione futura, capace di ricomporre i frammenti di una narrazione interrotta, di un tessuto civile lacerato, di simboli culturali mozzati.
Un testo negazionista del 68, irriverente verso i nuovi divieti e i nuovi obblighi di leva, che non ha paura di essere troppo rivoluzionario né troppo conservatore.

Insomma, Veneziani getta uno sguardo quarant'anni dopo su quel fenomeno che è diventato il '68, traendone un bilancio, dal momento che quel periodo ha partorito figli e anche nipoti. È salito al potere e diventato conformismo di massa, anzi, sostiene Marcello Veneziani, canone di vita.
Ha creato luoghi comuni e nuovi pregiudizi, codici ideologici, il cui rispetto implacabile è il presupposto unico per poter vivere il proprio tempo: emblema di questa tendenza è il politically correct.
Nel 2008 - ricorda curiosamente l'autore - i sessantottini sono diventati sessantottenni ed è ora di fare i conti con la loro opera e la loro eredità.
Per compiere questo viaggio in un'epoca così particolare e così importante per le ripercussioni sul presente, Veneziani si affida ad un veloce insieme di schizzi e frammenti, di flash e immagini, di foto di gruppo e istantanee di pensiero. Uno zapping animato da un triplice progetto: descrivere in breve il '68; ricordare cosa resta e quali sono le sue rovine oggi spesso ingombranti; capovolgere il '68 attraverso l'uso creativo e trasgressivo della tradizione, quella tradizione che per tanto tempo è stata denigrata e che andava superata.

Solo per darvi un'anteprima, abbiamo scelto alcuni passi, che ci sono parsi interessanti e significativi per ciò che racchiudono: giusto per un assaggio prima della lettura, caldamente consigliata!

La rivoluzione sognata dal 68 non ha rovesciato gli assetti di potere, i rapporti di classe, ma i valori e i costumi.

Il 68 infiammò un'epoca e poi lasciò una nuvola di fumo. Fumo ideologico per una generazione rapita da fumose utopie. Fumo di molotov, micce e P38 per una generazione che scelse la violenza e il partito armato. Fumo di canne e allucinogeni per una generazione che fuggì dalla realtà attraverso la droga. Le tre gioventù fumanti che uscirono dal 68 inseguivano un miraggio comune: il paradiso artificiale a portata di mano.

(...) gli effetti sociali e culturali furono vasti e devastanti: la scuola e l'università, la chiesa e le istituzioni, la famiglia e la borghesia uscirono peggio di come vi erano entrate. Non solo più affaticate e demotivate, ma anche umanamente, culturalmente, eticamente sfiancate, inacidite, peggiorate.

L'egocentrismo generazionale e soggettivo fu l'effetto più profondo del 68.

Il professor Platone, nell'VIII libro della Repubblica dimostra che il 68 non fu nemmeno una novità, ma un vetusto rigurgito anarchico che periodicamente risale dalle viscere della storia.

La società estetica, fondata sul principio del piacere, fu il sogno che percorse il 68, somministrato da Marcuse.

La liberazione sessuale ha coinciso con l'uso commerciale e consumistico e della donna.

Il professore che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza è ridotto al rango di colf o animatore. E' sceso nella scala sociale, e costituisce un antimodello, ciò che i ragazzi non vogliono diventare... Altrimenti finisci come lui, a insegnare...

La trasgressione è intesa come la normalità.

La maggior parte degli antifascisti che fecero la Resistenza non volevano la libertà ma un'altra dittatura, comunista o giacobina. Sognavano un totalitarismo più compiuto rispetto a quello fascista, che abolisse proprietà, disuguaglianze, mercato e religione.

(...) Interiorizzazione del pubblico, esternazione dell'intimo. Ciò che è privato si confessa in pubblico, esige pubblico. Con la scusa dei diritti civili, la città entra in casa. Qui ha vinto davvero il 68: il personale è politico.

Lo sfascio famigliare ha prodotto una nuova figura tragica, grottesca e vagabonda: lo sfamiglio, che non è semplicemente un single, ma il profugo e il superstite dall'esplosione che ha colpito al cuore la cellula basilare della società, la famiglia.

La famiglia è il primo stadio di quel passaggio dalla natura alla civiltà; non cancella quel che è in natura, ma gli dà un senso, una norma, un riconoscimento, un'eredità e una prospettiva. (...)

(...) La tradizione trasmette non rimpiange. Esprime continuità, non cordoglio.

Le caste in Italia sono tre e non una soltanto: a quella politica, si aggiunge quella tecno-economica e quella intellettuale, allevata dall'italomarxismo e consacrata dal 68. Un sistema di caste a circuito chiuso, a cui si accede per cooptazione, affiliazione e accettazione del canone.

Né single né sposati, in medio stat virtus. In anulare stat virus.

I veri tradizionalisti amano gli alberi, a cominciare dall'albero genealogico.

Troppe morti per velocità, abusi, sesso, droga, alcol. La vita piace da morire.

La tv ha due facce: fa compagnia a chi è solo, isola chi è in compagnia.

(...) Nobile, contrazione aristocratica di non abile.

Gli ambientalisti crescono con l'inquinamento. Una città sana ha i polmoni verdi intorno e la materia grigia in testa. Qui si è invertito l'ordine cromatico.

La scuola si fonda sulla tradizione. Non c'è scuola se non c'è nulla da trasmettere, da tramandare. La scuola è connessione a una rete verticale di saperi ed esperienze tra generazioni. La sua chiave d'accesso è tra.

L'ipocrisia non è il contrario della verità, ma il suo galateo. L'ipocrisia non è come la menzogna: è il velo dorato sul vivere civile, funge da imene della verità, perchè la tutela, impedisce di violarla o abolirla. La verità attiene all'essenza della vita, l'ipocrisia riguarda le relazioni civili. La cultura discesa dal 68 pensò al contrario: dichiarò guerra all'ipocrisia ma dichiarò morta la verità. Squarciare il velo per non trovare nulla.

domenica 16 novembre 2008

LA POLEMICA SULLA COMMISSIONE DI VIGILANZA RAI

E' veramente assurda la discussione sull'elezione del presidente della Vigilanza Rai, veramente senza senso. O meglio c'è un senso, ma è sbagliato.
Innanzitutto è un bene che si sia arrivati a questa elezione, sebbene Pd e Idv non la pensino così: l'elezione di Villari ha chiuso un vulnus che durava da alcuni mesi e la sua modalità dell'elezione è stata regolare: Villari è stato eletto col Pd e pertanto si è rispettata la normale prassi che assegna all'opposizione il presidente della Vigilanza.
Ma Veltroni & co. si sono chiesti perchè si sia giunti a questo punto? La vicenda è partita con l'elezione di un giudice della Consulta (che doveva succedere a Vaccarella): questa spettava per prassi parlamentare al centrodestra, che aveva indicato il nome di Gaetano Pecorella. Un nome certo importante, ma con qualche problema di opportunità politica, dal momento che è attualmente indagato. Allora il centrodestra ha proposto un nuovo nome, su cui si è trovata l'intesa: Giuseppe Frigo. Parallelamente si trascinava l'elezione del presidente della Commissione di Vigilanza Rai, che spetta al Pd: il nome proposto da Pd e Idv è stato quello di Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei Valori di Di Pietro. Oltre alle riserve sulla persona, lo stesso Orlando ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui affermava che il nostro Paese è in una situazione simile all'Argentina e si avvicina alla "deriva autoritaria".
A questo punto mi chiedo come una persona del genere possa essere definita equilibrata e come possa essere la persona giusta per presiedere un organo di garanzia come la Vigilanza Rai? Perciò auguri a Villari per la sua elezione, sperando che, avendo a cuore l'interesse del Paese, non ceda alle richieste di dimissioni di Veltroni, che certo ora ha un problema interno con l'Idv.

giovedì 6 novembre 2008

LA NOTTE DI PINTURICCHIO











Santiago Bernabeu, Madrid

REAL MADRID - JUVENTUS

0 - 2


17' pt, 22' pt ALESSANDRO DEL PIERO


Ieri sera, nel tana dei lupi madridisti, una leggenda ci ha incantato: Pinturicchio ha dipinto sulla tela bianconera due reti da incorniciare che hanno fatto gioire i tifosi juventini giunti nella capitale spagnola e incantato i tifosi avversari. Risultato: standing ovation per il Capitano all'uscita dal campo; e non è poco considerando che: 1) si giocava al Santiago Bernabeu; 2) il Real perdeva 2 a 0.
Perciò onore a Del Piero che al Bernabeu non aveva mai segnato: a quasi 34 anni (domenica festeggia il compleanno) si è tolto una delle più belle soddisfazioni della sua vita. E poi, sempre a proposito di statistiche, la Juve non vinceva a Madrid dal 1962 con Sivori: 46 anni dopo compie l'impresa e la compie con un altro uomo simbolo. Ieri sera, Alex, ha mostrato in maniera ancora più lampante (se ancora ve n'era bisogno) che lui è il Capitano, che ha saputo prendersi sulle spalle questa squadra che fino a un mese fa sembrava in crisi e ora ha collezionato cinque vittorie di fila, di cui due con il Real.
E giusto notare come ieri sera, per quanto il match sia stato sofferto, il Real non ha giocato al massimo e ha sprecato alcune palle gol, molto pericolose sotto la porta di Manninger (cui va dato atto di essersi comportato bene), graziando così la Juve, che da par suo ha tirato fuori i denti e ha affondato i colpi.

MITICO CAPITANO!





mercoledì 5 novembre 2008

BARACK OBAMA PRESIDENTE DEGLI USA


E così Barack Obama è il primo presidente di colore degli Stati Uniti d'America, una cosa impensabile fino ad un anno fa, resa possibile oggi dalla grande prova corale di democrazia che gli Statunitensi hanno mostrato al mondo. Da mesi i sondaggi davano Obama davanti a McCain al punto che in molti hanno creduto che il candidato democratico avrebbe potuto bruciarsi; ma così non è stato. La sua campagna elettorale è stata magistrale e impeccabile, dovunque si parlava del fenomeno Obama: Internet, giornali, libri dedicati a questo uomo che ci ha mostrato come, lottando con i denti, si può raggiungere l'obiettivo.
Torno però a sottolineare come gli Stati Uniti, ancora una volta e per chi ne voleva un'ulteriore conferma, hanno mostrato unità e amore per la democrazia recandosi in massa alle urne (l'affluenza è stata veramente alta) a votare un uomo che incarna, almeno a parole, il nuovo, la speranza nel domani, il segno di una nuova era.
E poi come si può non soffermarsi sul discorso che ha pronunciato dopo la vittoria? Lo ritengo un esempio che tanti politici nostrani dovrebbero leggere e considerare nel futuro, un discorso nel quale, oltre ai ringraziamenti di rito, Obama rende onore al suo avversario, si congratula con lui per gli sforzi compiuti per il Paese. Un discorso speciale fin dalle prime parole, nelle quali comunica a tutti che il "fenomeno Obama" non è più un fenomeno e basta, bensì è pura realtà, da toccare con mano.
Ecco alcune frasi prese dai rispettivi discorsi pronunciati in seguito all'acquisizione dei dati elettorali.

BARACK OBAMA

Se là fuori c'è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un luogo dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Fondatori sia vivo nella nostra epoca, che ancora mette in dubbio la forza della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta.
È la risposta data dalle file di elettori che si estendevano intorno alle scuole e alle chiese, file mai viste prima da questa nazione, è la risposta che hanno dato le persone che hanno aspettato tre, quattro ore, molti per la prima volta in vita loro, perché erano convinti che questa volta doveva essere diverso, che la loro voce poteva fare la differenza.


Noi non siamo mai stati semplicemente un insieme di individui o un insieme di Stati rossi [Repubblicani] e Stati blu [Democratici]: noi siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d'America.

È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore.

Poco fa ho ricevuto una telefonata estremamente gentile da parte del senatore McCain. Il senatore McCain si è battuto a lungo e con convinzione in questa campagna, e ha combattuto ancora più a lungo e con ancora più convinzione per il paese che ama. Ha sopportato sacrifici per l'America che la maggior parte di noi non riesce neppure lontanamente a immaginare. Tutti abbiamo beneficiato dei servizi resi da questo leader valoroso e altruista. Gli faccio le mie congratulazioni, faccio le mie congratulazioni alla governatrice Palin per tutto quello che hanno saputo fare, e spero veramente di poter lavorare insieme a loro nei mesi a venire per rinnovare le promesse di questa nazione.

l'incrollabile supporto di quella che è stata la mia migliore amica negli ultimi 16 anni, la roccia della nostra famiglia, l'amore della mia vita, la prossima first lady della nazione, Michelle Obama.

E anche se non è più con noi, so che mia nonna sta guardando, e con lei la mia famiglia, che mi ha reso quello che sono. Sento la loro mancanza stanotte, e so che il debito verso di loro è incommensurabile.

Ma soprattutto non dimenticherò mai a chi appartiene veramente questa vittoria. Appartiene a voi. Appartiene a voi.

JOHN MCCAIN

Poco fa ho avuto l'onore di chiamare il senatore Barack Obama e di congratularmi con lui per l'elezione a prossimo presidente del paese che entrambi amiamo. In un contesto lungo e difficile come questa campagna elettorale, il solo fatto che abbia vinto merita tutto il mio rispetto.

Siamo alla fine di un lungo viaggio, il popolo americano ha parlato chiaro ma adesso nessun americano deve essere dispiaciuto.

Questa è un'elezione storica, riconosco il significato speciale che ha per gli afroamericani, per l'orgoglio speciale che devono provare stanotte. Ho sempre ritenuto che l'America offra opportunità a chiunque abbia la capacità e la volontà di coglierle e anche il senatore Obama la vede così. Ma entrambi riconosciamo che anche se abbiamo percorso una lunga strada dalle vecchie ingiustizie che un tempo macchiarono la nostra reputazione, il loro ricordo ha ancora il potere di ferire. Invito tutti gli americani che mi hanno sostenuto a unirsi a me non solo nel congratularsi con Obama ma nell'offrire al prossimo presidente la nostra buona volontà e il più grande sforzo per unirci. Quali che siano le nostre differenze, siamo tutti americani.

domenica 26 ottobre 2008

DERBY DELLA MOLE ALLA VECCHIA SIGNORA

E anche il derby è andato: dopo l'ottima prova con il Real Madrid, lo Stadio Olimpico ci aiuta ancora ad uscire dal periodo difficile, regalandoci una vittoria importante non solo per la classifica in sé, ma anche per il significato speciale: il derby è sempre il derby, è un'emozione così particolare, è indescrivibile, è una partita a cui si tiene tantissimo.


Grazie ad Amauri, al 48' siamo passati in vantaggio: si libera di Di Loreto sulla trequarti e scatta verso la porta, facendo partire un sinistro da dentro l'area su cui Calderoni certo non è stato impeccabile. E' stata una partita brutta dal punto di vista dello spettacolo (ad eccezione dei primi dieci minuti, che promettevano bene), in cui le squadre spesso sbagliavano tocchi semplici ed erano incapaci di dare una logica al gioco. L'importante è stato portare a casa i tre punti, i quali ci permettono di respirare un po', dopo la fatica di Champions. E mercoledì si gioca di nuovo: Bologna-Juventus.

sabato 25 ottobre 2008

MANIFESTAZIONE FINE A SE STESSA

Soprattutto per curiosità, oggi pomeriggio ho seguito il comizio di Veltroni al Circo Massimo, riguardo al quale ho molte perplessità.
Innanzitutto, tanto per non smentirsi, il leader Pd spende quasi dieci minuti del suo discorso a rivangare ancora la Resistenza e l'antifascismo (con annesso ringraziamento all'ANPI, presente in piazza), confermando che la sinistra proprio non riesce a fare i conti col passato. E questo è certamente grave, come viene ricorda nell'editoriale odierno di Ernesto Galli Della Loggia, che estende le sue considerazioni all'Italia intera.

E’ un disturbo il Parlamento, perché vorrebbe e dovrebbe discutere le proposte di legge o i decreti del governo, prima di approvarli.
E’ un disturbo la magistratura, perché esercita un controllo di legalità che non può e non deve risparmiare chi governa la cosa pubblica in nome e per conto della collettività.
E’ un disturbo la Corte costituzionale, perché deve verificare la costituzionalità dei provvedimenti voluti dal governo e approvati dalla maggioranza in parlamento.
E’ un disturbo l’opposizione. Perché spezza l’incantesimo del plebiscitario consenso al governo. Perché dimostra che c’è un altro modo di pensare, che potrebbe domani diventare maggioritario. Perché vuole, come noi vogliamo, una grande innovazione istituzionale, il dimezzamento del numero dei parlamentari, una sola Camera con funzioni legislative, una legge elettorale che restituisca lo scettro ai cittadini. A cominciare dalla battaglia parlamentare che faremo nei prossimi giorni per mantenere il voto di preferenza alle prossime europee.
Qui sopra ho riportato un frammento del discorso di Walter Veltroni, il cui tenore per tutta l'ora rimane il medesimo. Ma il segretario del Pd forse vede un'altra realtà: nessuno ha mai detto o mai pensato che il Parlamento, la magistratura, la Corte Costituzionale o l'opposizione siano un elemento di disturbo, tant'è che tutti stanno esercitando con serenità le loro funzioni. Ciò che si può contestare è al massimo che le loro funzioni vengano esercitate nei limiti della libertà loro concessa, senza eccedere oltre, senza sconfinare in campi diversi da quelli che competono. E per quanto concerne il passaggio sull'opposizione, è bene ricordare che non siamo dinanzi all'"incantesimo del plebiscitario consenso": se il Governo gode del favore dei due terzi degli Italiani, è bene che Veltroni e il Pd si interroghino su cosa non ha funzionato per loro, anzichè continuare ad esorcizzare la sconfitta, sostenendo che si tratta di una "luna di miele" destinata a finire. Forse il consenso potrà calare in parte nei prossimi mesi, ma se la linea governativa continuerà ad essere la medesima, stiano pure tranquilli i signori della sinistra che il consenso degli Italiani per Berlusconi e la sua compagine di Governo non scenderà clamorosamente. E poi val la pena ricordare a Veltroni che tutte le proposte che enuncia - "una grande innovazione istituzionale, il dimezzamento del numero dei parlamentari, una sola Camera con funzioni legislative" - erano contenute nella riforma varata dal centrodestra nel 2006, sottoposta a referendum, nel quale la sinistra ha lottato per il no.

Questa manifestazione è un grande momento di democrazia, sereno e pacifico.
E guai, davvero guai, a chi pensa di ridurre solo minimamente la libertà di avanzare critiche, la libertà di dissentire, la libertà di protestare civilmente contro decisioni e scelte che non condivide.
La democrazia non è un consiglio d’amministrazione. La minaccia irresponsabile e pericolosa di intervenire “attraverso le forze dell’ordine” dentro quei templi del sapere, della conoscenza e del dialogo che sono le Università, è stata qualcosa di abnorme e di mai visto prima.

Anche queste parole dimostrano come la sinistra abbia un'altra visione della realtà; nessuno vuole e mai ha voluto negare la libertà di espressione a patto che si mantenga nei limiti del rispetto. E occupare le università, attività tanto cara a Veltroni e compagni, non è una manifestazione di libertà, ma il contrario: si nega a coloro che vogliono studiare e frequentare le lezioni di poterlo fare, si nega un diritto così importante come quello all'istruzione, si passa sopra la libertà del singolo individuo di decidere cosa fare. Anche perché - parliamoci chiaro - la gran parte di coloro che manifestano non sanno perchè lo fanno (e se viene loro chiesto perchè occupano, le risposte sono tra le più disperate), semplicemente è bello non fare nulla o fare un po' di baccano tutti insieme.

Il resto dell'intervento di Veltroni è un amarcord di argomenti cari alla sinistra: il precariato, il Governo che ruba ai poveri per dare ai ricchi, il Governo che difende le banche e non pensa ai cittadini (forse si dimentica che sono state varate misure per mettere al sicuro i soldi dei risparmiatori), l'evasione fiscale ("Il governo sta riproponendo la vecchia ricetta: aliquote alte, pochi controlli, evada chi può"), la destra che non propone cultura ("Questa cultura l’ha creata la destra. L’avete costruita voi. Non vi interessa la scuola perché la vostra scuola è la televisione. E la vostra diseducazione civile degli italiani rimbalza fin dentro le scuole."), la destra che semina razzismo e xenofobia ("Fa rabbrividire la mozione della Lega sulle classi differenziate per i bambini stranieri. Famiglia cristiana l’ha definita «la prima mozione razziale approvata dal Parlamento italiano»"). Il tutto mescolato a un populismo, che forse servirà a far recuperare un po' di consenso o di interesse, ma niente di più.
Veltroni oggi si è limitato a declamare, con tante belle parole e con tanta enfasi, le buone intenzioni, così come aveva fatto al Lingotto, ma non ha portato proposte concrete sui grandi temi, non ha spiegato la linea del partito nei vari ambiti della vita. E allora, a cosa è servito andare in piazza? A far vedere che si è riuscito a portare al Circo Massimo circa duecentomila persone (come afferma la questura, e non due milioni e mezzo, come afferma il Pd)? Oppure è servito a Veltroni solo per far capire che è lui che comanda nel partito? Me lo chiedo perchè, dopo aver ascoltato il comizio con attenzione, non sono riuscito a cavarne nulla di buono...

mercoledì 22 ottobre 2008

CAPITANO IMMENSO


Era da un bel pezzo che a guardare certe magie calcistiche non mi incantavo. E' successo ieri sera, dopo lo splendido (e non saprei in che altro modo definirlo) gol di Alex Del Piero, che al quinto minuto del primo tempo ha portato in vantaggio la Juventus. Solo dopo cinque minuti: pazzesco. E pensare che alla vigilia il principale pensiero che facevo era: "Speriamo di non prenderne tanti, vista l'attuale situazione della squadra..." Invece, dopo soli cinque minuti, che bello essere in vantaggio contro il Real Madrid, sostenuti da uno Stadio Olimpico in tripudio per la rete del suo capitano!
Grazie anche ad Amauri, siamo riusciti a portare a casa un ottimo risultato, un 2-1 sofferto, soprattutto nell'ultima parte della partita, con i continui assalti dei Madrileni.

Tuttavia, il ringraziamento speciale va al capitano: Alessandro Del Piero, la bandiera di questa squadra che, a 33 anni e dopo 41 gol in Champions League, si dimostra elemento prezioso, oltre che di valore tecnico elevato. Serata da "operaio e artista", come dice La Gazzetta dello Sport. Perchè i grandi campioni sono capaci di fare entrambe le cose, mettersi a disposizione della squadra nel momento di difficoltà e tirare fuori dal cilindro colpi di genio che appartengono a pochi.

sabato 18 ottobre 2008

GIOVANNI BIANCONI PRESENTA "ESEGUENDO LA SENTENZA"

Giovedì 16 ottobre, alle ore 21, presso l'Almo Collegio Borromeo di Pavia, ho avuto il piacere di assistere alla presentazione del libro di Giovanni Bianconi Eseguendo la sentenza. Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro. Alla presentazione erano presenti, oltre all'autore, Mino Martinazzoli (allora Presidente della Commissione inquirente per i procedimenti d'accusa), Virginio Rognoni (allora vicepresidente della Camera dei Deputati; subito dopo il ritrovamento del corpo di Moro, subentra a Cossiga al Ministero degli Interni) e Corrado Belci (allora deputato e direttore de Il Popolo, il giornale della Dc).
Belci, il primo ad intervenire, elogia l'opera di Bianconi per aver "riconnotato come tragedia" quel triste evento, mentre nei primi anni seguenti l'uccisione del presidente della Dc vi era un eccessivo "sensazionalismo nella pubblicistica", una "sovrabbondanza di tossine della dietrologia", che aveva tirato in ballo la teoria del "Grande Vecchio". Egli ricorda come Cabras, segreteria Dc, sosteneva con forza che il sequestro si inscriveva nel periodo storico particolare che stava vivendo l'Italia intera: lo stesso Belci, ora più lucido, appoggia questa tesi, affermando che "non si può estrapolare il sequestro Moro dall'Italia di allora, con i morti che ci sono stati prima di Moro, nei 55 giorni del sequestro e dopo Moro, fino a Ruffilli, Biagi e D'Antona".
Apprezzamento per il libro giunge anche da Martinazzoli, il quale parla di una "ricostruzione corale", cioè una ricostruzione reale e veritiera di cosa accadeva in quei giorni, nella vita di tutte le persone normali, oltre che dei politici, degli intellettuali, ecc. Interessante l'interrogativo posto dall'ex segretario Dc: egli si chiede quanto e come ha contato il "modo di essere italiani" nell'affrontare la tragica vicenda, ricordando come molto spesso, per noi, "l'immaginazione va oltre la realtà". Viene inoltre ricordato come il modo di comportarsi di Moro racchiude tutto il suo modo di fare politica, un uomo grande anche nel momento difficile. Martinazzoli conclude dicendo che si può ricavare qualcosa dal sequestro Moro "non archiviando il caso" (come hanno sostenuto Fassino e Ingrao), ma tenendo aperta la questione.
Rognoni, infine, si limita a ricordare quei giorni, certamente tremendi e angoscianti, oltre che quelli ancora più difficili da Ministro degli Interni in un momento in cui non poteva sicuramente delicato; sottolinea, inoltre, come dal libro traspare l'atteggiamento di "immobilismo dello Stato", la linea "nè con lo Stato, nè con le Br", ossia la linea dura che la Dc aveva deciso di portare avanti, che Bianconi contesta non essere sempre stata tenuta.





ESEGUENDO LA SENTENZA.
Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro

Giovanni Bianconi

Einaudi Stile libero

€ 17,00


Cronaca del sequestro Moro (da www.wikipedia.org)

sabato 11 ottobre 2008

GITA A PARMA

Siete mai stati a Parma? Vi consiglio caldamente di visitarla: una cittadina veramente incantevole, che ti cattura fin dai primi passi che si compiono sulle sue strade.
L'occasione per cui ho visitato Parma è stata la mostra di Correggio (anche questa è imperdibile, avete tempo fino al 25 gennaio 2009): è articolata in quattro sezioni rappresentate da Galleria Nazionale, Camera di S. Paolo, Chiesa di S. Giovanni Evangelista e Cattedrale. Sicuramente i due pezzi forti sono rappresentati dalla visita alle cupole della Cattedrale, dove si può ammirare L'Assunzione della Vergine, e della Chiesa di S. Giovanni, con la celebrazione dell'Evangelista.
Nell'Assunzione della Vergine, sono raffigurati gli apostoli appoggiati ad una balaustra ottagonale, sopra la quale si trovano dei fanciulli che bruciano incenso per il funerale della Vergine. Al centro della cupola si assiste all'evento dell’Assunzione della Vergine, ormai giunta ai limiti del Paradiso, quasi spinta da una moltitudine di angeli, Santi e figure appartenenti al Vecchio Testamento. Al centro delle nubi celesti l’Arcangelo Gabriele, o Cristo, aspetta Maria per segnare il suo volo verso il cielo. Sotto al vano della cupola si trovano pennacchi affrescati con i quattro protettori di Parma: San Bernardo, Sant'Ilario, San Giuseppe, che da molti è indicato come San Tommaso, e San Giovanni Evangelista, mentre negli estremi inferiori dei sottarchi vi sono sei figure giovanili affrescate in chiaroscuro, che portano festoni semplici e sottili da appendere al tempio per festeggiare il grande avvenimento.

In S. Giovanni, invece, Correggio esegue l'affresco della cupola come sua prima opera nello stesso edificio. Lo schema iconografico pare alludere a un'Ascensione del Redentore, ma a ben guardar il moto di Cristo, reso evidente dallo svolazzo dei panneggi, è discendente e non ascensionale, mentre la figura di San Giovanni è quasi nascosta, stesa sul cornicione della cupola, al di sotto del cerchio degli apostoli. Nei pennacchi sono rappresentati i Padri della Chiesa accoppiati agli Evangelisti. Nei sottarchi Correggio dipinse figure monocrome di eroi biblici, mentre decorò a grottesche i semipilastri sottostanti.

Nella Galleria Nazionale sicuramente degno di nota è il "Compianto sul Cristo morto", sempre del Correggio, opera di somma perizia, in cui traspare tutta la sofferenza del momento raffigurato: il dolore del supplizio, lo svenimento, l'urlo, la disperazione.

Al termine della visita, un bel giro nel centro di Parma: da Piazza Duomo a Piazza Garibaldi, passando per Piazza della Steccata con la splendida chiesa di S. Maria della Steccata. Per non parlare delle quattro vie principali che si incontrano nella piazza Garibaldi: strada Cavour, strada Farini, Strada della Repubblica e Via Mazzini.
Un'amenità è rappresentata dal Palazzo Ducale, immerso nel Parco Ducale: una grande area verde, dove si può passeggiare o contemplare la natura del parco, potendo estraniarsi dalla realtà cittadina.

Accanto al profilo artistico, Parma vanta una tradizione enogastronomica: basti pensare al Parmigiano Reggiano, al Prosciutto di Parma, al Culatello di Zibello, ai tortelli alle erbe, alla torta fritta e via dicendo...Specialità da leccarsi i baffi!


Per info:




lunedì 29 settembre 2008

CHE DOMENICA SPORTIVA!


Ragazzi, che domenica sportiva! Veramente speciale, anzi straordinaria.
In un sol giorno due campioni mondiali:

VALENTINO ROSSI, campione del mondo di motociclismo in classe 500 a Motegi (Giappone)

e

ALESSANDRO BALLAN, campione del mondo di ciclismo a Varese.

Altro che Spagna...stavolta gli spagnoli hanno rosicato!!!










domenica 28 settembre 2008

CRIMINI BIANCHI: FICTION POCO VERITIERA

In una serata senza svaghi, mercoledì ho colto l’occasione per vedere qualcosa in tv; casualmente mi sono soffermato su Canale 5, dove è in onda la serie “Crimini bianchi”, di cui peraltro avevo sentito parlare nei giorni precedenti al Tg5 e su alcuni giornali. Fin da subito, a pelle – come si suol dire – non ne ero rimasto per niente attratto, non avrei mai pensato di vederla.
Poi, complice anche un palinsesto televisivo non certo esaltante, ho deciso di provare a guardare la prima puntata della serie, sperando di cambiare il giudizio. E invece niente: tutto come pensavo, tutto come previsto.
La puntata inizia fissandosi subito sui tre protagonisti principali: il cardiochirurgo, un suo assistente e un avvocato, tutti e tre amici. Poi la scena si sposta sui due medici che, al termine del turno, in giro per la campagna romana per provare la nuova vettura del cardiochirurgo, rimangono vittime di un incidente (provocato dalla disattenzione del conducente), da cui escono piuttosto malconci. Portati in ospedale, ricevono le cure del caso; tuttavia il cardiochirurgo riesce a salvarsi, anche se perderà l’uso della mano destra e non potrà più operare, mentre il suo assistente, a causa di una sutura dell’arteria femorale erroneamente effettuata (come si scoprirà in seguito), perderà la vita. Da questo episodio comincia la vera storia della serie: il cardiochirurgo è convinto che il suo amico non sia morto per l’incidente, ma per una negligenza medica e comincia ad investigare alla ricerca dell’errore, coinvolgendo l’amico avvocato e una collega, compagna del collega deceduto. Insieme fondano un’associazione per la difesa dei diritti del malato, il cui compito è quello di indagare su casi di malasanità ed ottenere risarcimenti per i familiari.
Fin qui il racconto sommario della trama della prima puntata e, praticamente, delle seguenti puntate, che immagino si muoveranno sulla stessa falsariga. Ma ora ciò che più mi preme è mettere in luce il messaggio sbagliato che questo sceneggiato dà a tutti i telespettatori, potenzialmente vittime della malasanità.
Purtroppo per noi, tardi o tosto, ci tocca rimetterci nelle mani di un medico, cui affidiamo totalmente la nostra salute, sicuri che egli riuscirà a trovare la soluzione alla nostra malattia; il paziente ripone la massima fiducia nel medico perché sa che solo lui può aiutarlo. Può capitare, talvolta, che il medico, essendo umano, commetta un errore. È bene sottolineare come questo sia un evento talora possibile, cui però il medico può rimediare, riconoscendo onestamente l’errore. Forse il paziente prenderà male l’ammissione dell’errore del medico e rimetterà in discussione la fiducia che in lui aveva riposto; ma così facendo anche il paziente sbaglia, in quanto ignora che il medico è prima di tutto un uomo. Probabilmente per questa serie di fatti, molto spesso il medico cerca di nascondere l’errore per non innescare il circolo vizioso di cui sopra.
Dopo questa digressione sul rapporto medico-paziente, non posso non notare come la serie “Crimini bianchi” sia foriera di ambiguità e false credenze. Non si può insistere per varie puntate a mostrare una serie di errori medici sui quali ricamare tante belle frasi retoriche, non si rende un buon servizio né ai pazienti né ai medici. A guardare la serie, pare che in quell’ospedale ci siano solo medici incompetenti, per di più molti di questi sono anche professori e perciò si alimenta nella pubblica opinione il pensiero che essi siano arrivati a ricoprire cariche così importanti solo per via di raccomandazioni politiche o chissà quali altre strade. Mentre dall’altra parte c’è il cardiochirurgo, osannato da tutti come il miglior medico, che fa il maestro nei confronti di colleghi spesso più anziani di lui, come se egli fosse infallibile: non c’è nulla di più sbagliato e pericoloso in medicina che proclamare la propria infallibilità. Un’altra cosa che mi ha molto colpito è il modo di far notare gli errori ai medici: succede sempre quando questi sono a colloquio con i parenti del malato, mettendoli così in una posizione imbarazzante e umiliante. Ma questo è ingeneroso, mostra un’immagine di viltà e di bieco opportunismo invece che di eroismo, come può e come si tenta di far apparire.
Badate bene che, con queste parole, non ho la minima intenzione di assolvere nessuno: chiunque sbagli deve pagare, funziona così in tutti i campi lavorativi e così deve funzionare soprattutto in campo medico, dove si ha a che fare con la vita delle persone e non si gioca mai. Però – converrete con me – che è certamente sbagliato mostrare questa immagine dei medici, persone che per tutta una vita si spendono per tante ore al giorno per garantire ai propri malati di tornare nuovamente in salute. Perché la professione medica è prima di tutto un’arte, alla quale ci si dà per passione, per spirito di abnegazione, per amore nei confronti delle persone meno fortunate di noi. E non certo per i soldi: i soldi non hanno mai fatto felice nessuno, tanto meno un medico che sa di averli intascati compiendo un errore madornale sulla pelle di un paziente. Perché il rimorso che ci si porta dentro è indicibile.
Confido quindi che tante delle persone che hanno visto e continueranno a vedere la fiction non si facciano influenzare più di tanto dai messaggi che essa trasmette e che invece li valutino con le dovute precauzioni.

domenica 21 settembre 2008

OKTOBERFEST A MONACO DI BAVIERA


Se vi dico "Oktoberfest", cosa vi viene in mente? Certo, la festa della rinomata birra bavarese. Ma dietro questa famosissima festa si nasconde anche una lunga tradizione folcloristica, che fa dell'Oktoberfest, con i suoi 6 milioni di visitatori l'anno, la festa popolare più grande al mondo. L'atmosfera festosa, le orchestrine, la buona cucina bavarese, le giostre variopinte e le caratteristiche bancarelle regalano un evento indimenticabile a grandi e piccini. Quest’anno la festa si svolge dal 20 settembre al 5 ottobre.

ALCUNE CURIOSITÀ

« O'Zapft is! » - È la tipica frase con cui si apre la festa: il sindaco di Monaco in persona è chiamato a spillare la prima birra. Per farlo deve inserire, a forza di potenti colpi di martello, il rubinetto nella botte inaugurale. Una volta fatto pronuncia la celebre frase “O'Zapft is!” (in dialetto bavarese, traducibile come "È stappata!") e la festa ha ufficialmente inizio.




Un po’ di storia – Tutto comincia il 12 ottobre 1810 quando il principe ereditario Luigi, il futuro Re Luigi I, festeggia le sue nozze con la Principessa Therese di Sachsen-Hildburghausen. I festeggiamenti si sono svolti su un prato (Wiese) che da allora si chiama "Theresienwiese" in onore della sposa. Concluse le feste nuziali, si è tenuta una corsa di cavalli alla quale ha assistito anche la famiglia reale; poiché si è deciso di ripetere la corsa anche l’anno successivo, nacque la tradizione dell’"Oktober"-Fest. Nel 1811, oltre alla corsa di cavalli, all’Oktoberfest c’è stata anche la prima festa agricola, con i fine di promuovere l’agricoltura bavarese. La corsa di cavalli, che oltre ad essere la manifestazione più antica era anche quella più popolare, oggi non c’è più, mentre la “Festa centrale dell’agricoltura” si svolge ogni tre anni durante l’Oktoberfest, nell’area meridionale della Theresienwiese. Nei primi decenni l’offerta di divertimenti fu modesta. Nel 1818 ci sono stati la prima giostra e due altalene. In piccole baracche, il cui numero è cresciuto rapidamente per la popolarità acquisita dalla festa, i visitatori potevano bere la birra. A partire dal 1896, osti intraprendenti, in collaborazione con i produttori di birra, hanno fatto montare i primi grandi capannoni al posto delle baracche. Oggi sono denominati Bierzelte, ossia “i tendoni della birra”. L’altra parte dell’area dedicata all’Oktoberfest era occupata dal Luna Park.

Wiener Schnitzel - È il piatto più tipico e conosciuto di Vienna. Consiste in una fetta di vitello impanata e fritta nel grasso di maiale o nel burro, il quale alla fine – secondo la ricetta originale – dovrebbe esserci versato pure sopra. Le versioni moderne della ricetta tendono a evitare di aggiungere il burro crudo anche sulla fetta e questo passaggio può essere sostituito dall'aggiunta di fettine di limone che vengono spremute dal commensale una volta che il piatto è stato servito, di solito con contorno di insalata di patate.



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