sabato 24 gennaio 2009

TEMPORANEO AGGANCIO ALL'INTER

Partita intensissima e di sofferenza, per la Juve, che fino alla fine ha dovuto stringere i denti per portare a casa tre punti preziosissimi, che vogliono dire aggancio, sebbene solo temporaneo, solo per 24 ore, all'Inter capolista, che domani sera, senza Ibrahimovic in campo (e sono dolori!!!) se la vedrà con la Samp.
Una nota particolare meritano Marchionni e Marchisio: sono stati gli ispiratori e i trascinatori della squadra; il primo sempre presente sulla fascia, sempre pronto ad affondare il colpo, mettendo al centro palle insidiose, il secondo mostra sempre più le sue qualità, nonostante la giovane età (Borgonovo dice sia "il nuovo Tardelli"), che gli permettono di fare aperture e lanci lunghi smarcanti con sicurezza e precisione disarmanti, senza contare il perfetto inserimento su suggerimento del Capitano, che vale il gol della vittoria.
La Juve mostra sempre più il suo carattere di squadra, la sua capacità di trovare nel gruppo la linfa vitale per vincere i momenti più duri e affrontare la sofferenza, proprio come stasera: c'era la necessità dei tre punti, vista l'occasione sciupata domenica scorsa, e li abbiamo raccolti!
Da tifoso onesto, amante del gioco leale, sottolineo come la partita sia stata inficiata da una direzione arbitrale non certo perfetta: il gol annullato a Gilardino era regolare e il contatto in area tra Jovetic e Mellberg era da sanzionare con il rigore. Oltre a qualche scontro troppo rude non fischiato. Mentre i guardalinee, tranne l'episodio ricordato, hanno effettuato sempre chiamate giuste.

sabato 17 gennaio 2009

ESEGUENDO LA SENTENZA



ESEGUENDO LA SENTENZA

Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro

Giovanni Bianconi

Einaudi Stile Libero


€ 17,00

Per i ragazzi della mia età, il 1978 è un anno lontano, che non figura nel calendario e che si fatica a ricordare o a immaginare. E invece il 1978 è un anno di svolta, un giro di boa segnato da un evento tanto tragico quanto importante nella storia italiana: l’omicidio del presidente della Dc Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse.
Utile per farsi un’idea dei 55 giorni di prigionia dell’onorevole Moro e del clima che si respirava intorno al sequestro è il libro “Eseguendo la sentenza ” di Giovanni Bianconi (di cui ho avuto il piacere di seguire la presentazione a Pavia presso l’Almo Collegio Borromeo alla presenza di Virginio Rognoni, Corrado Belci e Mino Martinazzoli); ho finito di leggerlo da poco e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Perché, come ben sapete, libri sul sequestro Moro ne sono stati scritti tanti, ma questo mi è sembrato attenersi ai fatti e al contempo restituire al lettore l’aria pesante di quei giorni difficili.
Fin dall’inizio si viene catapultati dall’autore nella vita di coloro che hanno vissuto i giorni del sequestro; il libro si apre puntando l’obiettivo su Tiziana, una laureanda che proprio giovedì 16 marzo 1978 doveva discutere con il professor Moro la sua tesi. E che invece scopre, una volta arrivata all’università, che la seduta di laurea non può tenersi perché il presidente Moro è stato rapito dalle Br. Ma il 16 marzo 1978 era un giorno particolare anche perché (per una casualità, come hanno confermato anche i brigatisti) in Parlamento si votava la fiducia al governo Dc-Pci: in effetti il presidente Moro si sarebbe recato prima in Aula per poi seguire la seduta di laurea di Tiziana. Ma il programma venne completamente cambiato dal sequestro. Da questo momento in poi l’atmosfera che si respira per tutto il libro è piuttosto greve, interrotta solo per qualche pagina da segnali di speranza, segnali che lasciavano intravedere una possibile via per la salvezza di Aldo Moro. Fino ad arrivare al 9 maggio, in via Michelangelo Caetani, dove, all’interno di una Renault 4 rossa, viene fatto trovare il cadavere del presidente della Dc, ucciso poco prima dal commando brigatista, all’interno del quale qualche segnale di cedimento dinanzi all’esecuzione si era palesato.
La capacità di Bianconi sta nel tenere il lettore incollato al libro, che pare, senza volerlo sminuire, un romanzo, in quanto ai dialoghi si alternano numerosi documenti risalenti all’epoca, proveniente dai giornali, dalla tv, dai comunicati delle Br e dai verbali delle forze dell’ordine. Una grande documentazione, pertanto, che sostiene il resoconto di 55 giorni, all’interno del quale l’autore non manca di mostrare la psicologia delle varie persone, dalla famiglia Moro fino ai compagni di partito più stretti di Moro, dal presidente del Consiglio ai brigatisti. Tra tutte, la figura più significativa che emerge dal libro è quella di Eleonora Moro, “Noretta” per Aldo Moro, la quale si fa carico di aiutare i figli ad affrontare la tragedia, dovendo anche far fronte alle pressioni della politica che incombe sulla tragedia improvvisamente piombata in casa Moro il 16 marzo: per tutto il libro la figura di Noretta è la più forte, la più tenace, una vera lottatrice.
Con questo libro, quindi, Bianconi va letteralmente “dietro le quinte” del sequestro Moro, portando all’attenzione del lettore da una parte la vicenda umana della famiglia Moro e dall’altra la vicenda politica della Dc che in quel momento attraversava un periodo delicato, sempre supportato da una gran quantità di documentazione, parte della quale proposta per la prima volta.

“Un libro che poteva essere scritto solo oggi. Interrogando, oggi, i testimoni e i documenti di allora. Compresi alcuni, dimenticati o ignorati, che vengono proposti al pubblico per la prima volta.”





sabato 10 gennaio 2009

10 GENNAIO, SANT'ALDO EREMITA


Oggi, 10 gennaio, si festeggia il mio onomastisco, Sant'Aldo eremita.


Non si sa esattamente in quale epoca S. Aldo sia vissuto, probabilmente nei secoli intorno al Mille. Secondo una tradizione fu eremita e carbonaio a Carbonia presso Pavia, e a Pavia fu sepolto nella cappella di S. Colombano, dalla quale fu traslato nella basilica di S. Michele. Non a caso la memoria di S. Aldo si è conservata a Pavia, che fu un tempo capitale del Regno dei Longobardi. E’ probabile, infatti, che sangue longobardo scorresse nelle vene del Santo eremita, o così almeno fa pensare l’origine del suo nome, che la parola longobarda “ald”, con il significato di vecchio.

Etimologia: Aldo = vecchio, dal longobardo (può essere accorc. di vari nomi = Baldo, Rinaldo, Teobaldo, Ubaldo, ecc.)

Di S. Aldo, assai popolare nel nord, si conosce ben poco.
Ignoriamo perfino il luogo e la data della nascita, e quando si vuol determinare l'epoca in cui visse si parla vagamente del sec. VIII. Un dato sicuro è il luogo di sepoltura, a Pavia, dapprima la cappella di S. Colombano e poi la basilica di S. Michele.
Un'antica tradizione lo presenta come carbonaio ed eremita nel pressi di Pavia, a Carbonaria. L'inclusione di S. Aldo nei Martirològi dell'Ordine benedettino ha fatto supporre che egli sia stato monaco a Bobbio, il celebre monastero fondato nel 614 da S. Colombano, a mezza strada tra il cenobio degli orientali e la comunità monastica creata un secolo prima da S. Benedetto. Il punto d'incontro di queste due forme di ascesi sembra indicato dall'esperienza religiosa del santo eremita che commemoriamo, un orante dalle mani incallite e il volto annerito dalla fuliggine delle carbonaie.
I monaci irlandesi di S. Colombano non conducevano una vita eremitica in senso stretto. Ognuno si costruiva la propria capanna di legno e di pietre tirate su a secco, entro una cinta rudimentale, per isolarvici in solitaria contemplazione nelle ore dedicate alla preghiera. Poi ne usciva con gli attrezzi da lavoro per recarsi alle consuete occupazioni giornaliere e guadagnarsi da vivere tra gli uomini col sudore della fronte. Insomma, l'eremita si allontanava provvisoriamente dagli uomini per dare più spazio alla preghiera e riempire la solitudine esteriore con la gioiosa presenza di Dio. Ma non si estraniava dalla comunità, alla cui spirituale edificazione contribuiva con l'esempio della sua vita devota e anche con carità fattiva.
Possiamo quindi ritenere S. Aldo un felice innesto dello spirito benedettino con quello apportato dai fervidi missionari provenienti dall'isola di S. Patrizio, l'Irlanda, l'"isola barbara" trasformata in "isola dei santi" per la straordinaria fioritura del cristianesimo. S. Colombano ne aveva portato sul continente una primaverile ventata di nuova spiritualità.

Piero Bargellini, da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/36800

lunedì 5 gennaio 2009

UNA SCUOLA NOIOSA


Finalmente, dopo tanto, un gruppo di indagine del Ministero dell'Istruzione della Gran Bretagna testimonia ciò che penso e affermo da tempo anch'io: se gli studenti non brillano a scuola, è colpa dei docenti che sono noiosi e per niente coinvolgenti. Lo riferisce il corrispondente da Londra de La Repubblica Enrico Franceschini.

"Esiste assolutamente una correlazione tra la noia e i risultati accademici", afferma Christine Gilbert, capo degli ispettori scolastici. "La gente separa i metodi di insegnamento dal comportamento degli studenti, ma questo è un errore. La nostra ricerca dimostra che le due cose sono strettamente collegate e che gli studenti si comportano molto meglio, da un punto di vista disciplinare così come dal punto di vista del rendimento accademico, se l'insegnamento è buono, valido, stimolante, se vengono coinvolti dall'insegnante, se il metodo è appropriato alle loro possibilità. In tal caso, gli studenti non hanno lo sguardo perso nel vuoto cinque minuti dopo l'inizio delle lezioni. Altrimenti si forma un ciclo negativo, per cui gli studenti sono annoiati e non si sentono motivati, così cominciano a usare il loro potenziale per altri fini, per cui chiacchierano con i compagni, si distraggono, distraggono a loro volta gli altri e l'intera classe si ritrova nei pasticci".
E' ovvio che non si può essere assoluti, oltrechè ingiusti: il fatto che i propri figli non vadano bene a scuola non è da imputare totalmente agli insegnanti. E' chiaro, però, come emerge da questo rapporto, che la scarsa capacità di attrarre l'attenzione comporta una maggior distrazione dei ragazzi dal loro precipuo obiettivo, lo studio. Accanto a questo - è bene non dimenticarlo, come sottintendevo poco prima - è necessario che gli studenti si applichino a casa, che perciò eseguano i compiti assegnati, senza sentirsi sollevati da questo (per alcuni) gravoso compito solo perchè i docenti sono noiosi. Allo stesso modo le note di demerito, i brutti voti o le bocciature non vanno prese con la filosofia del "non è colpa mia, è colpa del prof che non è capace". Questo, oltre al fatto di non rispettare l'autorità, rappresentata dall'insegnante, inculca nei ragazzi un cattivo pensiero, tale per cui non li si aiuta per nulla a responsabilizzarsi, dal momento che c'è sempre qualcuno che prende in carico i loro doveri.

Mi rivolgo perciò ai docenti, per lo meno a coloro che talvolta pensano questo problema sia secondario: se scoprite che una classe va alla deriva, cominciate a chiedervi se voi state facendo tutto il possibile, non solo in termini di nozioni che affidate loro, ma anche in termini di coinvolgimento; valutate se vi è la giusta empatia, la giusta intesa, quel feeling, talora sottile e così importante, che può dare una svolta al rapporto tra voi, docenti, e loro, alunni, i quali necessitano assolutamente del vostro sapere. Per esperienza personale posso affermare che i docenti che maggiormente si sono impegnati a integrarsi con la classe sono quelli che mi hanno dato di più: non intendo dire solo in termini di insegnamento, ma anche in termini di umanità, di cultura, di apertura mentale e sono quelli che, pertanto, ricordo di più ora, a distanza di anni dal termine della scuola, e che rimpiango quando vedo come altri loro colleghi affrontano la stessa professione.

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