lunedì 29 settembre 2008

CHE DOMENICA SPORTIVA!


Ragazzi, che domenica sportiva! Veramente speciale, anzi straordinaria.
In un sol giorno due campioni mondiali:

VALENTINO ROSSI, campione del mondo di motociclismo in classe 500 a Motegi (Giappone)

e

ALESSANDRO BALLAN, campione del mondo di ciclismo a Varese.

Altro che Spagna...stavolta gli spagnoli hanno rosicato!!!










domenica 28 settembre 2008

CRIMINI BIANCHI: FICTION POCO VERITIERA

In una serata senza svaghi, mercoledì ho colto l’occasione per vedere qualcosa in tv; casualmente mi sono soffermato su Canale 5, dove è in onda la serie “Crimini bianchi”, di cui peraltro avevo sentito parlare nei giorni precedenti al Tg5 e su alcuni giornali. Fin da subito, a pelle – come si suol dire – non ne ero rimasto per niente attratto, non avrei mai pensato di vederla.
Poi, complice anche un palinsesto televisivo non certo esaltante, ho deciso di provare a guardare la prima puntata della serie, sperando di cambiare il giudizio. E invece niente: tutto come pensavo, tutto come previsto.
La puntata inizia fissandosi subito sui tre protagonisti principali: il cardiochirurgo, un suo assistente e un avvocato, tutti e tre amici. Poi la scena si sposta sui due medici che, al termine del turno, in giro per la campagna romana per provare la nuova vettura del cardiochirurgo, rimangono vittime di un incidente (provocato dalla disattenzione del conducente), da cui escono piuttosto malconci. Portati in ospedale, ricevono le cure del caso; tuttavia il cardiochirurgo riesce a salvarsi, anche se perderà l’uso della mano destra e non potrà più operare, mentre il suo assistente, a causa di una sutura dell’arteria femorale erroneamente effettuata (come si scoprirà in seguito), perderà la vita. Da questo episodio comincia la vera storia della serie: il cardiochirurgo è convinto che il suo amico non sia morto per l’incidente, ma per una negligenza medica e comincia ad investigare alla ricerca dell’errore, coinvolgendo l’amico avvocato e una collega, compagna del collega deceduto. Insieme fondano un’associazione per la difesa dei diritti del malato, il cui compito è quello di indagare su casi di malasanità ed ottenere risarcimenti per i familiari.
Fin qui il racconto sommario della trama della prima puntata e, praticamente, delle seguenti puntate, che immagino si muoveranno sulla stessa falsariga. Ma ora ciò che più mi preme è mettere in luce il messaggio sbagliato che questo sceneggiato dà a tutti i telespettatori, potenzialmente vittime della malasanità.
Purtroppo per noi, tardi o tosto, ci tocca rimetterci nelle mani di un medico, cui affidiamo totalmente la nostra salute, sicuri che egli riuscirà a trovare la soluzione alla nostra malattia; il paziente ripone la massima fiducia nel medico perché sa che solo lui può aiutarlo. Può capitare, talvolta, che il medico, essendo umano, commetta un errore. È bene sottolineare come questo sia un evento talora possibile, cui però il medico può rimediare, riconoscendo onestamente l’errore. Forse il paziente prenderà male l’ammissione dell’errore del medico e rimetterà in discussione la fiducia che in lui aveva riposto; ma così facendo anche il paziente sbaglia, in quanto ignora che il medico è prima di tutto un uomo. Probabilmente per questa serie di fatti, molto spesso il medico cerca di nascondere l’errore per non innescare il circolo vizioso di cui sopra.
Dopo questa digressione sul rapporto medico-paziente, non posso non notare come la serie “Crimini bianchi” sia foriera di ambiguità e false credenze. Non si può insistere per varie puntate a mostrare una serie di errori medici sui quali ricamare tante belle frasi retoriche, non si rende un buon servizio né ai pazienti né ai medici. A guardare la serie, pare che in quell’ospedale ci siano solo medici incompetenti, per di più molti di questi sono anche professori e perciò si alimenta nella pubblica opinione il pensiero che essi siano arrivati a ricoprire cariche così importanti solo per via di raccomandazioni politiche o chissà quali altre strade. Mentre dall’altra parte c’è il cardiochirurgo, osannato da tutti come il miglior medico, che fa il maestro nei confronti di colleghi spesso più anziani di lui, come se egli fosse infallibile: non c’è nulla di più sbagliato e pericoloso in medicina che proclamare la propria infallibilità. Un’altra cosa che mi ha molto colpito è il modo di far notare gli errori ai medici: succede sempre quando questi sono a colloquio con i parenti del malato, mettendoli così in una posizione imbarazzante e umiliante. Ma questo è ingeneroso, mostra un’immagine di viltà e di bieco opportunismo invece che di eroismo, come può e come si tenta di far apparire.
Badate bene che, con queste parole, non ho la minima intenzione di assolvere nessuno: chiunque sbagli deve pagare, funziona così in tutti i campi lavorativi e così deve funzionare soprattutto in campo medico, dove si ha a che fare con la vita delle persone e non si gioca mai. Però – converrete con me – che è certamente sbagliato mostrare questa immagine dei medici, persone che per tutta una vita si spendono per tante ore al giorno per garantire ai propri malati di tornare nuovamente in salute. Perché la professione medica è prima di tutto un’arte, alla quale ci si dà per passione, per spirito di abnegazione, per amore nei confronti delle persone meno fortunate di noi. E non certo per i soldi: i soldi non hanno mai fatto felice nessuno, tanto meno un medico che sa di averli intascati compiendo un errore madornale sulla pelle di un paziente. Perché il rimorso che ci si porta dentro è indicibile.
Confido quindi che tante delle persone che hanno visto e continueranno a vedere la fiction non si facciano influenzare più di tanto dai messaggi che essa trasmette e che invece li valutino con le dovute precauzioni.

domenica 21 settembre 2008

OKTOBERFEST A MONACO DI BAVIERA


Se vi dico "Oktoberfest", cosa vi viene in mente? Certo, la festa della rinomata birra bavarese. Ma dietro questa famosissima festa si nasconde anche una lunga tradizione folcloristica, che fa dell'Oktoberfest, con i suoi 6 milioni di visitatori l'anno, la festa popolare più grande al mondo. L'atmosfera festosa, le orchestrine, la buona cucina bavarese, le giostre variopinte e le caratteristiche bancarelle regalano un evento indimenticabile a grandi e piccini. Quest’anno la festa si svolge dal 20 settembre al 5 ottobre.

ALCUNE CURIOSITÀ

« O'Zapft is! » - È la tipica frase con cui si apre la festa: il sindaco di Monaco in persona è chiamato a spillare la prima birra. Per farlo deve inserire, a forza di potenti colpi di martello, il rubinetto nella botte inaugurale. Una volta fatto pronuncia la celebre frase “O'Zapft is!” (in dialetto bavarese, traducibile come "È stappata!") e la festa ha ufficialmente inizio.




Un po’ di storia – Tutto comincia il 12 ottobre 1810 quando il principe ereditario Luigi, il futuro Re Luigi I, festeggia le sue nozze con la Principessa Therese di Sachsen-Hildburghausen. I festeggiamenti si sono svolti su un prato (Wiese) che da allora si chiama "Theresienwiese" in onore della sposa. Concluse le feste nuziali, si è tenuta una corsa di cavalli alla quale ha assistito anche la famiglia reale; poiché si è deciso di ripetere la corsa anche l’anno successivo, nacque la tradizione dell’"Oktober"-Fest. Nel 1811, oltre alla corsa di cavalli, all’Oktoberfest c’è stata anche la prima festa agricola, con i fine di promuovere l’agricoltura bavarese. La corsa di cavalli, che oltre ad essere la manifestazione più antica era anche quella più popolare, oggi non c’è più, mentre la “Festa centrale dell’agricoltura” si svolge ogni tre anni durante l’Oktoberfest, nell’area meridionale della Theresienwiese. Nei primi decenni l’offerta di divertimenti fu modesta. Nel 1818 ci sono stati la prima giostra e due altalene. In piccole baracche, il cui numero è cresciuto rapidamente per la popolarità acquisita dalla festa, i visitatori potevano bere la birra. A partire dal 1896, osti intraprendenti, in collaborazione con i produttori di birra, hanno fatto montare i primi grandi capannoni al posto delle baracche. Oggi sono denominati Bierzelte, ossia “i tendoni della birra”. L’altra parte dell’area dedicata all’Oktoberfest era occupata dal Luna Park.

Wiener Schnitzel - È il piatto più tipico e conosciuto di Vienna. Consiste in una fetta di vitello impanata e fritta nel grasso di maiale o nel burro, il quale alla fine – secondo la ricetta originale – dovrebbe esserci versato pure sopra. Le versioni moderne della ricetta tendono a evitare di aggiungere il burro crudo anche sulla fetta e questo passaggio può essere sostituito dall'aggiunta di fettine di limone che vengono spremute dal commensale una volta che il piatto è stato servito, di solito con contorno di insalata di patate.



sabato 20 settembre 2008

L'ENIGMA DEL NUCLEARE

Tornare al nucleare?
L'Italia, l'energia, l'ambiente


Chicco Testa

Gli struzzi Einaudi

€ 13,50



Non più tardi di qualche mese fa, il dibattito politico si è soffermato per al
cuni giorni sul tema del ritorno al nucleare, seguito a breve da approfondimenti in televisione e sui giornali. In libreria è apparso, in primavera, un piccolo volume scritto da Chicco Testa, intitolato: "Tornare al nucleare? L'Italia, l'energia, l'ambiente."
Chicco Testa non ha certo bisogno di grandi presentazioni: è stato tra i fondatori di Legambiente, membro del Parlamento italiano dal 1987 al 1994; attualmente è Managing Director di Rothschild Italia e presidente di Roma Metropolitane e Telit.

Testa comincia il libro con un capitolo emblematico: "Riaprire l'opzione nucleare", in cui spiega come fosse a favore del referendum del 1987, in seguito al quale c'è stata la chiusura e lo smantellamento delle centrali in funzione. Sebbene il fronte antinucleare fosse ampio, l'autore si chiede se si era convinti della bontà delle ragioni che ostacolavano il nucleare; e risponde dicendo che allora era difficile essere a favore del nucleare e anche chi era meno convinto si allineava alla maggioranza. A distanza di vent'anni, egli si trova dall'altra parte della barricata e prende in considerazione l'opzione nucleare per tre motivi. Innanzitutto "il mondo ha bisogno di energia, di tanta energia" e, vista la mostruosa avanzata dei Paesi asiatici, perchè si deve rinunciare ad una "fonte di energia che già oggi contribuisce ai consumi energetici totali per circa il 7% e a quelli elettrici per il 15%?" In secondo luogo, "non ci sono modi nuovi per produrre energia in quantità rilevanti e in modo continuo", tenendo conto che carbone, gas e petrolio comportano problemi "di scarsità relativa, di costo e ambientali". In ultimo, considerati i due motivi precedenti, bisogna sottolineare come le battaglie antinucleari hanno favorito il maggior ricorso ai combustibili fossili, aumentando il problema che si voleva risolvere: l'aumento della temperatura a causa dell'effetto serra. E quindi la domanda è: "Possiamo (...) permetterci di fare a meno dell'unica "grande" fonte di energia praticamente priva di emissioni di gas serra?"
Continuando la sua argomentazione, Testa esamina le possibili alternative: le fonti rinnovab
ili, quelle che usano combustibile liberamente disponibile e continuamente presente in natura . Ma - conclude - su queste considerazioni era basata la "speranza tecnologica" degli anni Settanta, quando si è dovuta affrontare la relativa scarsità e l'elevato prezzo dei combustibili. Questa speranza non ha, però, trovato conferma: o meglio "in parte sì, alcune fonti rinnovabili hanno dimostrato una forte crescita, ma complessivamente no", in quanto la quantità di energia prodotta in questo modo è molto limitata. Ed ecco perchè il futuro dell'energia deve andare verso il nucleare: per il suo sviluppo, ammette Testa, serve un maggior impegno nella ricerca - guardando anche ad altri Paesi, come la Francia, che sono all'avanguardia in questo settore - e un aumento del costo dei combustibili fossili - in tutti i periodi in cui i combustili fossili avevano prezzi elevati, si è assistito ad un maggior sviluppo della tecnologia nucleare.
Poi un intero capitolo viene dedicato a sfatare il mito della pericolosità degli impianti nucleari:
Chernobyl (in Ucraina) e Three Mile Island (in Pennsylvania, USA). Nel primo caso, errori erano presenti fin dalla nascita dell'impianto, data l'"arroganza tecnologica" e "l'assoluta mancanza di trasparenza" della società sovietica: la costruzione, mastodontica, era stata realizzata con una spesa minima, per di più senza un involucro di contenimento. Oltre alla "povertà delle tecnologie e dei sistemi di sicurezza", vi è anche stata "una serie incredibile di errori umani, dovuti fondamentalmente alla completa mancanza di procedure di sicurezza codificate". A Three Mile Island vi è stato un malfunzionamento dei circuiti di raffreddamento e "una serie di errori umani impedì l'entrata in funzione dei circuiti di emergenza". In entrambi i casi è sempre stato il fattore umano quello che ha causato le peggiori conseguenze, non certo la tecnologia nucleare in sè: "ma certamente il "combinato disposto" dei due incidenti (...) ha influenzato l'opinione pubblica in modo decisivo". L'autore dedica inoltre il capitolo "Ne uccide più l'aratro che la spada" per sottolineare come la morte per un disastro nucleare ha probabilità molto inferiori a quella legata a terremoti, incidenti stradali o guerre.
Un discorso simile riguarda i rifiuti radioattivi. Il principale problema riguarda le scorie altamente radioattive, le quali devono essere seppellite in modo definitivo in un sito "geologicamente stabile" (procedura in atto in tutti i maggiori Paesi produttori di energia nucleare). In Italia, per il solito terrorismo mediatico e la sindrome NIMBY, ogni volta che viene individuato un sito adeguato (vedesi Scanzano Jonico), parte la protesta della cittadinanza per vietare qualsiasi intervento, pur se corredato da tutte le sicurezze del caso in seguito a studi approfonditi. Non a caso, Testa conclude il volume affermando che "il problema non è il nucleare, il problema è l'Italia": la nostra nazione è incapace di prendere scelte importanti, che possono segnarne positivamente il futuro perchè affetta da troppa pigrizia, troppa voglia di voler continuare a curare solo il proprio orticello, senza guardare un po' più in là, senza pensare cosa ci può riservare il futuro.

Consiglio caldamente a quanti sono appassionati al tema e anche ai neofiti la lettura di questo libro, nel corso del quale, anche con l'ausilio di esempi, si ha un quadro d'insieme dettagliato e serio dello stato del nucleare in Italia. Testa non vuol convincere nessuno ad appoggiare il nucleare, vuole solo evidenziare la forza di questa tecnologia e la debolezza delle altre fonti di energia, rapportate agli attuali consumi. E la necessità di guardare ad altre tecnologie per la produzione di energia.

domenica 14 settembre 2008

VELTRONI SENZA BUSSOLA

Walter Veltroni sembra veramente in preda ai bollenti spiriti, a giudicare dalle esternazioni delle ultime due settimane.

"La destra sta rovinando economicamente, politicamente e moralmente l'Italia", "genocidio dei valori", "deserto storico e culturale", società "egoista e spietata" in cui "tutto è indistinto e tutto è lecito".
Queste sono solo alcune delle frasi pronunciate oggi nella conferenza di chiusura alla scuola estiva di politica del Pd (viene da pensare che, se questi sono i pensieri dominanti, siamo messi male): parole molto pesanti, eccessive, che non corrispondono alla realtà. E si tratta solo di alcuni estratti. Sebbene il livello generale della conferenza sia questo: Veltroni ha dipinto un Paese immerso nel buio, tetro, governato dalle peggiori persone. Ci vuole tanto coraggio per parlare così, veramente tanto, perché si ignora totalmente qual è la realtà. Veltroni ha poco da arrabbiarsi se il sondaggio della Stampa dava qualche giorno fa il Pd al 30%: continuando con questo copione, il Pd potrà solo scendere nei consensi.

"L'Italia si renderà conto a breve che sette anni di governo della destra l'hanno ridotta nella condizione drammatica in cui si trova oggi". "Stanno alzando le tasse e finiti i fuochi artificiali rimarranno solo le macerie" (frase pronunciata alla festa del Pd).
Per la situazione "drammatica" in cui ci troviamo oggi, é bene che Veltroni chieda a Prodi e compagni: sono bastati due anni per aumentare la pressione fiscale in maniera pesante e far sprofondare il Paese molto in basso. Perciò, prima di parlare degli altri vale la pena fare un'analisi della propria parte politica. E le "macerie" le ha lasciate la sinistra, nel 2006, quando in un periodo di crescita in Europa noi non siamo cresciuti: quelle sono le vere "macerie"...

Veltroni sottolinea l'idea dell'"io separato dal noi", "un virus che può fare solo male a una comunità". Ed è la destra "responsabile di questo clima di una società senza valori, in cui tutti coltivano solo il proprio desiderio individuale e si considera la missione e l'impegno collettivo e solidale come una favola per buoni sentimenti". E così, di fronte agli immigrati o a chi ha un orientamento sessuale diverso, "bisogna solo proteggersi, tirar su muri e costruire fortezze".
Il segretario del Pd forse ignora che la destra ha sempre avuto rispetto per chi aveva orientamento sessuale diverso, purché questo non venisse eletto a icona da seguire o a icona di normalità. E per di più i ministri Brunetta e Rotondi hanno espresso l'intenzione di preparare una loro legge sulla falsariga dei Dico o Pacs che dir si voglia. Riguardo gli immigrati, non si tratta certo di "tirar su muri" a priori: é importante che lo Stato dimostri di essere presente e che perciò coloro che sono clandestini vengano espulsi in quanto fuorilegge. E' un concetto semplice, che però è difficile recepire per il Pd e la sinistra in genere, abituata per vocazione ad accogliere chiunque all'insegna del buonismo. Grazie a questo atteggiamento, siamo uno dei Paesi in cui arriva la maggior parte di immigrati regolari (la questione geografica ha un'importanza relativa).

"Per il pensiero democratico la scuola è il centro di tutto, per la destra è un costo da tagliare. Per Berlusconi la scuola è la sua televisione, è così che vuole che vengano formati gli italiani". Parole offensive e ingiustificate: perché si dimenticano i recenti provvedimenti della Gelmini? Il ritorno della divisa e dei voti a scuola, l'introduzione dell'educazione civica e stradale, il maestro unico: in un periodo in cui non si naviga nell'oro, é necessario tagliare il superfluo in tutti i settori, impegnandosi in una migliore razionalizzazione delle risorse disponibili.
La frase sulla formazione degli Italiani è proprio di cattivo gusto, oltreché fala: non siamo più nel Ventennio o nella Russia stalinista, sotto un dittatore che comanda ciò che gli alunni devono studiare. E' molto più facile che sia la sinistra che formi i ragazzi: tra cinema, giornali, televisione e, soprattutto, la scuola ha tentacoli ovunque e ben sappiamo come sia in grado di plasmare le opinioni.

"Chi sfrutta i privilegi ma non si mescola fra la gente, a chi ha capito che, per andare sui giornali, bisogna sparare bordate senza preoccuparsi dei danni inferti al partito, a chi ci lavora, a chi ci crede"
E' una frase pronunciata da Veltroni alla festa del Pd a Firenze nei confronti di Parisi, reo di aver affermato che il Pd ha avuto "una falsa partenza" e definito Berlusconi "grande leader": invece di far partire strali nei confronti di Parisi, che ha solo definito i contorni di una realtà sotto gli occhi di tutti, era molto più importante dar peso a quelle parole, usarle per un'analisi nel partito sperando di trovare i motivi della sconfitta e nuove armi per raccogliere consenso nel futuro. E invece no, chi non è d'accordo col segretario e con la maggioranza del partito non ha diritto di esprimere la propria opinione: meno male che si definiscono "democratici"!

Credo, quindi, che, viste le parole che girano nel Pd, Veltroni & co. siano un po' in crisi, per lo meno sembra che abbiano perso la bussola e navighino a fatica, lanciando urli e rantoli.


sabato 6 settembre 2008

GREVI E COLOMBO A CONFRONTO SULLA LEGALITA'

Presso il Cortile delle Statue dell'Università degli Studi di Pavia, nella terza serata del Festival dei Saperi, inserita nel ciclo di interventi "Lessico civile", ieri sera ho avuto il piacere di ascoltare la conversazione tra Vittorio Grevi, ordinario di Procedura Penale presso la medesima università, e Gherardo Colombo, ex magistrato e autore del volume "Sulle regole", presentato nel corso della serata.
Il senso di questo incontro, e più in generale del ciclo di incontri dal nome "Lessico civile", sta nel tenere sempre vivi i principi che presiedono alla convivenza dei cittadini. E parlare di legalità, come hanno fatto Grevi e Colombo, certo ha aiutato ad analizzare e a tenere a mente che senza regole e senza il rispetto delle stesse, non ci è possibile vivere.
La serata si è aperta, in un Cortile delle Statue affollato in qualsiasi angolo, con la presentazione di Gherardo Colombo e un approfondimento sul perché egli ha deciso di uscire dalla magistratura a metà febbraio del 2007, dopo oltre trentatré anni. Per spiegare i motivi di tale decisione, l'ex pm ha usato la metafora dell'idraulico, che, chiamato nell'abitazione di un condominio dal momento che non esce acqua dai rubinetti, comincia ad analizzarne le cause; dopo aver controllato il rubinetto e le tubature domestiche, entrambi integri, pensa che forse vi è un problema a livello del rubinetto centrale del palazzo e lo controlla: scopre che in effetti il problema risiede proprio lì e, dopo averlo risolto, verifica che in casa l'acqua fuoriesce nuovamente dal rubinetto. In questo esempio, il rubinetto della cucina rappresenta l'amministrazione della giustizia, mentre il rubinetto centrale rappresenta "qualcosa che sta prima" della giustizia stessa: è per questo motivo che Colombo si è convinto pian piano che "perché la giustizia cambi, sarebbe stato utile intensificare quel che già cercavo di fare nei momenti lasciati liberi dalla professione: girare per scuole, università, parrocchie, circoli e in qualunque altro posto mi invitassero a dialogare sul tema delle regole. La giustizia non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall'incomunicabilità" (parole tratte dall'introduzione al suo libro Sulle regole).
Dopo questa spiegazione, che Colombo riteneva doverosa per far comprendere il senso del suo libro, definito scherzosamente, ma non troppo, da Grevi "breviario laico di educazione civica", vengono introdotti i temi della prima parte del libro: la neutralità di termini come "regola", "legge", "legalità", "il cui significato può variare indefinitamente in base al contenuto che esprimono", potendo essere diversi in rapporto al momento storico e al Paese e spesso anche in contraddizione tra loro; l'ambiguità del termine "giustizia", usata per definire sia un principio sia il sistema creato "per risolvere le controversie" tra gli esseri umani e in nome della quale, nel corso della storia, sono stati compiuti rivoluzioni e genocidi; da dove deriva il diritto: inizialmente derivava dalla divinità, poi si è cominciato a parlare di diritto naturale, basandosi sul presupposto che "ogni essere umano avesse dentro di sé, fin dalla nascita, alcuni principi fondamentali comuni a tutti gli altri", poi si è parlato di diritto positivo, ossia il diritto è giusto quando è stato prodotto da istituzioni delegate a farlo ed è osservato; quindi la svolta recente: il passaggio da "sudditi" a "cittadini", grazie alla separazione dei poteri, "presupposto per la creazione (...) di una società in cui diritti e doveri siano distribuiti equamente".
Si passa così a parlare della seconda parte del libro, la più intensa dal punto di vista del ragionamento logico, la quale affronta il tema delle due società: la società orizzontale, nella quale l'uomo è al centro, costituisce un "valore", una "dignità", si basa "sull’idea che l’umanità si promuova attraverso un percorso armonico in cui la collaborazione di ciascuno (…) contribuisce all’emancipazione dei singoli e al progredire della società nel suo insieme"; la società verticale, quella che ha dominato gran parte, se non tutta la storia, vede l’uomo come strumento, si basa sulla gerarchia, “scartando gli inadeguati”, e i suoi valori fondanti sono la separazione e l’annientamento. Tuttavia – sostiene Colombo – “può darsi che una società sia organizzata nel suo complesso in modo verticale, eppure in parte viga il sistema dell’orizzontalità”. L’osservanza delle leggi viene garantita in modo solo parzialmente diverso nei due sistemi: nella società verticale “la sanzione deve (…) consistere in un male” e quindi sono previsti la pena di morte e il carcere; quest’ultimo, anche se in teoria incompatibile con la società orizzontale (come la pena di morte), viene utilizzato nella stessa per punire l’inosservanza di molte norme. L’ex pm sostiene che il fatto che il carcere sia la principale risposta alla violazione delle leggi non deriva solo “dalla tradizionale equivalenza tra sanzione, da un lato, ed esclusione e sofferenza, dall’altro”, ma anche dal contributo della Chiesa (ad esempio, l’Indice dei libri proibiti, che è in fondo una forma di esclusione).
Il discorso intrapreso nella seconda parte - sottolinea Grevi - è propedeutico all'illustrazione di un modello di società orizzontale, quello contenuto nella nostra Carta costituzionale, come Colombo fa nella terza parte del suo libro. Il salto compiuto nei secoli per giungere a questo risultato è notevole: se un tempo giustizia voleva dire "riconoscimento e tutela delle diseguaglianze" (basti pensare ai tempi della schiavitù), oggi giustizia è "riconoscimento e tutela delle pari opportunità". E, infatti, i due principi cardine della Costituzione, da cui discende tutto il resto, sono: il riconoscimento dei diritti e l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.

Uscendo fuori dai temi strettamente trattati nel libro, ma muovendosi sempre nel campo della legalità, il professor Grevi chiede un parere a Colombo riguardo un eventuale cambiamento dell'azione penale, passando dall'essere obbligatoria all'essere discrezionale: così, sostiene Grevi, il magistrato potrebbe decidere sua sponte quali reati perseguire e quali persone indagare per quei reati, venendo meno ai principi di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. E Colombo risponde sostenendo che l'obbligatorietà dell'azione penale è fondamentale per mantenere la separazione dei poteri: in caso contrario, il magistrato sarebbe costretto a rispondere dei propri atti e perderebbe perciò la sua indipendenza.
Riguardo un altro tema caldissimo, le intercettazioni telefoniche, Colombo afferma che, secondo lui, l'uso è attualmente eccessivo, mentre si tratta di uno strumento da utilizzare con estrema cautela, solo per quei reati che effettivamente offendono la comunità e, soprattutto, non come "scorciatoia", a scapito, cioè, di altri strumenti d'indagine, magari anche più funzionali. E' poi importante difendere la riservatezza degli intercettati; la pubblicazione dei colloqui dimostra che noi tutti vogliamo che le regole siano rispettate, ma quando siamo chiamati a farlo in prima persona ci tiriamo indietro: "ciascuno per sé é l'ultimo giudice".
Grevi conclude questa conversazione domandando quanto la cultura influenza il diritto: la sua personale opinione è che il diritto deve essere più forte e deve indirizzare la cultura, senza farsi sopraffare. Colombo, come si è evinto dal botta e risposta, crede il contrario: la mentalità o i comportamenti generali sono più forti e in grado pertanto di influenzare le regole e il loro rispetto. Ha fatto l'esempio di Tangentopoli: quindici anni fa c'era indignazione nei confronti di coloro che si macchiavano di reati di corruzione, oggi c'è molto meno sconvolgimento e malumore perché la gente si è quasi abituata, prevale un atteggiamento giustificazionista, il quale é in grado di influenzare la legge.
La conversazione si è chiusa così, seguito da alcune domande del pubblico. Inutile dire (credo si sia capito) che esso sarebbe potuto continuare per altre ore, non so quante: dalla passione dei due conversatori, é emerso chiaramente come il tema sia complicato, pieno di mille sfumature e perciò difficile da condensare in due ore.

giovedì 4 settembre 2008

OLTRE LE PAROLE

Da qualche giorno, le cronache non si occupano di altro: dei tifosi napoletani, che domenica hanno assaltato il treno per Roma. Credo che tante parole siano state spese, tante opinioni siano state pronunciate. Ancora ieri il capo della Polizia Manganelli sosteneva che dietro gli ultrà c'è stata la mano della camorra, provocando la reazione piccata del Ministro La Russa ("coinvolgere la camorra è un alibi"), in parte poi corretta. Mi sembra sia stata data troppa enfasi al fatto: è vero che tra gli ultrà di domenica ve n'erano 200 pregiudicati (sulla loro fedina penale si parla di estorsione, spaccio di droga, rapine e altro), ma certo non si sono mossi per un ordine superiore; è probabile che gli stessi, tifosi del Napoli, la domenica seguano la squadra del cuore allo stadio e negli altri giorni della settimana sbarchino il lunario, commettendo i reati suindicati. E' tutto molto più semplice di quello che può apparire: ciononostante è bene che vengano processati e puniti per i gravi atti commessi, che non hanno niente a che spartire col calcio o col tifo.
Non ritengo, pertanto, che si riproponga l'emergenza "sicurezza negli stadi": le misure adottate dopo il tragico omicidio di Raciti, come i tornelli, i biglietti nominali e l'aumentata sorveglianza tra forze dell'ordine e stewards, hanno sortito gli effetti sperati. Mentre domenica tutto è successo fuori dallo stadio.
La questione, semmai, è legata alle decisioni del questore e del prefetto vicario di Napoli far partire il convoglio, nonostante fossero già iniziate le violenze degli ultrà, i quali avevano costretto duecento passeggeri a scendere. E' inutile chiudere gli stadi o bloccare le trasferte (eccetto per i tifosi precedentemente responsabili di atti illeciti) perché a pagare sono i tanti amanti del calcio, che, talmente patiti, desiderano seguire la squadra del cuore anche in capo al mondo. E perché bisogna impedirlo? Perché per colpa di uno devono pagare tutti?

La cosa più logica è punire chi supera la legge, cioè infliggendo la pena e facendola scontare interamente: alla lunga si sensibilizza la gente e si ottengono i risultati sperati. Però, per questo, si devono lasciare da parte le parole e far spazio ai fatti.

martedì 2 settembre 2008

DEMAGOGIA A GO GO

Le dichiarazioni del segretario del Pd Veltroni riguardo gli incresciosi eventi dei teppisti del Napoli di domenica scorsa hanno il gusto della demagogia e della strumentalizzazione politica tout court. Per mascherare difficoltà in casa propria, preferisce buttare veleno nella discussione politica (e poi si spera ancora nel dialogo...) Ecco cosa ha detto Veltroni:

"La scarcerazione dei teppisti responsabili dei gravi incidenti prima e dopo la partita Roma-Napoli è un fatto gravissimo. Il segnale che si lancia è pesantemente negativo. Evidentemente dagli atti del governo si evince una morale: duri con quelli che non votano come gli immigrati e deboli con quelli che votano. Così i teppisti, che usano il calcio come pretesto per le loro bravate, per aggredire e seminare paura tra i cittadini, anche quando sono identificati e presi restano dentro per poche ore. Questa certezza di impunità non fa altro che perpetuare e coprire il loro agire".

Dal centrodestra, chiaramente, non sono mancate le repliche (Bonaiuti, Mantovano, Capezzone), che vengono spontanee: Veltroni sarà stato preso da un colpo di sole quando ha pronunciato tali parole, non c'è altra spiegazione.
Mi chiedo come si possa, logicamente, affermare che il centrodestra è responsabile della scarcerazione dei teppisti: quali poteri ha usato la politica per permettere la libertà a chi é in galera? Piuttosto bisogna chiedere ai magistrati perché quei delinquenti sono fuori: credo che, se questo è quel che si è verificato, è stato solo per il rispetto delle leggi vigenti.
A questo punto, allora, é bene che si dica che le leggi in materia hanno evidentemente maglie troppo larghe, permettendo a chi commette il reato di farla franca. E quindi il dibattito sulla riforma della giustizia non è totalmente campato in aria, anzi, é molto importante in quanto si intreccia strettamente con quello della sicurezza, che il Governo ha cominciato ad affrontare con i recenti provvedimenti approvati.
Resta, comunque, l'auspicio che coloro che hanno rovinato lo sport domenica paghino, anche salato: non si possono più tollerare comportamenti simili!

L'URAGANO GUSTAV






E' assolutamente impressionante seguire le mosse dell'uragano, che già tante vittime ha mietuto sul
suo cammino. Ha raggiunto questo pomeriggio New Orleans: per fortuna ha rallentato in parte la sua velocità.
Vi mostro alcuni fotogrammi, tratti dalla diretta di Abc26WGNO, emittente di New Orleans.









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