Da qualche giorno, le cronache non si occupano di altro: dei tifosi napoletani, che domenica hanno assaltato il treno per Roma. Credo che tante parole siano state spese, tante opinioni siano state pronunciate. Ancora ieri il capo della Polizia Manganelli sosteneva che dietro gli ultrà c'è stata la mano della camorra, provocando la reazione piccata del Ministro La Russa ("coinvolgere la camorra è un alibi"), in parte poi corretta. Mi sembra sia stata data troppa enfasi al fatto: è vero che tra gli ultrà di domenica ve n'erano 200 pregiudicati (sulla loro fedina penale si parla di estorsione, spaccio di droga, rapine e altro), ma certo non si sono mossi per un ordine superiore; è probabile che gli stessi, tifosi del Napoli, la domenica seguano la squadra del cuore allo stadio e negli altri giorni della settimana sbarchino il lunario, commettendo i reati suindicati. E' tutto molto più semplice di quello che può apparire: ciononostante è bene che vengano processati e puniti per i gravi atti commessi, che non hanno niente a che spartire col calcio o col tifo.
Non ritengo, pertanto, che si riproponga l'emergenza "sicurezza negli stadi": le misure adottate dopo il tragico omicidio di Raciti, come i tornelli, i biglietti nominali e l'aumentata sorveglianza tra forze dell'ordine e stewards, hanno sortito gli effetti sperati. Mentre domenica tutto è successo fuori dallo stadio.
La questione, semmai, è legata alle decisioni del questore e del prefetto vicario di Napoli far partire il convoglio, nonostante fossero già iniziate le violenze degli ultrà, i quali avevano costretto duecento passeggeri a scendere. E' inutile chiudere gli stadi o bloccare le trasferte (eccetto per i tifosi precedentemente responsabili di atti illeciti) perché a pagare sono i tanti amanti del calcio, che, talmente patiti, desiderano seguire la squadra del cuore anche in capo al mondo. E perché bisogna impedirlo? Perché per colpa di uno devono pagare tutti?
La cosa più logica è punire chi supera la legge, cioè infliggendo la pena e facendola scontare interamente: alla lunga si sensibilizza la gente e si ottengono i risultati sperati. Però, per questo, si devono lasciare da parte le parole e far spazio ai fatti.
Non ritengo, pertanto, che si riproponga l'emergenza "sicurezza negli stadi": le misure adottate dopo il tragico omicidio di Raciti, come i tornelli, i biglietti nominali e l'aumentata sorveglianza tra forze dell'ordine e stewards, hanno sortito gli effetti sperati. Mentre domenica tutto è successo fuori dallo stadio.
La questione, semmai, è legata alle decisioni del questore e del prefetto vicario di Napoli far partire il convoglio, nonostante fossero già iniziate le violenze degli ultrà, i quali avevano costretto duecento passeggeri a scendere. E' inutile chiudere gli stadi o bloccare le trasferte (eccetto per i tifosi precedentemente responsabili di atti illeciti) perché a pagare sono i tanti amanti del calcio, che, talmente patiti, desiderano seguire la squadra del cuore anche in capo al mondo. E perché bisogna impedirlo? Perché per colpa di uno devono pagare tutti?
La cosa più logica è punire chi supera la legge, cioè infliggendo la pena e facendola scontare interamente: alla lunga si sensibilizza la gente e si ottengono i risultati sperati. Però, per questo, si devono lasciare da parte le parole e far spazio ai fatti.
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