mercoledì 31 marzo 2010

VENTO IN POPPA


Passata anche questa tornata di elezioni, caratterizzata dall'assenza di campagna elettorale e da una corsa matta al gossip, si può analizzare qual è stato il risultato del voto e quali scenari futuri si aprono.
Per prima cosa - è sotto gli occhi di tutti - un ruolo importante è stato quello giocato dalla Lega Nord, sia per la presenza di suoi candidati alla poltrona di governatore sia per la capacità di raccogliere voti e preferenze in quantità ingenti laddove presenti. Ormai, la maschera è tolta e non si può negare che la Lega conferma di essere un partito che, essendo particolarmente attento ai bisogni e agli umori della popolazione, riesce ad avere un buon seguito; non solo tra gli strati più bassi della popolazione, quelli che faticano ad arrivare a fine mese, ma anche presso la classe borghese e le élites cittadine. Prova ne sono le affermazioni di Luca Zaia in Veneto e di Roberto Cota in Piemonte: se il primo aveva la vittoria facile in tasca fin dal primo giorno di candidatura, il secondo, invece, ha saputo costruire una campagna elettorale a strettissimo contatto con la gente e, nonostante i dubbi della vigilia, è riuscito a strappare la regione ad una presidentessa uscente, la Bresso, che per la maggior parte degli analisti sarebbe stata riconfermata. Onore a Zaia, che certamente si impegnerà, come ha già fatto in passato, per il suo territorio e a Cota, che, pur lottando in un campo difficile, ne è uscito vincitore.

La seconda cosa da notare è la rimonta del centrodestra rispetto al centrosinistra in termini di regioni governate: sebbene il centrosinistra sia avanti per 7 a 6, il centrodestra ha guadagnato quattro regioni (Piemonte, Campania, Calabria e Lazio), riparando il deludente 11 a 2 di cinque anni fa. Segno assolutamente nuovo, per quello che posso ricordare io: se la memoria non m'inganna, non si verifica da almeno dieci anni che il governo in carica non esca malconcio dalle elezioni locali, ma che anzi conquisti regioni importanti e strategiche non solo per il peso economico-finanziario, ma soprattutto politico. Anche perché l'amico Sarkozy in Francia, non più tardi di alcuni giorni fa, ha rimediato, alle elezioni amministrative, una magra figura con il suo UMP sopraffatto dai socialisti, riuscendo a mantenere solo la roccaforte Alsazia-Lorena. Con un po' di rammarico, ricordo che anche la Puglia avrebbe potuto cambiare il proprio presidente, se solo Berlusconi avesse avuto maggior fermezza nell'imporre al ministro Fitto (che si è giustamente dimesso) l'alleanza con la Poli Bortone, che, da sola, ha raggiunto un dignitoso 8,70%; senza contare che la Poli Bortone, che tanto bene ha fatto a Lecce, è una persona che si è sempre impegnata in prima persona e con la propria faccia per il territorio da cui proviene: una qualità non facile da trovare oggigiorno.
Anche le province al voto hanno visto prevalere il centrodestra, che invece raccoglie meno consensi nelle città: clamorose le sconfitte di Brunetta a Venezia e Castelli a Lecco, bene invece Di Primio a Chieti e Giorgino ad Andria, mentre le altre città vanno al ballottaggio tra due settimane.

Sembra quindi che il vento gonfi ancora le vele dello schieramento di centrodestra, anche grazie all'alleanza con la Lega, dimostratasi preziosa. Occorre, a questo punto, mettere da parte la gioia per la vittoria e rimboccarsi le maniche per mettere mano ai grandi temi urgenti, economia e riforme in primis, al fine di portare avanti i cambiamenti promessi e sostanziarli con i fatti. Per tre anni, non dovremmo affrontare altre campagne elettorali, ma - sappiamo bene - l'ultimo anno di legislatura è da non considerare e perciò il tempo è ancora meno. Vale la pena sfruttare il vento in poppa per disegnare un Paese nuovo, apportare migliorie e cambiamenti, lavorare a stretto contatto con gli enti locali per conseguire risultati straordinari, impegnarsi a fondo per ripagare la fiducia degli elettori e vederla riconfermata.

lunedì 15 marzo 2010

VATICANO S.p.A. ALLA LIBRERIA CENTOFIORI DI MILANO


Una mattinata piacevole ed interessante è quella che ho passato ieri in una Milano tranquilla, popolata da tante biciclette e baciata da un sole caldo che ha piacevolmente riscaldato l'aria, facendo assaggiare il primo tepore di una primavera che arriva tra pochi giorni. Nella libreria Centofiori di piazzale Dateo, ho assistito alla presentazione del libro Vaticano S.p.A. di Gianluigi Nuzzi. Si è trattato in realtà di una chiacchierata tra amici, tra persone che, ciascuna nel suo campo, ha contatti stretti con le vicende oscure di cui è pieno il nostro Paese e di cui Nuzzi si è occupato nel suo libro: dal lato del giornalista, del cronista attento e puntuale, è intervenuto Gianni Barbacetto, mentre dal lato del giudice che ha lavorato con tali questioni è intervenuto Renato Bricchetti, consigliere di Cassazione e già giudice istruttore del crac Ambrosiano.


Dopo una breve introduzione di Nuzzi, che ha contestualizzato il libro, la parola è passata a Barbacetto. Egli ha apprezzato il lavoro di Nuzzi, sostenendo che il libro piace perchè aiuta ad analizzare i rivoli nascosti della nostra storia, in cui i chiaroscuri sono un Leitmotiv. Ricorda le figure di Calvi e Sindona, i due più grossi banchieri privati italiani, che hanno avuto un successo che si è improvvisamente interrotto per entrambi in maniera tragica, l'uno ucciso e ritrovato impiccato a Londra sotto il Ponte dei Frati neri, l'altro suicidatosi con un caffè al cianuro; entrambi legati a doppio filo con la Santa Sede e in particolar modo con quello IOR che ancor oggi mantiene l'alone di mistero che ha favorito il succedersi di così tanti disastri. Nonostante sia stata varata una riforma, dopo questi avvenimenti, al fine di eliminare qualsiasi contiguità con personaggi come Calvi e Sindona che hanno segnato l'immagine della Chiesa in maniera profonda, il libro dimostra, raccontando fatti, come tale riforma sia stata "parziale" o per molti aspetti "non attuata", dal momento che tutto è proseguito più o meno sullo stesso piano e con le stesse modalità, con l'unica eccezione della presenza di altri attori. Nuzzi ricorda che dal 1° gennaio di quest'anno è in vigore una nuova convenzione monetaria tra Vaticano e Unione europea con il recepimento da parte del Vaticano di tutte le normative europee in materia di lotta al riciclaggio: dopo quasi un secolo lo Ior non sarà più la banca off shore di un tempo e si allinea al sistema di credito dell'Ue. Tuttavia, sottolinea, è la Commissione pontificia che ha aderito a questa convenzione, ma lo IOR, avendo una propria autorità giuridica, potrebbe non recepirle.
Il giudice Bricchetti loda il libro dal momento che esso si basa solo ed esclusivamente su documenti, senza "ipotesi di lavoro" sulle quali meditare o argomentare, ma con "verità" che sono presentate in maniera nuda e cruda per essere fruibili a tutti. Ricorda, attraverso le conoscenze personali degli atti, gli aneddoti e le considerazioni maturate, i principali eventi narrati nel libro, da Calvi a Sindona, passando per Marcinkus, nei confronti del quale nel febbraio 1987 emette un mandato di cattura (rivolto anche a Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel ai vertici dello IOR), avendo individuato gravi responsabilità della Banca Vaticana nel crac del Banco Ambrosiano. Tuttavia, dal momento che lo IOR non è ritenuto una banca, bensì un ente centrale della Chiesa, la Cassazione non convalida il provvedimento: l'articolo 11 dei Patti Lateranensi recita che "gli enti centrali della Chiesa sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano". Un'immunità che in nessun testo giuridico è presente, appannaggio di pochi, di coloro che dovrebbero essere trasparenti come l'acqua.

Consiglio nuovamente a tutti di leggere il libro, se non l'avete fatto, o di rileggerlo per mettere a fuoco alcuni particolari anche alla luce di vicende recenti (vi segnalo l'articolo di Giovanni Bianconi apparso ieri sul Corriere della Sera, Soldi e segreti, il caso Orlandi. La pista della vendetta anti Ior). Ancora una volta mi piace sottolineare come il libro non vuole essere anticlericale, nè screditare la Chiesa, ma è semplicemente una grande prova di giornalismo e, come dice il suo autore, un'"operazione di informazione", un preciso e capillare racconto di fatti documentati.


mercoledì 10 marzo 2010

CHE AMAREZZA!

Quasi non volevo scrivere degli avvenimenti delle ultime due settimane. Non volevo scrivere perché se ne è parlato così tanto da esserne annoiati, perché in fondo tutto si sta risolvendo in colpi bassi tra le due fazioni in gioco, perché si tratta di cose marginali se pensiamo alla nostra vita quotidiana. Ma poi, ripensando tra me e me alle parole ascoltate ai tg e lette sui quotidiani o sui siti Internet, mi è venuta in mente qualche considerazione, che sentivo la necessità di esternare.

Innanzitutto, devo ammettere che il caos liste in vista delle imminenti elezioni di fine mese non mi ha per nulla appassionato. Siamo a meno di venti giorni dalle consultazioni elettorali e ancora non è completamente chiaro se si terranno, se tutte le liste saranno ammesse, se alcune liste dovranno ripresentare le firme: tutti i dubbi del caso sono ancora da sanare e noi siamo alla finestra ad aspettare notizie in questo senso. Ma il problema più grosso riguarda la campagna elettorale: ci rendiamo conto che praticamente non conosciamo uno straccio di programma, una minima proposta, un futuro proposito dei candidati governatori, sindaci o presidenti di provincia? Ci rendiamo conto che quello che doveva essere il periodo della campagna elettorale è stato dominato solo da lotte, spesso intestine, tra ricorsi, TAR, firme false e via dicendo? Da ultima la presidentessa di Confindustria Marcegaglia, questa sera al Tg2, si lamentava di questa insostenibile situazione, in cui il tema del lavoro e dell'occupazione viene relegato in secondo o terzo piano per lasciare spazio a questioni giuridiche che interessano una piccola parte del Paese e non toccano la difficile quotidianità. Tutto questo è normale?

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