Quasi non volevo scrivere degli avvenimenti delle ultime due settimane. Non volevo scrivere perché se ne è parlato così tanto da esserne annoiati, perché in fondo tutto si sta risolvendo in colpi bassi tra le due fazioni in gioco, perché si tratta di cose marginali se pensiamo alla nostra vita quotidiana. Ma poi, ripensando tra me e me alle parole ascoltate ai tg e lette sui quotidiani o sui siti Internet, mi è venuta in mente qualche considerazione, che sentivo la necessità di esternare.
Innanzitutto, devo ammettere che il caos liste in vista delle imminenti elezioni di fine mese non mi ha per nulla appassionato. Siamo a meno di venti giorni dalle consultazioni elettorali e ancora non è completamente chiaro se si terranno, se tutte le liste saranno ammesse, se alcune liste dovranno ripresentare le firme: tutti i dubbi del caso sono ancora da sanare e noi siamo alla finestra ad aspettare notizie in questo senso. Ma il problema più grosso riguarda la campagna elettorale: ci rendiamo conto che praticamente non conosciamo uno straccio di programma, una minima proposta, un futuro proposito dei candidati governatori, sindaci o presidenti di provincia? Ci rendiamo conto che quello che doveva essere il periodo della campagna elettorale è stato dominato solo da lotte, spesso intestine, tra ricorsi, TAR, firme false e via dicendo? Da ultima la presidentessa di Confindustria Marcegaglia, questa sera al Tg2, si lamentava di questa insostenibile situazione, in cui il tema del lavoro e dell'occupazione viene relegato in secondo o terzo piano per lasciare spazio a questioni giuridiche che interessano una piccola parte del Paese e non toccano la difficile quotidianità. Tutto questo è normale?
Tutto ciò risulta tanto più anormale se consideriamo che, in nome della par condicio, tutti i programmi di approfondimento politico sono stati soppressi, salvo rare eccezioni - come Otto e mezzo su La7 - che risultano a tratti ridicole se pensiamo che devono compiere acrobazie semantiche per evitare di pronunciare nomi di politici e conseguentemente incorrere in sanzioni. Fa certamente sorridere che alla par condicio, una legge creata ad arte dalla sinistra per limitare il predominio mediatico di Berlusconi e dallo stesso criticata in quanto legge liberticida, ricorra ancora una volta il Presidente del Consiglio che l'ha imposta per la seconda volta in questa legislatura (la prima per le elezioni europee). Ma la beffa è che, come dicevo poc'anzi, non conosciamo alcun programma elettorale perché non sono ancora partite le tribune elettorali. Delle due l'una: o pensate - tutti quanti - di incantarci con qualche bella parola pronunciata la settimana precedente il voto, sperando di raccogliere consensi, o forse converrà occuparsi del reale, della vita di tutti i giorni degli Italiani da cui il 28 e 29 marzo pretendete il voto. Soprattutto non lamentatevi se il tasso di astensionismo a questa tornata elettorale sarà alto, come denunciano già molti sondaggi e come peraltro è facile constatare parlando con la gente: non cominciate ad arrampicarvi sugli specchi, a tirare in ballo motivazioni metafisiche, situazioni particolari di quella o quell'altra regione, difficoltà organizzative non imputabili al partito o cose simili. Piuttosto cercate di ragionare e fare autocritica, ricercando al vostro interno, tra i vostri dirigenti, i motivi profondi dell'astensionismo, del disamore per la politica, che cresce di giorno in giorno.
A dare paglia al fuoco del disinnamoramento degli Italiani per la politica è pure la sfilza di fatti che hanno visto proprio la politica come imputato speciale. Come dimenticarci dei vari casi di corruzione, da Pennisi a Prosperini arrivando fino al caso della Protezione civile, con Balducci osservato speciale, e al caso Telecom-Fastweb? E cosa dire del ddl anticorruzione, varato proprio in seguito a questi fatti, il quale in una prima versione riguardava solo gli amministratori locali e dopo è stato esteso anche ai parlamentari, segno che senza i terribili fatti di corruzione occorsi forse nulla si sarebbe mosso? (A tal proposito resto sempre scettico sulla capacità tutta italiana di varare nuove norme per tamponare un problema, ignari dell'esistenza di leggi precedenti semplicemente da adeguare o semplicemente già vigenti ma non applicate; se tanti reati vengono commessi, forse dipende anche dalla selva di leggi, difficili da applicare, che vantiamo e che non ci decidiamo a ridurre.) E riguardo il decreto legge salva-liste, mi sembra che i fatti parlino da sé: si è rivelato inutile per i listini di Formigoni e Polverini, già riammessi, e inutile per la lista Pdl in provincia di Roma, dal momento che quel decreto non è applicabile al Lazio, in cui la materia elettorale è disciplinata da legge regionale. Quindi, non solo il Pdl ha mostrato incapacità nel presentare le liste, checchè ne abbia detto oggi il presidente Berlusconi, ma anche incapacità nel presentare un dl in grado di produrre effetti.
A poco serviranno le piazze, l'una convocata da Pd e Idv contro il dl salva-liste ratificato dal presidente Napolitano e l'altra dal Pdl per difendere il voto. Anzi, molto probabilmente il centrodestra, che in questa situazione ha commesso troppi sbagli, potrebbe uscirne con le ossa meno rotte del previsto. Perché per il Pd tale manifestazione ha il sapore di una trappola, di un pasticcio: invece di sfruttare il vantaggio concessogli dal centrodestra sostenendo la scelta di Napolitano al fine di sanare l'attuale situazione e potendo così dimostrare di tenere seriamente alle istituzioni, esso si è lanciato in una manifestazione boomerang, dal momento che la stessa sarà contro il governo e inevitabilmente contro il capo dello Stato, che ha firmato e difeso il dl. Come afferma Panebianco, questo "consentirebbe (e ha già consentito) al centrodestra, responsabile del pasticcio, di fare la vittima e di ergersi a difensore del presidente della Repubblica."
Innanzitutto, devo ammettere che il caos liste in vista delle imminenti elezioni di fine mese non mi ha per nulla appassionato. Siamo a meno di venti giorni dalle consultazioni elettorali e ancora non è completamente chiaro se si terranno, se tutte le liste saranno ammesse, se alcune liste dovranno ripresentare le firme: tutti i dubbi del caso sono ancora da sanare e noi siamo alla finestra ad aspettare notizie in questo senso. Ma il problema più grosso riguarda la campagna elettorale: ci rendiamo conto che praticamente non conosciamo uno straccio di programma, una minima proposta, un futuro proposito dei candidati governatori, sindaci o presidenti di provincia? Ci rendiamo conto che quello che doveva essere il periodo della campagna elettorale è stato dominato solo da lotte, spesso intestine, tra ricorsi, TAR, firme false e via dicendo? Da ultima la presidentessa di Confindustria Marcegaglia, questa sera al Tg2, si lamentava di questa insostenibile situazione, in cui il tema del lavoro e dell'occupazione viene relegato in secondo o terzo piano per lasciare spazio a questioni giuridiche che interessano una piccola parte del Paese e non toccano la difficile quotidianità. Tutto questo è normale?
Tutto ciò risulta tanto più anormale se consideriamo che, in nome della par condicio, tutti i programmi di approfondimento politico sono stati soppressi, salvo rare eccezioni - come Otto e mezzo su La7 - che risultano a tratti ridicole se pensiamo che devono compiere acrobazie semantiche per evitare di pronunciare nomi di politici e conseguentemente incorrere in sanzioni. Fa certamente sorridere che alla par condicio, una legge creata ad arte dalla sinistra per limitare il predominio mediatico di Berlusconi e dallo stesso criticata in quanto legge liberticida, ricorra ancora una volta il Presidente del Consiglio che l'ha imposta per la seconda volta in questa legislatura (la prima per le elezioni europee). Ma la beffa è che, come dicevo poc'anzi, non conosciamo alcun programma elettorale perché non sono ancora partite le tribune elettorali. Delle due l'una: o pensate - tutti quanti - di incantarci con qualche bella parola pronunciata la settimana precedente il voto, sperando di raccogliere consensi, o forse converrà occuparsi del reale, della vita di tutti i giorni degli Italiani da cui il 28 e 29 marzo pretendete il voto. Soprattutto non lamentatevi se il tasso di astensionismo a questa tornata elettorale sarà alto, come denunciano già molti sondaggi e come peraltro è facile constatare parlando con la gente: non cominciate ad arrampicarvi sugli specchi, a tirare in ballo motivazioni metafisiche, situazioni particolari di quella o quell'altra regione, difficoltà organizzative non imputabili al partito o cose simili. Piuttosto cercate di ragionare e fare autocritica, ricercando al vostro interno, tra i vostri dirigenti, i motivi profondi dell'astensionismo, del disamore per la politica, che cresce di giorno in giorno.
A dare paglia al fuoco del disinnamoramento degli Italiani per la politica è pure la sfilza di fatti che hanno visto proprio la politica come imputato speciale. Come dimenticarci dei vari casi di corruzione, da Pennisi a Prosperini arrivando fino al caso della Protezione civile, con Balducci osservato speciale, e al caso Telecom-Fastweb? E cosa dire del ddl anticorruzione, varato proprio in seguito a questi fatti, il quale in una prima versione riguardava solo gli amministratori locali e dopo è stato esteso anche ai parlamentari, segno che senza i terribili fatti di corruzione occorsi forse nulla si sarebbe mosso? (A tal proposito resto sempre scettico sulla capacità tutta italiana di varare nuove norme per tamponare un problema, ignari dell'esistenza di leggi precedenti semplicemente da adeguare o semplicemente già vigenti ma non applicate; se tanti reati vengono commessi, forse dipende anche dalla selva di leggi, difficili da applicare, che vantiamo e che non ci decidiamo a ridurre.) E riguardo il decreto legge salva-liste, mi sembra che i fatti parlino da sé: si è rivelato inutile per i listini di Formigoni e Polverini, già riammessi, e inutile per la lista Pdl in provincia di Roma, dal momento che quel decreto non è applicabile al Lazio, in cui la materia elettorale è disciplinata da legge regionale. Quindi, non solo il Pdl ha mostrato incapacità nel presentare le liste, checchè ne abbia detto oggi il presidente Berlusconi, ma anche incapacità nel presentare un dl in grado di produrre effetti.
A poco serviranno le piazze, l'una convocata da Pd e Idv contro il dl salva-liste ratificato dal presidente Napolitano e l'altra dal Pdl per difendere il voto. Anzi, molto probabilmente il centrodestra, che in questa situazione ha commesso troppi sbagli, potrebbe uscirne con le ossa meno rotte del previsto. Perché per il Pd tale manifestazione ha il sapore di una trappola, di un pasticcio: invece di sfruttare il vantaggio concessogli dal centrodestra sostenendo la scelta di Napolitano al fine di sanare l'attuale situazione e potendo così dimostrare di tenere seriamente alle istituzioni, esso si è lanciato in una manifestazione boomerang, dal momento che la stessa sarà contro il governo e inevitabilmente contro il capo dello Stato, che ha firmato e difeso il dl. Come afferma Panebianco, questo "consentirebbe (e ha già consentito) al centrodestra, responsabile del pasticcio, di fare la vittima e di ergersi a difensore del presidente della Repubblica."
Invece bisogna parlarne per cercare di capire come sono andate le cose... non si può violare la legge, non possono violare la legge fregandosene di cosa pensano i cittadini.
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