mercoledì 27 febbraio 2013

NIENTE DA CAPIRE

Chissà cosa ci riserverà il prossimo Parlamento...
Non capisco perché Bersani si è autoconfermato al suo posto. Non capisco perché, con responsabilità, non ha preso atto della pessima figura - perdere quattro milioni non è una pessima figura quando si parte col favore dei pronostici? - e ha annunciato le sue dimissioni, ammettendo chiaramente di non essere stato in grado di polarizzare voti intorno alla sua proposta - quale? - e pertanto che, sentendosi sconfitto, non può continuare ad essere segretario del Pd. Non capisco perché c'è chi è ancora sorpreso dall'affermazione elettorale di Beppe Grillo: quando la politica offre di sé l'immagine più becera e ina, l'antipolitica ovvero il populismo sono i frutti avvelenati che tocca raccogliere: forse che ci siamo dimenticati degli esempi che il Novecento ci ha fornito? Non capisco perché molti non credono al successo di Berlusconi, che, pur perdendo, ha dimostrato di essere un'araba fenice: inizialmente destinato all'oblio, è sceso in campo sparigliando le carte e regalando al Pdl un risultato al di sotto delle più rosee aspettative. Perché sorprendersi? In Italia, i politici di matrice comunista non hanno mai avuto fortuna alle elezioni: D'Alema e Bersani lo evidenziano pienamente e fanno rimpiangere quel Romano Prodi, che detiene il primato, unico, di aver battuto due volte Berlusconi. Non capisco perché non comprendiamo lo stallo che ci hanno consegnato queste elezioni: i vecchi partiti, rinnovatisi solo con cambiamenti cosmetici e per nulla strutturali, hanno attentato seriamente alla pazienza degli Italiani e, pertanto, Grillo ha raccolto questi malumori perché, checché se ne pensi, rappresenta un elemento di novità. Non capisco perché adesso, con la coda tra le gambe, si invoca, soprattutto a sinistra, la mancata discesa in campo di Matteo Renzi, sbeffeggiato da primarie-fantoccio costruite su misura per il segretario Bersani alla ricerca di una legittimazione che neanche le primarie gli hanno veramente dato e capace, comunque, di raccogliere un prezioso 40% prontamente annichilito nelle stanze romane del Pd: non uno dei dirigenti vicini al segretario ha ammesso l'errore di strategia, nessuno di loro ha ventilato l'ipotesi che la sconfitta è figlia di quella mancata voglia di cambiamento, al quale sono state tarpate le ali durante le primarie. Non capisco il perché tutto ciò. Provo a meditare, forse non c'è niente da capire.

martedì 26 febbraio 2013

LA COLLINA DEL VENTO


La collina del vento

Carmine Abate

Mondadori 

€ 17,50

La verità è che i luoghi esigono fedeltà assoluta come degli amanti gelosi: se li abbandoni, prima o poi si fanno vivi per ricattarti con la storia segreta che ti lega a loro; se li tradisci, la liberano nel vento, sicuri che ti raggiungerà ovunque, anche in capo al mondo.

Carmine Abate con il Premio Campiello
Il Rossarco, una collina non lontana dal mar Jonio, racchiude tutta la storia della famiglia Arcuri, una storia lunga un secolo e tre generazioni fino a Rino, che ne tira le fila: la collina non esce per un secondo dal racconto, il vento che, a volte la accarezza, a volte la spazza, fa circolare un'enorme quantità di profumi, tra olivi secolari e lecci, mentre le sulle la colorano di rosso. Da qui, probabilmente il nome, Rossarco, altura altrimenti enigmatica, densa di storia e molto fertile, come testimoniato dal caparbio patriarca Alberto, che lì si stabilisce e trascorre tutta la sua vita. Quando il professor Paolo Orsi, un celebre archeologo, la raggiunge, intenzionato a cercare i resti della mitica città di Krimisa ormai sepolta, la vita degli Arcuri viene sconvolta: la prepotenza del potere e di chi non ha rispetto e memoria è fermamente combattuta dalla famiglia, per la quale la collina è un simbolo inalienabile e insostituibile, dalla quale non ci si può staccare, mai. 

mercoledì 20 febbraio 2013

FERMIAMO IL DECLINO

Oscar Giannino, ex presidente di Fare per fermare il declino
È la principale notizia di giornata: Oscar Giannino si è dimesso irrevocabilmente dalla presidenza di Fare per fermare il declino, il movimento fattosi partito di cui è stato promotore. Il motivo? "Balle inoffensive ma gravi".
Luigi Zingales, a sinistra, e Oscar Giannino, a destra
Così, anche il candidato che più di tutti poteva rappresentare la novità - più di Beppe Grillo e più di Ingroia - cade su un terreno che ha minato egli stesso con alcune balle, non so se "inoffensive" - se si mente a qualcuno, lo si offende? - ma certamente "gravi". A spiegarlo sembra poca roba: Giannino - o chi per lui - ha truccato il proprio curriculum vitae ovvero ha millantato due lauree, una in Economia e una in Giurisprudenza, e un master in Corporate Finance e Public Finance alla Chicago Booth School of Business. Ma nessuno dei suddetti titoli accademici è mai stato conseguito: "ho fatto giusto qualche esame a legge. Quello che so l'ho imparato per i fatti miei. D'altra parte, sono da decenni giornalista, non ho mai usato presunti titoli accademici, che non ho, per carriere che non mi competono". E chi è stato il "delatore"?

lunedì 11 febbraio 2013

L'ITALIA S'È RIDESTA


L'Italia s'è ridesta
Viaggio nel paese che resiste e rinasce

Aldo Cazzullo

Mondadori

€ 15,90

L’Italia oggi è spaventata, di cattivo umore, impaurita dal futuro. Invece sono convinto che l’Italia abbia davanti a sé una grande occasione di ripresa e di sviluppo. Una chance di rinascita, una nuova stagione.


Alla sua maniera, Aldo Cazzullo torna a parlare del Belpaese. E lo fa con un viaggio in alcune città - per lui emblematiche in questo periodo storico - accompagnato dal taccuino e dalle telecamere di CorriereTv. Il risultato è l'affresco di un Paese alle prese con la crisi - e di questo ci siamo resi ben conto - capace di tirare fuori il meglio di sé per rispondere alle avversità e rilanciarsi in un mondo in costante accelerazione. Non che le nostre città non abbiano difetti o cose da cambiare o punti da migliorare: questi ci sono, Cazzullo li mette in luce - dagli sprechi del comune di Palermo alla questione mal gestita dell'alluvione a Genova, dalle difficoltà d'insediamento del sindaco Pizzarotti a Parma alla tragedia del Monte dei Paschi di Siena - e da qui partono molte riflessioni su come cambiare, evolversi, riscattarsi. Cazzullo dipinge un quadro in parte già noto, che vede l'Italia come una terra piena di enormi risorse e di indicibili ricchezze, che tuttavia rimangono sottoutilizzate quando non ignorate.
Aldo Cazzullo
Già dopo i primi capitoli, si scopre che il giornalista sta guidando il lettore in un viaggio per l'Italia ai tempi della crisi, al termine del quale si può uscire più ottimisti. Per chi conosce Cazzullo, questo è noto: invidiabile l'ottimismo che prorompe dai suoi racconti di inviato, un ottimismo quasi mai retorico e utopistico, un ottimismo che fa i conti con fortune e difficoltà raccontate dalla gente, un ottimismo che esce rafforzato dalle conversazioni con gli Italiani pronti a dannarsi per il loro traguardo, resistendo e rinascendo. Perché - a ben pensarci - il mondo globale, che molti considerano una sciagura, è una grande opportunità per un Paese come l'Italia, cui si chiede di esportare le fortune che non si possono imitare: la bellezza, l’arte, il design, la creatività, la qualità della vita, la cultura del progetto e del prodotto. Il mondo di domani, nel quale dobbiamo cominciare a considerare la Cina (terzo partner commerciale dell'Italia), l’India e il Brasile, è pieno di consumatori che vogliono comprare i nostri prodotti, vestirsi come noi, vivere come noi. 
Non pensiamo a questo libro come un'opera consolatoria, un trattato di autocommiserazione con il quale piangerci addosso e aspettare la manna dal cielo per rinascere. Cazzullo regala pagine graffianti, nelle quali denuncia scandali, critica cattive abitudini e ritrae discutibili personaggi. Ovunque, però, scopre storie di successo, rintraccia motivi di speranza e scorge segnali di un grande potenziale di sviluppo: a cominciare dall’Emilia e dall’Aquila colpite dal terremoto. Con il suo giornalismo d'inchiesta, Cazzullo racconta fatti veri e vivi, che sgorgano dal dialogo con le persone, dal confronto vero con le piccole realtà dei campanili che costituiscono l'Italia. Dopo il racconto, il giornalista conclude con il catalogo delle cose da fare, iniziando dalla più importante, l'unica che ancora ci manca: la fiducia in noi stessi ci serve per il salto di qualità, dobbiamo essere consapevoli di chi siamo e di quel che possiamo fare, credere profondamente in noi stessi e nel nostro Paese.

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