domenica 18 aprile 2010

ACCIAIO

Acciaio

Silvia Avallone

Rizzoli romanzo

€ 18

Anna e Francesca: un'amicizia inseparabile, amiche del cuore, nate e cresciute insieme, conoscono ogni centimetro e ogni pensiero l'una dell'altra. Una periferia operaia, via Stalingrado a Piombino, casermoni cupi e tristi. Se l'adolescenza è cosa dura, qui lo è molto di più: lo stridente contrasto tra il grigiore del quartiere operaio in cui abitano i lavoratori della Lucchini e l'isola d'Elba, l'antica Ilva, dove i benestanti milanesi vanno a trascorrere ricche vacanze, è il Leitmotiv della vita dei protagonisti. Anna e Francesca devono fare i conti innanzitutto con i rispettivi padri, un buono a nulla che improvvisamente abbandona la casa e la famiglia e fa perdere le tracce di sé e un operaio che, finito il turno in acciaieria, regna in casa, schiavizzando moglie e figlia, un uomo insoddisfatto e violento che non risparmia le maniere forti nei confronti delle due donne di casa. E poi devono misurarsi quotidianamente con il contesto in cui vivono, grigio, soffocante, incapace di arricchirti: le giornate si dividono tra la spiaggia, il cortile denso di ricordi d'infanzia, il pattinodromo o il bar. Poi, un giorno arriva l'amore, le certezze che si credevano solide cedono e l'amicizia finisce.

Questo è solo un assaggio di Acciaio, il primo romanzo di Silvia Avallone, biellese di nascita e bolognese d'adozione. Classe 1984, già nota per altre opere, con Acciaio è finalista del premio Strega. Raccontando in una maniera molto coinvolgente il calvario dell'adolescenza a via Stalingrado, l'Avallone ci racconta in realtà le difficoltà, le crisi, i travagli e le gioie degli adolescenti; pennella i contorni e descrive con dovizia di particolari uno spaccato di vita quotidiana, in particolar modo quella della classe operaia alle prese con una vita dura e con i figli nel periodo più intenso della loro vita; dà luce, senza calcare la mano, al rapporto tra datore di lavoro, dipendenti e sindacati, spesso in tensione; fa emergere, quasi come un grido, la pesantezza e la noia del lavoro ripetitivo e stressante quale quello dell'acciaieria; gira, incrociando i fili delle varie storie, il film di un'adolescenza faticosa, tormentata, mai vissuta a pieno, arresa dinanzi alla realtà dei fatti, dove anche i legami più forti soccombono, si spezzano e forse si riannoderanno. Sempre con un occhio all'orizzonte: a quell'isola d'Elba, bella e irraggiungibile, che appare come un Paradiso, l'unica via d'uscita da un'esistenza senza senso.

sabato 17 aprile 2010

L'ULTIMO SALUTO A RAIMONDO


Una chiesa affollata, com'era prevedibile, da gente comune, autorità istituzionali e colleghi: una grande folla si è stretta intorno a Sandra, che per tutta la celebrazione è stata vicina a Raimondo, l'ultimo abbraccio ideale con il compagno di una vita, confortata dagli abbracci dei nipoti e del presidente Berlusconi. Una donna consumata in profondità dal dolore, dalla mancanza di una colonna importante con cui ha condiviso cinquant'anni di successi e difficoltà. Scena toccante, atmosfera pesante, di profonda tristezza, di grandissima malinconia, ricordando un gentiluomo che se ne va, che ci abbandona, privandoci del sorriso che ci ha regalato fino a poco tempo fa. Anche il monsignore che ha officiato messa, ha rimarcato tra le mille virtù di Raimondo la capacità di far "ridere e sorridere", l'ironia e soprattutto l'autoironia. Se uno pensa a Raimondo non può prescindere dal ripensare al sorriso che sapeva destare con semplicità, senza volgarità.

Ci mancherai tantissimo!

venerdì 16 aprile 2010

CIAO RAIMONDO!


Ciao Raimondo!

Con te se ne va un altro pezzo pregiato della nostra televisione, di quella genuina, innovativa e divertente che oggi è rara da trovare; quell'eleganza che ti ha sempre contraddistinto; l'essere il gentiluomo della tv italiana; quel sarcasmo e quello humour tipicamente inglese che ti hanno fatto amare; quell'esempio di grande uomo e grande marito durato per decenni, accanto ad una compagna con cui hai condiviso la vita privata e il lavoro, vivendo sempre in maniera trasparente e leggera l'una e l'altro; se ne vanno quelle impagabili gag di cui tu e Sandra siete stati gli inventori e che tante coppie della tv hanno ripreso in varie salse: la gag della camera da letto di Casa Vianello, tu da una parte a leggere la Gazzetta, Sandra dall'altra a lamentarsi di una vita piatta e noiosa ("Che barba che noia, che noia che barba") e a scalciare spostando le coperte; con la tua dipartita piange un po' anche lo sport, di cui tu eri innamorato, e il calcio in particolare: con Pressing, dal 1991 al 1999, hai un grandissimo successo e per cinque volte conquisti il riconoscimento della Gazzetta dello Sport di “conduttore sportivo dell’anno”; senza dimenticare il calcio giocato: a te si era interessato anche il Palermo (“Nel 1946 era in B e mi offrì 30.000 lire al mese, più di quello che guadagnavo a teatro”) e dicevi di essere "una specie di Johann Cruyff" e ancora a 76 anni hai giocato un Derby del Cuore segnando su rigore: mitico Raimondo.
Ciao Raimondo, ci mancherai tantissimo, ci mancherà non poter più ridere delle tue battute, non poter più ammirare un grande presentatore; e mancherai tantissimo a Sandra, tua compagna di vita e moglie instancabile. Una volta hai detto: “l’umorismo è scoprire il ridicolo anche nella morte”; tu, a ben guardare, direi che ci sei proprio riuscito.



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