giovedì 4 luglio 2013

LA LUCINA


La lucina

Antonio Moresco

Mondadori (collana Libellule)

€ 10
Sono venuto qui per sparire, in questo borgo antico abbandonato e deserto di cui sono l’unico abitante. (...) Guardo il mondo che sta per essere inghiottito dal buio.

Lo ammetto senza vergogna: non conoscevo Antonio Moresco prima di leggere l'ultimo suo libro, La lucina. Devo, quindi, ringraziare di cuore Luisella, cui ho "rubato" il libro nella libreria Il Parnaso che gestisce a Ponteranica (BG): il passaggio in libreria è stata l'occasione per riabbracciare una splendida persona, persa di vista quasi quindici anni fa, ed immergermi in quell'atmosfera libresca che tanto mi piace.
La lucina è, per stessa ammissione dell'autore, un testamento, una scatola nera "scaturita da una zona molto profonda della mia vita": tale appare anche ai miei occhi, che riescono a cogliere tra le righe tracce autobiografiche del racconto di una vita difficile, che porta continuamente a meditare e a confrontarsi con la natura circostante. Il romanzo è costruito intorno alla figura di un uomo, che vive in un vecchio borgo disabitato, in totale solitudine; tutte le sere, ad incuriosirlo, c'è una lucina, che compare puntualmente sulla collina dinanzi alla casa di pietra che ospita la voce narrante. Cos'è questa lucina? Un lampione? Un corto circuito elettrico? Un UFO? Niente di tutto questo: quella lucina proviene da una piccola casa, abitata da un bambino, che vive anch'egli solo, badando completamente a se stesso e alla propria esistenza. Proprio a questo punto, la mente dell'uomo è affollata da nuove domande sull'identità del bambino e sul rapporto che li lega. Questo è il nucleo del romanzo, che nasconde una storia terribile e al tempo stesso stupefacente, metafora della vita. La solitudine costringe l'uomo a misurarsi con la natura, non sempre amica dell'uomo, e tale impresa è simbolizzata al meglio dalla salita perigliosa dell'uomo sul crinale per raggiungere la casa del bambino, da cui brilla la lucina. Il rapporto di tacita comprensione che si stabilisce tra i due è raccontato lentamente, proprio così come lentamente cresce e matura. Non c'è bisogno di tante parole, probabilmente la condivisione del silenzio basta a riempire il vuoto di un’esistenza, profondo come il burrone che separa le due montagne su cui abitano.
Il mistero non è del tutto svelato; lo si comprende davvero solo alla fine, con non poca amarezza nel cuore, come una fiaba senza lieto fine. Moresco, in fin dei conti, esplora, pur con un'abile poeticità e un fine romanticismo di fondo, il mondo della morte, ma lo fa in maniera delicata e commovente: così come s'addentra nella casa del bambino in punta di piedi, ne esce con una verità sconcertante. Anziché ricorrere a figure truculente, lo scrittore decide di soffermarsi sulla morte utilizzando lo strumento dell'introspezione: attraverso il bambino, l'uomo ripercorre il dolore e l'angoscia di chi è già andato, condividendo con lui il senso d'impotenza che il triste passaggio della morte porta con sé.

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