E così, anche la Sardegna è andata al Pdl. Non senza qualche dubbio, almeno inizialmente. Dubbio dettato dal fatto che il candidato Cappellacci è stato una creatura di Berlusconi ("Ha scelto il candidato e per dote gli ha dato se stesso: il suo simbolo, il suo volto, il suo nome e la sua voce" affermava Verderami sabato scorso sul Corriere). Il quale però ha dimostrato, per l'ennesima volta, la sua vera potenza politica: ha replicato la scelta di Cappellacci dopo quella di Chiodi in Abruzzo, anche quest'ultimo un uomo fuori dagli schieramenti consueti, che ha riportato la vittoria.
E pertanto il problema politico ora si pone: di fronte ad una Lega troppo forte, sempre pronta a chiedere posti, spesso anche importanti, è sceso in campo Berlusconi stesso a cercare di calmare gli animi. Riuscendoci, direi. E con la sicurezza e il nerbo del politico navigato, ha dimostrato, ancora una volta - se ancora se ne sentiva il bisogno - che l'uomo forte del centrodestra è lui: è grazie a lui se nel Pdl non si assiste ai molti mal di pancia che affliggono il Pd, è grazie a lui, insomma, se la navigazione del Pdl è abbastanza tranquilla. Ma il problema politico si pone anche per gli altri alleati: guai a chi metterà in dubbio i candidati di Berlusconi alle Amministrative, rivelatisi sempre vincenti. Una brutta gatta da pelare, per tutto il centrodestra, che sicuramente si troverà a discutere sugli equilibri interni, in vista delle prossime elezioni amministrative ed europee.
Il Pd, invece, esce nuovamente con le ossa a pezzi da questa competizione: nuovamente il candidato appoggiato da Veltroni frana sotto i colpi del centrodestra. Segno tangibile, come è successo in Abruzzo, di un male politico su cui il Pd non ha saputo riflettere, trovando adeguate soluzioni. E questo, a mio avviso, è molto grave: se il Pd non vince a livello locale, è semplicemente perchè troppe sono le beghe che gli amministratori di Comuni e Province devono risolvere, sia all'interno del Pd sia con gli alleati. E, molto probabilmente, figlia di questa incapacità di vincere è anche la profonda divisione a livello nazionale, con un Veltroni che ogni giorno è sempre più debole, lavorato ai fianchi dagli ex Ds che reclamano un cambio di rotta e dagli ex Dl che si lamentano per la mancanza di peso che hanno dentro il partito. E, quindi, un partito diviso a livello nazionale paga a caro prezzo questi litigi con le divisioni a livello locale, le quali conducono a sconfitte, spesso brucianti, nel corso delle consultazioni elettorali.
Il Pd, invece, esce nuovamente con le ossa a pezzi da questa competizione: nuovamente il candidato appoggiato da Veltroni frana sotto i colpi del centrodestra. Segno tangibile, come è successo in Abruzzo, di un male politico su cui il Pd non ha saputo riflettere, trovando adeguate soluzioni. E questo, a mio avviso, è molto grave: se il Pd non vince a livello locale, è semplicemente perchè troppe sono le beghe che gli amministratori di Comuni e Province devono risolvere, sia all'interno del Pd sia con gli alleati. E, molto probabilmente, figlia di questa incapacità di vincere è anche la profonda divisione a livello nazionale, con un Veltroni che ogni giorno è sempre più debole, lavorato ai fianchi dagli ex Ds che reclamano un cambio di rotta e dagli ex Dl che si lamentano per la mancanza di peso che hanno dentro il partito. E, quindi, un partito diviso a livello nazionale paga a caro prezzo questi litigi con le divisioni a livello locale, le quali conducono a sconfitte, spesso brucianti, nel corso delle consultazioni elettorali.
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