domenica 28 settembre 2008

CRIMINI BIANCHI: FICTION POCO VERITIERA

In una serata senza svaghi, mercoledì ho colto l’occasione per vedere qualcosa in tv; casualmente mi sono soffermato su Canale 5, dove è in onda la serie “Crimini bianchi”, di cui peraltro avevo sentito parlare nei giorni precedenti al Tg5 e su alcuni giornali. Fin da subito, a pelle – come si suol dire – non ne ero rimasto per niente attratto, non avrei mai pensato di vederla.
Poi, complice anche un palinsesto televisivo non certo esaltante, ho deciso di provare a guardare la prima puntata della serie, sperando di cambiare il giudizio. E invece niente: tutto come pensavo, tutto come previsto.
La puntata inizia fissandosi subito sui tre protagonisti principali: il cardiochirurgo, un suo assistente e un avvocato, tutti e tre amici. Poi la scena si sposta sui due medici che, al termine del turno, in giro per la campagna romana per provare la nuova vettura del cardiochirurgo, rimangono vittime di un incidente (provocato dalla disattenzione del conducente), da cui escono piuttosto malconci. Portati in ospedale, ricevono le cure del caso; tuttavia il cardiochirurgo riesce a salvarsi, anche se perderà l’uso della mano destra e non potrà più operare, mentre il suo assistente, a causa di una sutura dell’arteria femorale erroneamente effettuata (come si scoprirà in seguito), perderà la vita. Da questo episodio comincia la vera storia della serie: il cardiochirurgo è convinto che il suo amico non sia morto per l’incidente, ma per una negligenza medica e comincia ad investigare alla ricerca dell’errore, coinvolgendo l’amico avvocato e una collega, compagna del collega deceduto. Insieme fondano un’associazione per la difesa dei diritti del malato, il cui compito è quello di indagare su casi di malasanità ed ottenere risarcimenti per i familiari.
Fin qui il racconto sommario della trama della prima puntata e, praticamente, delle seguenti puntate, che immagino si muoveranno sulla stessa falsariga. Ma ora ciò che più mi preme è mettere in luce il messaggio sbagliato che questo sceneggiato dà a tutti i telespettatori, potenzialmente vittime della malasanità.
Purtroppo per noi, tardi o tosto, ci tocca rimetterci nelle mani di un medico, cui affidiamo totalmente la nostra salute, sicuri che egli riuscirà a trovare la soluzione alla nostra malattia; il paziente ripone la massima fiducia nel medico perché sa che solo lui può aiutarlo. Può capitare, talvolta, che il medico, essendo umano, commetta un errore. È bene sottolineare come questo sia un evento talora possibile, cui però il medico può rimediare, riconoscendo onestamente l’errore. Forse il paziente prenderà male l’ammissione dell’errore del medico e rimetterà in discussione la fiducia che in lui aveva riposto; ma così facendo anche il paziente sbaglia, in quanto ignora che il medico è prima di tutto un uomo. Probabilmente per questa serie di fatti, molto spesso il medico cerca di nascondere l’errore per non innescare il circolo vizioso di cui sopra.
Dopo questa digressione sul rapporto medico-paziente, non posso non notare come la serie “Crimini bianchi” sia foriera di ambiguità e false credenze. Non si può insistere per varie puntate a mostrare una serie di errori medici sui quali ricamare tante belle frasi retoriche, non si rende un buon servizio né ai pazienti né ai medici. A guardare la serie, pare che in quell’ospedale ci siano solo medici incompetenti, per di più molti di questi sono anche professori e perciò si alimenta nella pubblica opinione il pensiero che essi siano arrivati a ricoprire cariche così importanti solo per via di raccomandazioni politiche o chissà quali altre strade. Mentre dall’altra parte c’è il cardiochirurgo, osannato da tutti come il miglior medico, che fa il maestro nei confronti di colleghi spesso più anziani di lui, come se egli fosse infallibile: non c’è nulla di più sbagliato e pericoloso in medicina che proclamare la propria infallibilità. Un’altra cosa che mi ha molto colpito è il modo di far notare gli errori ai medici: succede sempre quando questi sono a colloquio con i parenti del malato, mettendoli così in una posizione imbarazzante e umiliante. Ma questo è ingeneroso, mostra un’immagine di viltà e di bieco opportunismo invece che di eroismo, come può e come si tenta di far apparire.
Badate bene che, con queste parole, non ho la minima intenzione di assolvere nessuno: chiunque sbagli deve pagare, funziona così in tutti i campi lavorativi e così deve funzionare soprattutto in campo medico, dove si ha a che fare con la vita delle persone e non si gioca mai. Però – converrete con me – che è certamente sbagliato mostrare questa immagine dei medici, persone che per tutta una vita si spendono per tante ore al giorno per garantire ai propri malati di tornare nuovamente in salute. Perché la professione medica è prima di tutto un’arte, alla quale ci si dà per passione, per spirito di abnegazione, per amore nei confronti delle persone meno fortunate di noi. E non certo per i soldi: i soldi non hanno mai fatto felice nessuno, tanto meno un medico che sa di averli intascati compiendo un errore madornale sulla pelle di un paziente. Perché il rimorso che ci si porta dentro è indicibile.
Confido quindi che tante delle persone che hanno visto e continueranno a vedere la fiction non si facciano influenzare più di tanto dai messaggi che essa trasmette e che invece li valutino con le dovute precauzioni.

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