giovedì 28 marzo 2013

DIFFICILE FAR PEGGIO

Il segretario Pd, Pierluigi Bersani
Penoso spettacolo. D'altronde cos'altro potevamo aspettarci? L'onorevole Bersani ha tirato in lungo per un'altra settimana nascondendosi come un bambino dietro consultazioni, il cui esito era noto già prima di cominciare. Il risultato finale è lo stallo totale, che danneggia tutto il Paese. Bersani si presenta ai giornalisti dicendo che l'esito delle consultazioni non è stato risolutivo - grazie, ma l'avevamo capito ancor prima che cominciassero - e lo fa con quel disappunto e quell'insoddisfazione che investono colui che è deluso per il pessimo risultato personale e non con quell'arrabbiatura e quella preoccupazione di aver lasciato il proprio Paese, tanto amato e decantato in campagna elettorale, in mezzo al guado, preda dei mercati finanziari e dei pericoli che offre l'assenza di un governo. Questo mi indigna, questo mi fa profonda rabbia, questo mi preoccupa: il Pd, per non dare contro il proprio segretario, nonostante egli sia stato incapace di formare un governo, specifica in una nota che che Bersani non ha rinunciato all'incarico. E cosa aspetta? Non ha rinunciato al mandato esplorativo pur sapendo sarebbe finito in un nulla di fatto. Ma ora, che cosa deve ancora valutare? Cos'altro deve succedere? Vuole proprio un calcio nel deretano per andarsene?
Un segretario senza carisma, proveniente dal vecchio PCI (nonostante le evoluzioni successive, è nato e cresciuto dentro il vecchio Partito comunista), sedicente riformista - ma dove?-, capace di parlare ad un'assemblea di partito o in conferenza stampa come parlerebbero i vecchi del Bar Sport della partita della domenica o dei fatti di politica attingendo dal giornale - con tutto il rispetto dei vecchi del Bar Sport che spesso superano il segretario Pd almeno in originalità -, che ha cercato l'acclamazione personale attraverso primarie sapientemente e manifestamente pilotate, abile nel disperdere milioni di voto durante la campagna elettorale, rianimatore di un Berlusconi dato per morto e attualmente risorto e tornato a nuova vita; insomma, un soggetto del genere non meritava l'incarico di Napolitano. E se fosse stato più saggio, manco lo avrebbe accettato, viste le impraticabili condizioni. Tanto più che, all'indomani delle elezioni, ha avuto il becco di dire che non aveva perso - perché non prende lezioni da Renzi ascoltando la conferenza stampa di fine primarie? - e in tutti questi giorni non ha avuto il minimo dubbio di dimettersi da segretario del partito, non essendo riuscito a raggiungere l'obiettivo prefissato, che appariva molto facile. Dimettersi non è frequente in Italia, figurarsi ammettere una sconfitta: sforzandomi per ricordare un gesto del genere, devo ritornare a Walter Veltroni, che, vituperato per i suoi difetti, ha avuto il pregio di dimettersi nel febbraio 2009 (un anno dopo aver perso le elezioni politiche) in seguito alla clamorosa sconfitta elettorale delle regionali della Sardegna. Bersani, purtroppo per lui e per il partito, non ha questa classe e, profondamente piccato dalla sconfitta inaspettata, tiene calda la sedia conquistata e non vuole proprio lasciarla. 
Questo è il politico che tiene all'Italia e che ha a cuore gli interessi degli Italiani?

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