domenica 9 settembre 2007

V-DAY: LUCI E OMBRE

Nonostante la scarsa copertura mediatica, il V-Day ha avuto un buon seguito, considerando i 30 mila in Piazza Maggiore a Bologna (100 mila secondo gli organizzatori) e i 300 mila che hanno firmato la proposta di legge di iniziativa popolare contro la presenza nel Parlamento di chi ha una condanna passata in giudicato o ha patteggiato una pena e contro l'elezione per più di due legislature.
Non sono mancate le accuse di populismo e deriva qualunquista da parte del ceto politico; certo, di primo acchito, può venire naturale parlare così, mentre credo sia maggiormente utile una riflessione più ampia su manifestazioni di questo genere. Non dimentichiamo che fino a qualche settimana fa non facevamo altro che parlare di antipolitica e questa è una ennesima dimostrazione di quel sentimento di allontanamento della gente dalla politica, che ormai è diventata una casta. Dovrebbe essere un gesto naturale l'esclusione di persone condannate in via definitiva dalle istituzioni, tutte, a partire dal Parlamento per arrivare fino ai Comuni: non è tollerabile che chi governa, a vari livelli, possa avere la fedina penale sporca di reati contro la Pubblica Amministrazione, in particolare, ma non solo. Quale sicurezza infonde al cittadino, che vi si affida affinché lo rappresenti?
Non appare invece essere un gesto naturale l'esclusione tant'è che oggi siedono in Parlamento condannati in via definitiva senza che questo desti grande scalpore (vogliamo ricordare quanto tempo il Parlamento ha impiegato per far decadere Previti dal suo incarico?), mentre viene naturale rinchiudersi in sé stessi e difendersi dalla realtà dei fatti.
E' curioso ricordare che gli unici due politici che hanno sostenuto il V-Day sono stati Pecoraro Scanio e Antonio Di Pietro, il quale recentemente, prendendo spunto da una foto scattata con un indagato (si tratta di Maurizio Feraudo, capogruppo Idv al consiglio regionale calabrese) in occasione di un pubblico confronto, si è complimentato con il Corriere per aver segnalato l'incongruenza e ha invitato i politici a impegnarsi di più nel "verificare chi ci sta intorno". "E' inutile lamentarsi del danno d'immagine che riceviamo: la colpa non è di chi denuncia il fatto (...) ma di chi lo commette (...) e di chi non ha avuto l'accortezza di impedirlo".

Al di là di tale importante aspetto, un'ombra scura è stata gettata sulla manifestazione da una frase ingiuriosa nei confronti del giuslavorista ucciso dalle Br Marco Biagi, frase "comparsa in un video", come afferma l'assessore bolognese Libero Mancuso. Nel corso della manifestazione, Grillo ha fatto riferimento alle leggi Treu e Biagi, colpevoli a suo dire di avere introdotto in Italia il precariato.
A parte il fatto che Grillo e gli altri manifestanti probabilmente non sono a conoscenza dei dati in proposito (si vedano Ichino, Boeri e il sito lavoce.info), la cosa sicuramente più sgradevole è tirare in ballo Biagi, barbaramente ucciso dalle Br, e ingiuriarlo, in quanto reo - sempre secondo Grillo - della precarietà presente in Italia. Di questo bisogna solo vergognarsi!!!

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