giovedì 30 settembre 2010

IL FEDERALISMO FISCALE


Il federalismo fiscale

Gianluigi Bizioli


Rubbettino

€ 9

Quante volte abbiamo sentito nominare il federalismo fiscale? E quante volte ci siamo chiesti cosa voglia dire? O magari abbiamo capito il senso generale dell'espressione, tenendo fede a quanto il politico di turno ci dice a tal proposito. In realtà, non conosciamo il senso vero dell'espressione, non ne conosciamo l'essenza, né l'effettivo funzionamento. Ecco che allora Il federalismo fiscale, di Gianluigi Bizioli, può fare al caso nostro: un libro agile, scritto in maniera chiara, che in meno di cento pagine riesce a condensare i concetti fondamentali che stanno alla base del federalismo fiscale.




Si parte, innanzitutto, dalla definizione di federalismo fiscale, riguardo la quale i risultati sono "insoddisfacenti perché assolutamente generici" e perciò "non si può andare oltre la traduzione di federalismo fiscale con decentramento dei poteri di spesa e di entrata a favore delle istituzioni territoriali"; inoltre si dovrebbe parlare di "federalismi fiscali", dal momento che le esperienze sono tante e varie e non è sempre possibile unificarle. Per capire come funziona un sistema federale vero, non si può prescindere dall'analisi di almeno due modelli. Il primo è rintracciabile nel modello statunitense o svizzero, entrambi accomunati da due livelli indipendenti di tassazione: federale e statale; gli Stati, negli USA, o i Cantoni, in Svizzera, dal punto di vista fiscale sono liberi, fatta salva l' imposizione federale: è indubbio che questo funge da leva per la competizione fra i vari Stati o i Cantoni. Il secondo modello è esemplificato dalla Germania: l'imposizione sul reddito è uguale in tutti i Länder, ma diversa è la distribuzione delle risorse; pertanto, le imposte riscosse vengono distribuite in base alla capacità fiscale del territorio, cioè la ricchezza prodotta. Tuttavia, i Länder hanno poca capacità impositiva, potendo incidere solo su un' imposta assimilabile alla nostra Irap. Dall'analisi di tali modelli, derivano alcune considerazioni; innanzitutto, non si può definire un sistema federale senza considerare i modelli di finanziamento delle istituzioni locali. In secondo luogo, "i caratteri determinanti sono le garanzie di tipo sostanziale e procedimentale"; la prima si identifica in una ripartizione della "potestà tributaria" fissata dalla Costituzione, mentre la seconda è rappresentata dal luogo politico rappresentante gli interessi territoriali. In questo modo, nascono i due modelli: "competitivo o duale" come quello degli USA, in cui è centrale la capacità delle istituzioni territoriali di reperire risorse attraverso i tributi e raggiungere perciò l'autonomia rispetto alla federazione; e "cooperativo", come quello tedesco, in cui la potestà tributaria è perlopiù accentrata e il finanziamento delle istituzioni territoriali avviene attraverso la "compartecipazione ai tributi federali secondo il principio che ciò che è pagato nel territorio resta al territorio."
Il secondo capitolo viene dedicato a studiare il federalismo in duplice prospettiva, quella costituzionale e quella europea, dal momento che competenze in origine statali si spostano in parte verso l'alto, cioè verso l'Unione europea, come accade per le decisioni in materia economica e finanziaria, e in parte verso il basso, cioè verso le istituzioni territoriali, come si verifica per tutte le prestazioni essenziali per l'individuo. Il problema più grande evidenziato da Bizioli riguarda i contenuti, dal momento che "il legislatore della riforma del Titolo V non ha disegnato un sistema di rapporti finanziari centro-periferia univoco e definito", da cui derivano almeno due conseguenze: la prima è l'avere un "sistema regionale differenziato" tra autonomie speciale ed ordinaria, la seconda è l'aver demandato l'attuazione dell'autonomia di entrata e di spesa alle istituzioni territoriali al legislatore ordinario, sostanzialmente facendo scegliere il Parlamento. Inoltre, rileva ancora Bizioli, "le garanzie costituzionali poste a tutela dell'autonomia finanziaria sono deboli e manca una Camera delle Regioni rappresentativa degli interessi delle istituzioni territoriali." Il punto positivo del nuovo Titolo V è senz'altro quello relativo alla razionalizzazione delle fonti di finanziamento della spesa pubblica regionale e locale.
Infine, arrivando all'oggi, al terzo capitolo si parla della legge delega in materia di federalismo fiscale e delle sue innovazioni. Ad esempio, il finanziamento delle funzioni delle regioni e degli enti locali avviene attraverso l'abbandono della spesa storica (ossia gli enti locali ricevono risorse sulla base di quanto hanno speso l'anno precedente) e il passaggio al fabbisogno standard stabilito dallo Stato. E' sotto gli occhi di tutti che la spesa storica ha permesso un uso inefficiente delle risorse e, nonostante il divario delle risorse tra Nord e Sud, le differenze qualitative non si sono appianate; ecco perché la legge delega ha previsto due nuovi criteri di finanziamento: "le spese delle Regioni riferibili alle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e le spese degli enti locali derivanti dall'esercizio delle funzioni fondamentali saranno finanziate integralmente in ragione del fabbisogno standard, mentre tutte le altre spese in relazione alla capacità fiscale per abitante." Altro aspetto toccato nel capitolo è la finanza regionale e degli enti locali, che si servirà di tre strumenti: tributi propri derivati, regolati istituiti e regolati dallo Stato ma il cui gettito è attribuito alle Regioni; le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; i tributi propri istituiti dalle Regioni, le quali non potranno imporre tributi su fatti economici già tassati dallo Stato.
Potete ben capire, leggendo questa recensione, che, nonostante alcuni piccoli richiami tecnici, il libro è un utile strumento per cercare di capire cos'è effettivamente il federalismo, come e quanto funziona e quali prospettive potrà assicurare al Paese quando verrà applicato. Il dato fondamentale che si può portare a casa è che non si ha federalismo laddove la periferia non abbia la libertà di stabilire tributi per finanziarsi, mentre al centro vengono attribuite solo quelle competenze che la federazione, ossia una comunità unita da un patto, decide di attribuire all'organizzazione comune.

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