venerdì 8 giugno 2012

STORIA DI UNA (CASUALE) CRASI

Chi mai l'avrebbe pensato che da una cena nascesse una crasi? Chi mai avrebbe immaginato che dalle briciole di un pasto potesse sorgere un nuovo vocabolo, che da una casuale crasi, dallo scontro di due innocenti parole, delicato come la caduta delle briciole in un lavandino, si potesse generare una nuova creatura?
Tutto parte quel lunedì sera, epilogo di una lunga ed impegnativa giornata lavorativa e/o di studio - a seconda dei punti di vista - come spesso capita ad inizio settimana quando si hanno da sistemare gli arretrati o i guai del fine settimana. Dopo i convenevoli, sopraffatti dalla fame, ci mettiamo a preparare la cena, non propriamente luculliana, ma dietetica e, comunque, gustosa: filetti di platessa, dapprima fatta sguazzare nella farina e successivamente adagiata nella padella con olio caldo e spolverata da una pioggerella di salvia, e, come contorno, spinaci surgelati. Prima di iniziare il suddetto pasto, affetto alcune fette di pane, elemento sì buono e fondamentale che non manca mai nei miei pasti e che son lieto di offrire ai miei ospiti (il pane in questione è, per capirci, il filone di grano duro dell'Esselunga: una goduria quando mangiato ancora caldo, appena sfornato, un lusso che, purtroppo, mi son concesso al più una volta); nel compiere il gesto a mezzo del coltello adatto ovvero quello a sega, capace di un taglio netto e rapido, spargo inevitabilmente delle briciole sulla tavola. Cui faranno compagnia, nella seconda parte della cena, quelle di altre fette di pane, usate per accompagnare il companatico - nel caso specifico lo speck, il mio salume preferito (inutile ricordarvi che quello che ho mangiato ad Ortisei, un paio d'anni fa, era divino e ancora lo ricordo con nostalgia). 
Il risultato finale è presto immaginabile: una volta liberata la tavola a fine pasto, su di essa rimangono isole di briciole nei pressi del posto occupato da me durante la cena. Lesta nel gesto, g. prende la tovaglia e si appropinqua al lavandino della cucina, stringendola bene al suo petto, attenta a non perdere nessuna parte del suo contenuto. E lì giunta, come fa l'autocarro col cassone quando deve sversare il suo contenuto, g. lascia andare i lembi della tovaglia cosicché le briciole, con piccoli "tic", battono sul fondo d'acciaio del lavandino. Un lavoro che si può sbrigare nell'arco di tre, quattro secondi. Ma g. ci stava mettendo di più, rallentando il lavoro di pulizia dei fornelli e del lavandino, che non vedevo l'ora di finire. E il commento m'è venuto spontaneo, senza pensarci, anzi, è nato dall'indecisione tra gli aggettivi da usare: "Sei proprio scrupolina!"

Dalla casuale e confusa crasi di SCRUPOLOSO e CERTOSINO, è nato SCRUPOLINO.  Aggettivo dal suono piccolo, rotondo e dolce. A ripeterlo, ancora sorrido e un po' mi compiaccio dell'"invenzione".

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