E' stata una grande puntata quella di "Che tempo che fa": mercoledì 25 marzo ospite della trasmissione è stato Roberto Saviano, autore del best seller "Gomorra". Due ore intense e spesso toccanti, mettendo di nuovo l'accento su alcuni aspetti della camorra e del suo rapporto con l'informazione.
Perchè è stata l'informazione il fulcro intorno al quale è ruotata tutta la puntata: come la stampa locale campana tratta della cronaca inerente i fatti di camorra.
Saviano più volte ha detto di essersi raggelato, essersi rabbrividito, aver provato paura dinanzi a molti titoli, in cui si calcava sempre la mano sulla figura del boss di cui si parlava nell'articolo. Ciò che era importante passasse al lettore era il dispiacere per la morte di un parente del boss o per l'arresto di un capo; non i morti ammazzati dalla camorra o per un regolamento di conto o per sbaglio - perchè spesso così capita se si è nel posto sbagliato nel momento sbagliato. La stampa locale, e ancor meno quella nazionale, non ci hanno fatto sapere nulla del carabiniere Nuvoletta, autore dell'uccisione di un nipote di Francesco Schiavone detto "Sandokan", oppure di don Peppe Diana, ucciso perchè affermava che non si poteva continuare a fare il prete senza parlare. Tra l'altro la sua storia è ancor più agghiacciante: non solo è stato ucciso durante lo svolgimento di una funzione, ma dopo la sua morte è iniziata una pesante diffamazione al fine di far dimenticare al più presto la sua figura, che evidentemente aveva smosso qualcosa.
Ciò che più impressiona noi che non viviamo direttamente quella situazione è anche il tipo di notizie che vengono diffuse: i giornali sono dei bollettini di guerra, non una guerra finta, ma una guerra vera, a colpi di pallottole. E in parte a colpi di menzogne: perchè, lo spiega bene Saviano, la camorra non uccide solo con le armi da fuoco, la camorra uccide con la diffamazione, uccide annullando la dignità di una persona.
E ferisce ascoltare il filmato mandato in onda durante la conversazione tra Fazio e Saviano: sentir dire da ragazzini che il libro di Saviano è da bruciare, è una favola, è stato scritto perchè forse gli hanno violentato la moglie, la sorella o la fidanzata, che prima dell'uscita di "Gomorra", con la camorra, si stava bene, tutto filava liscio. Ascoltare il padre di Sandokan affermare che "i veri uomini sono loro", i camorristi. Leggere su una panchina "Saviamo merda".
Toccante, molto toccante, il racconto della vita di Saviano: una vita completamente blindata, in cui ogni movimento è calcolato fino all'ultimo particolare, una "non vita", in cui gli amici di una volta non si fanno più sentre e in cui è sempre presente l'ossessione per ciò che Saviano racconta, quasi da esserne prigioniero. Amando profondamente questa missione che lo scrittore stesso ammette di essersi dato: egli vuole essere "un'operazione mediatica", vuole che il suo libro sia letto, vuole che i fatti da lui raccontati emergano e facciano presa sul pubblico. Ed è questo, infatti, il motivo per cui la camorra gli ha inviato l'avviso di morte: Saviano sarebbe stato relativamente tranquillo se il suo libro avesse venduto pochissime copie, se fosse rimasto un libro qualunque. Invece, dal momento in cui è uscito è sempre rimasto in testa alle classifiche ed è stato tradotto in più di 50 paesi: parliamo di due milioni e mezzo di copie vendute!
Qui sotto potrete vedere gli spezzoni del monologo.
Perchè è stata l'informazione il fulcro intorno al quale è ruotata tutta la puntata: come la stampa locale campana tratta della cronaca inerente i fatti di camorra.
Saviano più volte ha detto di essersi raggelato, essersi rabbrividito, aver provato paura dinanzi a molti titoli, in cui si calcava sempre la mano sulla figura del boss di cui si parlava nell'articolo. Ciò che era importante passasse al lettore era il dispiacere per la morte di un parente del boss o per l'arresto di un capo; non i morti ammazzati dalla camorra o per un regolamento di conto o per sbaglio - perchè spesso così capita se si è nel posto sbagliato nel momento sbagliato. La stampa locale, e ancor meno quella nazionale, non ci hanno fatto sapere nulla del carabiniere Nuvoletta, autore dell'uccisione di un nipote di Francesco Schiavone detto "Sandokan", oppure di don Peppe Diana, ucciso perchè affermava che non si poteva continuare a fare il prete senza parlare. Tra l'altro la sua storia è ancor più agghiacciante: non solo è stato ucciso durante lo svolgimento di una funzione, ma dopo la sua morte è iniziata una pesante diffamazione al fine di far dimenticare al più presto la sua figura, che evidentemente aveva smosso qualcosa.
Ciò che più impressiona noi che non viviamo direttamente quella situazione è anche il tipo di notizie che vengono diffuse: i giornali sono dei bollettini di guerra, non una guerra finta, ma una guerra vera, a colpi di pallottole. E in parte a colpi di menzogne: perchè, lo spiega bene Saviano, la camorra non uccide solo con le armi da fuoco, la camorra uccide con la diffamazione, uccide annullando la dignità di una persona.
E ferisce ascoltare il filmato mandato in onda durante la conversazione tra Fazio e Saviano: sentir dire da ragazzini che il libro di Saviano è da bruciare, è una favola, è stato scritto perchè forse gli hanno violentato la moglie, la sorella o la fidanzata, che prima dell'uscita di "Gomorra", con la camorra, si stava bene, tutto filava liscio. Ascoltare il padre di Sandokan affermare che "i veri uomini sono loro", i camorristi. Leggere su una panchina "Saviamo merda".
Toccante, molto toccante, il racconto della vita di Saviano: una vita completamente blindata, in cui ogni movimento è calcolato fino all'ultimo particolare, una "non vita", in cui gli amici di una volta non si fanno più sentre e in cui è sempre presente l'ossessione per ciò che Saviano racconta, quasi da esserne prigioniero. Amando profondamente questa missione che lo scrittore stesso ammette di essersi dato: egli vuole essere "un'operazione mediatica", vuole che il suo libro sia letto, vuole che i fatti da lui raccontati emergano e facciano presa sul pubblico. Ed è questo, infatti, il motivo per cui la camorra gli ha inviato l'avviso di morte: Saviano sarebbe stato relativamente tranquillo se il suo libro avesse venduto pochissime copie, se fosse rimasto un libro qualunque. Invece, dal momento in cui è uscito è sempre rimasto in testa alle classifiche ed è stato tradotto in più di 50 paesi: parliamo di due milioni e mezzo di copie vendute!
Qui sotto potrete vedere gli spezzoni del monologo.
grande saviano
RispondiEliminaCiao Aldo,
RispondiEliminaAnche a me a colpito molto quella puntata, me la sono seguita tutta attentamente. Saviano per me è davvero un eroe, ha le palle che veramente non come quei camorristi vili e infami. Quello che mi fa più male, come accennavi tu è vedere che la gente del posto, i ragazzi stessi, gli vanno contro, proprio loro preferiscono tapparsi le orecchie e chiudersi gli occhi! Cavolo ma non si rendono conto che la criminalità organizzata è il cancro della loro società? Gli porta via tutto serenità, richezze e onore. Come si fa ad accettarlo? Siamo fortunati in Sardegna a non avere niente a che fare con cose di questo genere! Storicamente in Sardegna la criminalità organizzata mai riuscita ad entrarci... il perchè non si sa esattamente ma ci sono varie teorie.
Cmq Aldo complimenti per il Blog mi piace molto! peccato non avere molto tempo per leggerlo ogni tanto!
Ciao Ciao
Robi