lunedì 15 febbraio 2010

PROCESSO MEDIATICO. E COSI' SIA

A leggere l'intervista a Guido Bertolaso pubblicata qualche giorno fa sul Corriere della Sera, si ha l'impressione che il sottosegretario a capo della Protezione civile sia rimasto vittima di un sistema di intricati e non sempre trasparenti rapporti d'affari su opere come il G8 alla Maddalena o i Mondiali di nuoto. Bertolaso è stato "tradito", come confessa egli stesso, e si rammarica per la vicenda, dalla quale potrebbe trasparire un suo tradimento nei confronti del popolo italiano che nutre simpatia nei confronti di una persona che ha dimostrato di sapersi spendere nelle situazioni più difficili e disparate. Il problema non risiede in questo, ma in tutto ciò che è successo nei giorni seguenti.



Innanzitutto, per non perdere il vizio che ci contraddistingue da tempo, frammenti di intercettazioni delle conversazioni dei principali indagati sono finite puntualmente sui giornali. Ormai siamo ad uno stadio di malattia avanzato e nutro dubbi sulla possibilità di rinsavire. Perchè - è bene sottolinearlo - il Governo sembrava spendersi in maniera efficace, riguardo la disciplina delle intercettazioni, proprio per arginare questi fiumi di parole sui giornali. Ma dopo il sì della Camera alla riforma delle intercettazioni prima dell'estate scorsa non se n'è più parlato. Il risultato è che, ancora una volta, gli indagati, che sono presunti innocenti fino alla sentenza, finiscono nel tritacarne dei processi a mezzo stampa, con tutte le conseguenze del caso. Non possiamo dimenticarci di indagati eccellenti del passato, come Prodi e Mastella, che, a Catanzaro, sono stati indagati con grande clamore e per la cui indagine il governo Prodi è caduto; il risultato finale è stato un nulla di fatto. Non servirebbe più tatto, non rintracciabile allo stato dei fatti, per "proteggere" chi è indagato?
Un'altra anomalia del caso Bertolaso è la tempistica. Non dimentichiamoci che a fine marzo molte regioni d'Italia vanno alle urne per scegliere il proprio presidente: il sospetto che ci possa essere un nesso con lo scandalo scoppiato non è infondato e - si badi bene - non è solo un'ossessione di Berlusconi. Perchè, oltre a Bertolaso, possiamo ricordare che le indagini si sono aperte recentemente per Formigoni, Penati o Vendola. Vogliamo pensare che sia solo un caso? Che solo ora, a breve distanza da una scadenza elettorale, gli stessi si siano macchiati di gravi reati? O piuttosto è sospetta la solerzia di alcuni magistrati utile a risolvere qualche controversia politica non altrimenti risoltasi?
Tuttavia, non solo la politica - in particolare il centrosinistra con Bersani in testa - si è messa a soffiare sul fuoco del processo mediatico, ma anche la stampa, soprattutto uno di quelli considerato da molti - a torto, secondo me - come un grande giornalista, Eugenio Scalfari. Con il suo editoriale domenicale, ha contribuito a rintuzzare colpi e ad arricchire la platea di coloro che amano essere garantisti a intermittenza, difendendo i propri amici e sparando contro i nemici o coloro i quali lavorano vicino ai nemici.

Lo scandalo della Protezione civile è dunque intimamente connesso al berlusconismo e alla sua visione della cosa pubblica. Alla sua concezione costituzionale. Da anni il premier si batte per instaurare un assetto autoritario, dove l'accrescimento dei poteri presidenziali sia accompagnato dall'indebolimento dei controlli e dei poteri di garanzia. Dove il potere legislativo sia confiscato da quello esecutivo, dove il disegno di legge sia sostituito dal decreto legge e il decreto dall'ordinanza. E dove infine l'ordinanza sia "esternalizzata" e affidata non più ad un dipartimento collocato all'interno della Pubblica amministrazione, ma ad una società per azioni di carattere pubblico in veste privatistica, che ha come unico referente il capo del governo, con tutto ciò che inevitabilmente ne consegue e che lo scandalo Bertolaso-Protezione civile ha portato ora sotto gli occhi di tutti i cittadini. Per fortuna lo scandalo è scoppiato prima dell'entrata in vigore della legge sulle intercettazioni che se sarà approvata così come il governo la vuole, metterà il bavaglio alla stampa (a quel che resta della libera stampa). Con quella legge vigente l'opinione pubblica non avrebbe saputo nulla di ciò che è accaduto, nulla dell'istruttoria in corso, nulla delle risate degli appaltatori allo scoppio del terremoto, nulla del raddoppio dei prezzi in corso d'opera, nulla degli intrecci familiari e amicali, nulla dei "benefit" percepiti dagli appaltanti, nulla dei conti segreti.
L'opinione pubblica sarebbe stata tagliata fuori dalla delicatissima fase dell'istruttoria e così lo sarà nel prossimo futuro se quella legge sarà approvata. (...)
Tagliar fuori l'opinione pubblica e tagliar fuori la giurisdizione: questo è l'obiettivo. Lo scandalo della Protezione civile è salutare perché mette allo scoperto la giuntura principale di questo disegno mentre ancora la pubblica opinione e la giurisdizione sono in grado di conoscere e di giudicare. Dopo sarà troppo tardi.

Oltre ad utilizzare l'inchiesta sulla Protezione civile per alimentare il sentimento di antiberlusconismo, senza il quale il centrosinistra non saprebbe come sopravvivere, Scalfari si è mostrato contento del fatto che la legge sulle intercettazioni non sia stata ancora approvata; egli afferma che, in presenza di quella legge, nulla avremmo potuto sapere della vicenda che ha coinvolto la Protezione civile e del suo capo Bertolaso. O piuttosto con quella legge avremmo evitato le paginate di intercettazioni che hanno gettato letteralmente fango sull'organismo della Protezione civile e su Bertolaso stesso? Bastava sapere dell'indagine aperta, degli indagati e dei reati perseguiti per farsi un'opinione: delle intercettazioni si poteva fare tranquillamente a meno. L'editoriale continua poi su questa linea, di continuo attacco a Bertolaso in quanto uomo vicino al presidente del Consiglio e pertanto "protesi di Berlusconi". Vale la pena, allora, ricordare a Scalfari che Bertolaso ha lavorato con governi di colore diverso, essendo egli, come ha confermato nella lettera di risposta, "un servitore dello Stato".
Infatti, tra il 1996 e il 1997 è stato per la prima volta a capo del Dipartimento della Protezione Civile durante il primo governo Prodi, ritornando il 7 febbraio 2001 durante il secondo governo Amato. Quindi tra il 2003 e il 2004 si è occupato della prevenzione da rischi SARS e dell'emergenza di Cavallerizzo di Cerzeto nel 2005. Nell'ottobre 2006 viene nominato dall'allora governo Prodi Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania fino al 7 luglio 2007, ruolo in cui ritorna nel 2008 sotto il governo Berlusconi. Quindi, ad aprile 2009, viene nominato Commissario Straordinario per l'Emergenza nella gestione del dopo terremoto dell'Abruzzo.
Angelo Balducci, indagato nella medesima inchiesta, è stato nominato, come facilmente verificabile, da governi di centrosinistra.

Per lo stesso Ministero (Lavori Pubblici) diventa responsabile per le zone terremotate dell’Umbria e delle Marche. Nel 1998 è riconfermato Provveditore alle opere pubbliche per il Lazio e nel 2001 per l’Umbria.

Balducci infatti rimane ai vertici dei lavori pubblici grazie ad Antonio Di Pietro. Il Consiglio dei Ministri n. 13 del 31 agosto 2006, infatti, proprio su proposta dell’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, come recita il comunicato ufficiale, nomina il dirigente di 1ma fascia ing. Angelo Balducci a Capo del Dipartimento per le infrastrutture statali, l’edilizia e la regolazione dei lavori pubblici.

L’ex provveditore ai Lavori pubblici del Lazio che il governo di centrosinistra, e più esattamente l’ex vicepremier Francesco Rutelli, aveva elevato a incarichi di alto prestigio presso la presidenza del Consiglio e come commissario straordinario in diverse Grandi Opere, il nuovo corso politico l’aveva bruscamente ridimensionato: fu sostituito alla Maddalena nel giugno del 2008 senza spiegazioni, ma oggi si dice che fu per colpa dei preventivi di spesa lievitati troppo, passati da poco meno di trecento milioni di euro ad oltre seicento; così come fu avvicendato nel ruolo di commissario straordinario ai Mondiali di Nuoto di Roma non appena s’insediò il sindaco Gianni Alemanno.

Tutto questo spiegare che è, come sempre, inutile gettare le colpe su una parte politica o sull'altra; aiuta molto di più tenere alta la guardia sempre e comunque, perchè - come abbiamo imparato a vedere - dove balla tanto denaro, ballano i furbi, che speculano senza scrupoli . E' necessario che tutti teniamo gli occhi aperti, come ha suggerito de Bortoli, il quale, tra l'altro, ricorda un effetto nefasto della riforma del Titolo V della Costituzione: l'abolizione di "un sistema arcaico di controlli di legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali", utile ad arginare la mancanza di rigore di qualche amministrazione locale troppo zelante.


Dalla Puglia all’Emilia, al Piemonte alla Lombardia, è stato un emergere sconfortante di infedeli e concussi, amministratori disinvolti e imprenditori senza scrupoli. Un fenomeno trasversale agli schieramenti politici, segnato più dall’avidità e dall’edonismo individuali o di gruppo che dalle ragioni di appartenenza a un partito o a una corrente come avveniva con Mani pulite. I comitati d’affari grandi e piccoli prosperano. Alcuni non si vergognano nemmeno, ne menano addirittura vanto. La realtà, amara, è che dovremmo domandarci tutti (stampa compresa) se il livello degli anticorpi della nostra società non sia sceso sotto il limite di guardia. Alla corruzione diffusa, così come allo scarso senso della legalità, ci si arrende facilmente. Come ci si rassegna a vivere in una città sporca o in un ambiente degradato. Ma l’esempio per le nuove generazioni è diseducativo e devastante.

Non resta che aspettare l'esito delle indagini e solo dopo eventuali condanne potremmo giudicare chi ha sbagliato. Prima evitiamo di spargere fango.

1 commento:

  1. Credo che abbia ragione tu, quando dici che probabilmente Bertolaso è rimasto invischiato in questa vicenda in maniera inconsapevole, ma il problema a mio parere è un altro, ed è sempre il solito, che si ripresenta ad ogni indagine che riguardi uomini di potere. Il problema è che in Italia non esiste più una guida morale che conduca le coscienze degli individui. Naturalmente parlo dell'Italia in generale, ma è chiaro che questo atteggiamento diventa cruciale, se si riscontra nei soggetti che detengono le redini del sistema Italia. E' altrettanto innegabile che l'atteggiamento di Berlusconi, con l'accondiscendenza dell'opposizione, sia stato fondamentale nel determinare questo appiattimento della coscienza civile. Questo è un discorso che prescinde totalmente dalla rilevanza penale delle azioni, ma credo che la deformità stia proprio nel fatto che sia la magistratura a porre un argine a questa deriva. E' ovvio che le azioni della magistratura assumono rilevanza politica, se non è la politica stessa ad autoregolamentarsi! Le risate dell'imprenditore la notte del terremoto non saranno penalmente rilevanti, ma sono indicative di un sistema marcio, in cui il fine giustifica qualsiasi mezzo, anche illegale. In questo senso anche Bertolaso è colpevole: basti guardare in che modo è stata smantellata una diga, nei pressi della Maddalena, dalla Protezione Civile, in barba ad ogni regolamentazione. Tutto questo in nome del fare, dell'agire ad ogni costo, per dare un'immagine di efficienza. Chissà, forse alla fine il processo assolverà tutti quanti, ma di certo la mia opinione su di loro non cambierà di una virgola.

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