E pure questo Festival è passato: cinque giorni di musica e polemiche a non finire che hanno segnato la manifestazione che dovrebbe consacrare la canzone italiana. E' di moda da qualche anno, invece, sottrarre attenzione alla musica e montare casi mediatici utili ad aumentare i dati d'ascolto. Come dimenticare la querelle su Morgan? Vogliamo dire che è stato un modo artificioso di escluderlo? O che è stato un ottimo viatico per tenere più spettatori attaccati alla tv, tra la certezza che sarebbe stato riammesso e l'incertezza di una sua partecipazione come ospite?
Nonostante l'alto share che ha caratterizzato questa 60^ edizione, non si può certo parlare di un Festival di successo. A partire dalla presentatrice, Antonella Clerici, sicuramente brava ma più adatta a districarsi tra pentole e fornelli, con vestiti non sempre adatti al fisico ancora robusto, sebbene ritoccato da pillole dimagranti, responsabile di una conduzione certamente apprezzata, ma forse troppo "casereccia". Avrei pensato ad una Milly Carlucci, ieri sera seduta in platea, che avrebbe potuto dare più brio e freschezza alla trasmissione.
E cosa dire sulla classifica finale? Non c'è di che rallegrarsi se due dei tre posti del podio (senza contare Toni Majello tra i giovani) sono stati occupati da Valerio Scanu e Marco Mengoni, prodotti di due talent show, i programmi che ora vanno per la maggiore, dando l'illusione ai vincitori di essere diventati cantanti affermati, stars degne di tappeti rossi, artisti degni di venerazione; senza ricordare loro che è il pubblico a decretare il loro successo e che nell'arco di uno o due anni - se sono fortunati - torneranno nel dimenticatoio dal quale sono venuti. Solitamente non sono dietrologo, anche se "a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina"; non sarà sfuggito a nessuno che l'anno scorso il vincitore del Festival è stato quel Marco Carta finalista e vincitore di Amici, il cui successo sanremese è stato benedetto dalla presenza di Maria De Filippi sul palco. Quest'anno Valerio Scanu, giunto secondo ad Amici dietro ad Alessandra Amoroso, ha conquistato il successo a Sanremo e sul palco ieri sera è spuntato quel Maurizio Costanzo che da poco ha traslocato, come autore, sulla Rai. Potrebbero essere solo casualità... E il trio Pupo-Emanuele Filiberto-Canonici? E' surreale che siano stati dapprima eliminati, poi ripescati e quindi - non poteva essere il contrario - consacrati al secondo posto quali nuovi patrioti della terra italica e sponsorizzati dal ct della Nazionale di calcio Lippi. E' surreale che sul palcoscenico che deve innalzare al massimo livello la canzone italiana si presenti anche un sedicente cantante di sangue blu che anche ad Amici avrebbe faticato a trovare posto.
Non a caso la serata di ieri è stata accompagnata da forti proteste al punto che orchestra, pubblico e sala stampa hanno abbondantemente rumoreggiato in segno di protesta e gli orchestrali hanno accartocciato e lanciato gli spartiti: evidentemente c'era proprio qualcosa che non andava.
Questo è Sanremo, specchio di una fetta d'Italia affezionata alle pseudo-stars dei talent show e alle note stonate del principe Emanuele Filiberto tornato in Italia a cercar fortuna - certamente migliore di quella del padre con prostitute e droga - tra balli in prima serata e canzoni patriottiche sanremesi. Questo è Sanremo, luogo in cui degradare la nostra canzone inchinandoci alle filastrocche di Arisa e tralasciando attenzioni alla voce speciale di Malika Ayane o al testo della canzone di Povia investita solo da tante critiche bigotte. Questo è Sanremo, che fa vincere i mediocri ed esclude o relega agli ultimi posti cantanti di successo, come è successo spesso in passato. Questo è Sanremo, che trae più successo dalle polemiche che dalla musica, dai vestiti delle presentatrici che dalla voce dei cantanti, dagli ospiti speciali e superpagati che dalle nostre eccellenze made in Italy. Questo è Sanremo e temo che così dovremo continuare ad accettarlo.
Nonostante l'alto share che ha caratterizzato questa 60^ edizione, non si può certo parlare di un Festival di successo. A partire dalla presentatrice, Antonella Clerici, sicuramente brava ma più adatta a districarsi tra pentole e fornelli, con vestiti non sempre adatti al fisico ancora robusto, sebbene ritoccato da pillole dimagranti, responsabile di una conduzione certamente apprezzata, ma forse troppo "casereccia". Avrei pensato ad una Milly Carlucci, ieri sera seduta in platea, che avrebbe potuto dare più brio e freschezza alla trasmissione.
E cosa dire sulla classifica finale? Non c'è di che rallegrarsi se due dei tre posti del podio (senza contare Toni Majello tra i giovani) sono stati occupati da Valerio Scanu e Marco Mengoni, prodotti di due talent show, i programmi che ora vanno per la maggiore, dando l'illusione ai vincitori di essere diventati cantanti affermati, stars degne di tappeti rossi, artisti degni di venerazione; senza ricordare loro che è il pubblico a decretare il loro successo e che nell'arco di uno o due anni - se sono fortunati - torneranno nel dimenticatoio dal quale sono venuti. Solitamente non sono dietrologo, anche se "a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina"; non sarà sfuggito a nessuno che l'anno scorso il vincitore del Festival è stato quel Marco Carta finalista e vincitore di Amici, il cui successo sanremese è stato benedetto dalla presenza di Maria De Filippi sul palco. Quest'anno Valerio Scanu, giunto secondo ad Amici dietro ad Alessandra Amoroso, ha conquistato il successo a Sanremo e sul palco ieri sera è spuntato quel Maurizio Costanzo che da poco ha traslocato, come autore, sulla Rai. Potrebbero essere solo casualità... E il trio Pupo-Emanuele Filiberto-Canonici? E' surreale che siano stati dapprima eliminati, poi ripescati e quindi - non poteva essere il contrario - consacrati al secondo posto quali nuovi patrioti della terra italica e sponsorizzati dal ct della Nazionale di calcio Lippi. E' surreale che sul palcoscenico che deve innalzare al massimo livello la canzone italiana si presenti anche un sedicente cantante di sangue blu che anche ad Amici avrebbe faticato a trovare posto.
Non a caso la serata di ieri è stata accompagnata da forti proteste al punto che orchestra, pubblico e sala stampa hanno abbondantemente rumoreggiato in segno di protesta e gli orchestrali hanno accartocciato e lanciato gli spartiti: evidentemente c'era proprio qualcosa che non andava.
Questo è Sanremo, specchio di una fetta d'Italia affezionata alle pseudo-stars dei talent show e alle note stonate del principe Emanuele Filiberto tornato in Italia a cercar fortuna - certamente migliore di quella del padre con prostitute e droga - tra balli in prima serata e canzoni patriottiche sanremesi. Questo è Sanremo, luogo in cui degradare la nostra canzone inchinandoci alle filastrocche di Arisa e tralasciando attenzioni alla voce speciale di Malika Ayane o al testo della canzone di Povia investita solo da tante critiche bigotte. Questo è Sanremo, che fa vincere i mediocri ed esclude o relega agli ultimi posti cantanti di successo, come è successo spesso in passato. Questo è Sanremo, che trae più successo dalle polemiche che dalla musica, dai vestiti delle presentatrici che dalla voce dei cantanti, dagli ospiti speciali e superpagati che dalle nostre eccellenze made in Italy. Questo è Sanremo e temo che così dovremo continuare ad accettarlo.
Hai ragione in tutto e per tutto, Sanremo è questo, non possiamo aspettarci niente di più... Però una piccola rivoluzione c'è stata: al posto del tradizionale stacchetto "Perché Sanremo è Sanremo", il direttore d'orchestra ha dovuto confessare di aver usato parte di una canzone degli islandesi Sigur Ros, "Hoppipolla". E' uno dei miei gruppi preferiti, te li consiglio vivamente.
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