martedì 1 marzo 2011

DA NOVE ANNI SENZA LIRA: E C'E' CHI LA IGNORA

Se potessi avere mille lire al mese,/ senza esagerare, sarei certo di trovar/ tutta la felicità!, cantava l'alessandrino Gilberto Mazzi qualche decennio fa.


E noi, alcuni lustri dopo, ci troviamo a commemorare la lira, che, dopo centoquarant'anni di prestigiosa carriera, a partire dal 1° marzo 2002 ha ceduto definitivamente il passo all'euro, la moneta unica adottata da molti Stati europei. Oggi, 1° marzo 2011, sono esattamente nove anni che abbiamo detto "addio" alla lira, abbiamo dovuto impratichirci con i centesimi, abbiamo maledetto chi ha deciso di accettare l'euro come moneta unica, abbiamo rimpianto le cento, duecento e cinquecento lire cui eravamo tanto abituati, abbiamo combattuto l'inflazione e i prezzi pazzi. E abbiamo passato tante altre (dis)avventure con l'euro, specie nel momento di transizione, quando non si aveva altra moneta che l'euro, ma la testa era ancora abituata a lavorare con la lira: "Questa cosa costa 10 euro, che sono ventimila lire" e via dicendo. La conversione dell'importo, grazie ad una semplice moltiplicazione per due da euro in lire (il valore di cambio di un euro è stato fissato a 1936,27 lire), è stato un comodo paracadute che, nei primi mesi, ci ha salvato da spese folli e ci ha aiutato a prendere dimestichezza con la nuova valuta. Ma se qualcuno, specie gli anziani, ha avuto qualche difficoltà iniziale e poi - tanta era l'abitudine - non ha abbandonato la conversione mentale, per molti altri, me incluso, è ormai normale pensare solo ed esclusivamente in euro e paragonare tra loro i prezzi degli articoli sempre e solo in euro: in fin dei conti, il parametro attuale di riferimento è l'euro, si utilizza solo quello, che utilità avrebbe la conversione, se non per un mero esercizio mentale?
Rispetto a chi ha avuto la fortuna di avere queste difficoltà, di impazzire con gli zeri dei centesimi o di dover continuamente ricordare quanto costava quel dato oggetto in lire, esiste una generazione di persone cresciute solo ed esclusivamente con l'euro: sono gli under 25, i quali non hanno mai usato la lira; addirittura, molti di questi la considerano una vecchia moneta, altri non ne hanno mai sentito parlare, altri ancora la ricordano perché ne hanno sentito parlare dai nonni o dai genitori. Secondo qualche esperto, la presenza di una generazione di "nativi" ovvero nati con l'euro, contribuisce a rafforzare la globalizzazione e a stabilizzarla: chi è cresciuto con la lira tende a distorcere i prezzi volendo mettere a confronto due ere che sono di per sé non paragonabili, mentre i più giovani "allontanano l'inflazione" perché non si abbandonano a tali ragionamenti, ma semplicemente pensano solo in euro.
Ormai, dopo nove anni, possiamo dire di essere maturati e di trovarci a far paragoni con la lira per puro spirito o al massimo al livello di conversazioni vaghe come "non ci sono più le mezze stagioni". La verità è che ci siamo abituati all'euro, così come si impara a guidare o ad andare in bici, eseguendo un'azione in maniera meccanica, senza più pensare a come la si è fatta la prima volta. Nonostante tutto, abbiamo bistrattato spesso la moneta unica, principalmente perché è arrivata nelle nostre vite nel momento peggiore dell'economia, quando la crisi attanagliava il nostro sistema economico come non ci succedeva da decenni, e ad essa abbiamo attribuito tanti problemi; e allora i nostalgici sono scesi in campo per difendere il vecchio conio, senza considerare che il suo potere d'acquisto era scarso e che era spesso oggetto di svalutazioni. L'euro, in fin dei conti, è più stabile e meno soggetto ai venti dell'economia, permette di muoversi nell'ambito della Comunità europea senza l'assillo di dover cercare un ufficio cambi e di far muovere merci in maniera facile, hanno replicato i fan dell'euro.
Chissà se siamo tutti euro-contenti con gli Eurocontanti, come dice er Piotta, o se era meglio quando si sperava di avere mille lire al mese - che, tra l'altro, equivarrebbero a circa mille euro di oggi, ma con un potere d'acquisto abissalmente diverso.

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