Destra e sinistra
Ragioni e significati di una distinzione politica
Norberto Bobbio
Saggine Donzelli Editore Roma
€ 13
Se vi è un elemento caratterizzante delle dottrine e dei movimenti che si sono chiamati e sono stati riconosciuti universalmente come sinistra, questo è l'egualitarismo, inteso, ancora una volta, non come l'utopia di una società in cui tutti gli individui sono uguali in tutto, ma come tendenza a rendere eguali i diseguali.
Forse non è la tipica lettura estiva, di quelle spensierate e rilassanti da spiaggia, ma era da moltissimo tempo che volevo leggere questa grande opera di Norberto Bobbio e alla fine ci sono riuscito.
Nonostante siano passati diciassette anni dalla sua prima comparsa in libreria, la sua attualità sembra aumentare piuttosto che diminuire. A dimostrazione di ciò, il volume ha conosciuto un successo continuo: dopo le diecimila copie vendute in tre giorni e le centomila in due mesi, dopo un anno se n'erano vendute più di trecentomila e, negli anni seguenti, l'opera è stata tradotta in oltre venti lingue straniere, consacrandosi anche a livello internazionale. Il successo così repentino e imprevisto ha colto di sorpresa sia l'editore sia l'autore stesso, i quali, come ci dice Carmine Donzelli nella sua prefazione, si sono interrogati al proposito con risposte varie e parzialmente esaustive: la formula editoriale, l'efficacia della ricezione tra i media, l'apparente facilità dell'argomentazione. Ma soprattutto - non si può dimenticarlo - un ruolo importante è stato giocato dalla congiuntura politica: il libro è uscito il 26 febbraio 1994, proprio poche settimane prima di quelle elezioni che hanno fatto irrompere nella scena politica un semisconosciuto imprenditore milanese, Silvio Berlusconi, e il suo partito, Forza Italia. Tuttavia, il libro ha mostrato di saper andare oltre, di superare altri momenti politici e di resistere e funzionare, connotandosi non più solo come best-seller, ma anche come long-seller.
Per entrare nell'atmosfera del libro, val la pena che vi dia alcuni flash del primo capitolo, La distinzione contestata. Destra e sinistra sono due termini in contrasto tra loro, utilizzati da più di due secoli ossia a partire dalla Rivoluzione francese per distinguere ideologie e movimenti tra loro opposti. "In quanto termini antitetici, essi sono, rispetto all'universo cui si riferiscono, reciprocamente esclusivi e congiuntamente esaustivi": esclusivi, dal momento che un movimento non può essere allo stesso tempo di destra o di sinistra ed esaustivi, poiché un movimento può essere soltanto o di destra o di sinistra. Come per altre dicotomie, anche di questa si possono fare usi diversi: descrittivo, assiologico, storico. Ciononostante, ha preso sempre più piede l'opinione, fino a divenire un luogo comune, che tale distinzione non abbia più motivo di esistere, che essa sia venuta meno, così come ha affermato - pare - per la prima volta Sartre, definendo destra e sinistra come due scatole vuote.
Ma quali sarebbero le ragioni di tale opinione? La prima ragione starebbe nella "crisi delle ideologie", ragione perfettamente obiettabile, come peraltro è stato già fatto, dal momento che le ideologie "sono più vive che mai"; "oltretutto, non vi è nulla di più ideologico, com'è stato più volte dimostrato, che l'affermazione della crisi delle ideologie". La seconda ragione che viene addotta sarebbe che "in un universo politico sempre più complesso (...) diventa sempre più inadeguata la separazione troppo netta tra due sole parti contrapposte". Tale obiezione, continua Bobbio, colpisce nel segno, pur non essendo decisiva. Infatti, la distinzione tra una destra e una sinistra, non esclude posizione intermedie tra i due estremi, nel complesso raggruppate col nome di "centro". A tal proposito, "volendo civettare con il linguaggio della logica", il filosofo ricorda che vi può essere una visione diadica della politica denominata del "Terzo escluso", quando una parte esclude l'altra e nulla tra esse s'interpone, una visione triadica detta del "Terzo incluso", allorquando tra destra e sinistra vi è uno spazio intermedio che si distingue dagli estremi, e infine il "Terzo includente", che "tende ad andare al di là dei due opposti inglobandoli in una sintesi superiore, e quindi annullandoli in quanto tali", una sorta di tentativo di Terza via, tesa ad un superamento contemporaneo della destra e della sinistra. La terza ragione per respingere la vecchia distinzione starebbe nel fatto che "essa ha perso gran parte del suo valore descrittivo", dato che la società contemporanea è in continua trasformazione e il sorgere di nuovi problemi politici ha fatto nascere movimenti che non rientrano più nei vecchi canoni. Relativamente a questa considerazione, Bobbio cita l'esempio dei Verdi, che potrebbero essere definiti come un "movimento 'trasversale'", mostrando un terzo modo di mettere in crisi la diade, oltre "lo stare in mezzo" e "l'andare al di là": "il muoversi attraverso" ovvero "un'attenuazione o esautorazione della diade" piuttosto che un rifiuto o un superamento. Nonostante quanto detto finora, queste ragioni appaiono del tutto secondarie, secondo Bobbio. Dal momento che "i due termini di una diade si reggono l'uno con l'altro", per rendere irrilevante la distinzione non serve dimostrarne l'incompiutezza, l'inopportunità o l'anacronismo, bensì "basta esautorare uno dei due termini". Infine l'ultimo motivo, il più decisivo, per negare la diade starebbe nel fatto "le due etichette sono diventate mere finzioni" e che dinanzi alla complessità e alla novità dei problemi, le due parti formulano ed utilizzano più o meno gli stessi strumenti e pertanto non si evidenziano più quelle pretese differenze che rendevano necessario contrassegnare le due parti con nomi diversi. Anzi, sono proprio questi nomi diversi che finiscono per creare la "falsa credenza che esistano ancora delle contrapposizioni che in realtà non ci sono più, e per alimentare contese artificiali e ingannevoli".
Dopo il capitolo dedicato ad Estremisti e moderati, Bobbio torna sulla diade nel terzo capitolo, La diade sopravvive. Non deve sorprendere, ci ricorda il filosofo, che in un campo come quello della politica, dominato dall'antagonismo, si ricorra ad una diade o ad una dicotomia per nominare le parti in gioco; la stessa categoria della politica viene talora rappresentata attraverso la diade "amico-nemico", "che riassume al livello della più alta astrazione l'idea della politica come luogo dell'antagonismo, la cui forma estrema è la guerra, che è naturaliter dicotomica (mors tua vita mea)". Per di più, il fatto che destra e sinistra abbiano tali nomi è del tutto accidentale: questa banale metafora spaziale risale alla Rivoluzione francese allorquando si è dato un nome alla persistente ed essenziale composizione dicotomica dell'universo politico. Al di là della preminenza conquistata dalla diade destra-sinistra, ci sono altre metafore spaziali, seppure con minori estensioni e validi solo in certi contesti: alto-basso, avanti-indietro, superficiale-profondo, vicino-lontano. Oltre alla metafora spaziale, non dobbiamo dimenticare quella temporale, che ha un posto molto rilevante, consentendo di distinguere gli innovatori dai conservatori, i progressisti dai tradizionalisti. Nonostante la carrellata di metafore, è utile tornare su destra e sinistra e sottolineare che, come le altre parole del linguaggio politico, pure queste hanno un significato descrittivo e uno valutativo: il primo "non è mai tale da far assumere alla stessa parola due significati del tutto contrari", mentre il secondo fa sì che, dato che i due termini esprimono un'antitesi, "la connotazione positiva dell'uno implica necessariamente la connotazione negativa dell'altro". Quale dei due sia quello "assiologicamente positivo e quello assiologicamente negativo" dipende non dal significato descrittivo, bensì da "opposti giudizi di valore".
Il capitolo centrale e più importante del libro rimane il sesto, Eguaglianza e diseguaglianza, che, se vogliamo, racchiude il succo del libro. Dalle riflessioni condotte, sembrerebbe che il criterio per distinguere la destra dalla sinistra sia il diverso atteggiamento degli uomini di fronte all'ideale di uguaglianza, che, insieme a quello di libertà e di pace, è uno dei fini ultimi da raggiungere e per cui gli uomini si battono. Tuttavia, il concetto di eguaglianza è relativo ad almeno tre variabili, riassumibili così: "tra chi?", "in che cosa?", in base a quale criterio?" La mancanza di qualsiasi criterio, invece, identifica il principio massimamente egualitario, definito come "egualitarista": "A tutti la stessa cosa". Se chiamiamo "egualitari coloro che (...) apprezzano maggiormente e ritengono più importante per una buona convivenza ciò che li accomuna" e "inegualitari (...) coloro che (...) apprezzano e ritengono più importante (...) la loro diversità", forse riusciamo a contrassegnare, con un criterio molto migliore di altri, i due opposti, che siamo abituati ormai per tradizione a chiamare sinistra e destra: "da un lato vi sono coloro che ritengono gli uomini siano più eguali che diseguali, dall'altro coloro che ritengono siano più diseguali che uguali".
Le due parole chiave del nostro linguaggio politico, destra e sinistra, che stanno sperimentando una curiosa sorte e una contrastata fortuna, vengono quindi da alcuni contestate e ritenute ormai di scarsa utilità nel designare una scena politica, come quella di gran parte del mondo occidentale, dominata da una polarizzazione dello scontro tra due opposti schieramenti, che lottano per la supremazia. E dunque, destra e sinistra esistono ancora? Il libro non vuole fornire una risposta a questa domanda, come invece può aspettarsi il lettore leggendo il titolo; piuttosto, a Bobbio preme mettere a fuoco cosa è la destra e cosa è la sinistra, cosa distingue l'una dall'altra, cosa si può inserire tra le due, qual è il retroterra culturale dell'una e dell'altra. Infatti, il libro di Bobbio affronta la questione proprio partendo dal suo più profondo nucleo teorico: nel capitolo sesto, il filosofo ci spiega, per l'appunto che l’essenza più intima della distinzione consiste nel diverso atteggiamento che le due parti sistematicamente mostrano nei confronti dell’idea di eguaglianza, pur ricordando che eguaglianza e diseguaglianza sono concetti relativi. Il rigore della trattazione, che ritengo uno dei maggiori pregi dell'opera, dà conto delle ragioni di entrambi i campi: Bobbio, infatti, non si domanda "chi ha ragione e chi ha torto, perché non credo sia di qualche utilità confondere il giudizio storico con le mie opinioni personali. Anche se non faccio mistero, alla fine, di quale sia la mia parte".
Nel nostro paese, attualmente governato da una sinistra erede di del più grosso Partito Comunista dell’occidente, con addirittura un presidente del consiglio (Gentiloni) proveniente da Lotta Continua di Mario Capanna, Movimento Lavoratori per il Socialismo, Partito di Unità Proletaria per il Comunismo (e chi più ne ha più ne metta), e con una destra berlusconiana partorita con la benedizione di un influente PSI, possiamo osservare che la forbice tra ricchi e poveri è troppo divaricata, gli stipendi dei politici sono i più alti del globo, ma soprattutto, (autentica beffa!) che i salari dei lavoratori sono tra i più bassi dell'occidente industrializzato.
RispondiEliminaNorberto Bobbio ha preso certamente un grosso granchio associando alla dicotomia sinistra/destra i valori di eguaglianza/diseguaglianza!