Qui di seguito vi propongo il contenuto di un articolo a firma di Laura Guardini, apparso su Corriere della Sera Milano il 9 aprile 2008.
Ad Antegnate (Bg), Eugenio Coti Zelati e sua moglie Maria Mariani lavorano il vetro da due generazioni, così come la terza, con i loro figli, è già in campo. Qui e in altre sette aziende lombarde si prepara il pronto forno, vale a dire i contenitori, prodotti dalle vetrerie, a partire dai cocci. Si tratta tuttavia solo della prima tappa di un viaggio che si può ripetere per molte volte, dal momento che un chilo di vetro si recupera più e più volte, risparmiando. L'unico disguido è il reperimento, tra i tanti cocci, di pezzettini di ceramica, incorporati nella pasta di vetro, che costringono a buttare i pezzi così danneggiati; gli addetti ai lavori ricordano che succede così con circa un 4 % della produzione.
Per la gran parte dei lombardi, a organizzarsi del trasporto del vetro dalla campana o dal cassonetto condominiale allo stabilimento è il Co.Re.Ve., consorzio senza fini di lucro, che riunisce 75 aziende in tutta Italia, nato nel '97 con la legge Ronchi (che poneva come obiettivo della differenziata il 35% dei rifiuti. Attraverso convenzioni con i Comuni o le ex municipalizzate, raccoglie qualcosa come 300 mila tonnellate di vetro da riciclare ogni anno.
E' interessante notare il beneficio che ne traggono i lombardi; la giornalista ricorda che "se, a livello nazionale, le 2800 tonnellate di vetro rimesso a nuovo ogni anno permettono di risparmiare oltre un milione di metri cubi (...) di sabbia, carbonato e soda (le materie prime necessarie a produrre il vetro ex novo), in Lombardia, riusando, è evitato il consumo di tanta energia elettrica quanta ne basta a far funzionare per un anno 810 mila frigoriferi". Tutto questo perchè sono necessarie temperature più basse per produrre vetro riciclato rispetto a quello nuovo. Inoltre così si evitano 150 mila tonnellate di anidride carbonica in un anno.
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