martedì 12 gennaio 2010

PERCHE' NEGRO E' PAROLA CHE SI PUO' USARE

I retaggi del '68 si annidano in molti aspetti della nostra vita quotidiana. Mi sono imbattuto, proprio sul Corriere di ieri, nella rubrica Particelle elementari di Pigi Battista, che spiega a Vittorio Feltri "perché è parola da non usare". E ho pensato: ci risiamo, ancora la solita retorica sessantottina sfociata nel politicamente corretto, per cui restiamo intrappolati a ogni piè sospinto in una "gabbia asfissiante di ipocrisie lessicali e di eufemismi sussiegosi che sfibrano un linguaggio", come ha detto lo stesso Battista.
Il dizionario etimologico segnala che "negro" deriva dal latino "niger" ("niger, a, um": aggettivo della I classe, come mi ricordano i remoti cassetti della mia memoria), dal cui accusativo "nigrum" deriva l'odierno aggettivo italiano. Perchè allora tanto scandalo? Perchè "i negri (...) associano quel nome (...) a un passato di schiavitù e di umiliazione indicibili", quella parola "racchiudeva in sè qualcosa di dispregiativo (...) che conferiva a quel termine un valore implicitamente squalificante, anche a non voler pensare (con una certa fatica) a un'implicazione di tipo razzistico". Anche se, ricorda sempre il giornalista, Martin Luther King e Malcolm X usavano quel termine, ma lo facevano rivendicando l'orgoglio della loro "negritudine".

Caro Battista, io non sono proprio d'accordo con questa interpretazione. Cerchiamo di uscire dalle sabbie mobili del perbenismo post-sessantottino per il quale oggi per le strade abbiamo gli "operatori ecologici" oppure a scuola lavora il "personale non docente" e via discorrendo. Usare la parola "negro" o "nero" è indifferente: ciò che più conta è il tono con il quale viene pronunciata o gli aggettivi che la accompagnano, non la parola in sè, che deriva dal latino di Cicerone. Posso dire che "Naomi Campbell è una bella negra", facendole un complimento, o insultare Mario Balotelli se dico che è "un negro di m..." Questa è la differenza, non la "g" che distingue i due termini.
Il nostro problema fondamentale è che siamo ancora prigionieri della pesante eredità di quel '68 che, glorificato ad anno di svolta, ha dimostrato di aver dato ben pochi frutti alla nostra società, incastrandola in una rete di ipocrisia che ammanta qualsiasi ambito della vita quotidiana. Perciò se qualcuno pronuncia la parola "negro" a tanti viene la pelle d'oca e si pensa che chi l'ha pronunciata è un razzista, senza badare al contesto del discorso.
Vogliamo iniziare la fatica di redimerci dalla ancora imperante retorica sessantottina aprendo gli occhi sul mondo del 2010?

6 commenti:

  1. Aldo, anche io ho letto Battista ieri (tra l'altro, sonop molto curioso di leggerei il suo nuovo libro sugli intelletuali...) e devo dire di trovarmi d'accordo con lui (e quindi, inevitabilmene, non con te). Per capire un termine, non è sufficiente andare ad aprire un dizionario o un vocabolario etimologico che sia, ma è necessario capirne la storia che esso ha svolto nel tessuto sociale (naturalmente SE ha avuto un ruolo). Io sono una delle persone più ostili a questo perbenismo e buonismo dilaganti, ma considero l'omissione della "g", almeno come una questione di eleganza, se non di educazione.

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  2. Io credo che il problema non sia la parola in sé, ma l'uso che la gente ne fa comunemente. Purtroppo io ho sempre sentito la parola "negro" usata in termini dispregiativi, per cui mi provoca un certo fastidio sentirla o leggerla...

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  3. ha proprio ragione alessandro cavallotti.Per ulteriori commenti ci troviamo su www.weblionsearch.com

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  4. I significati alle parole sono dati dagli uomini, quando una parola è caricata di significati negativi e diventa offensiva non dovrebbe più essere usata.

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  5. circa il 68 meglio cooscerlo pria e poi esprimere giudizi possibilmente corretti e intellettualmente onesti.

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  6. la realtà è sempre molto complessa, quando qualcuno pretende di aver compreso tutto della realtà con troppa semplicità, bhe diciamo che è un povero illuso. Non è che si voglia qui invitare a leggesi un manuale di filosofia del linguaggio, ma pretendere di giustificare l'uso di termini diventati dispregiativi con l'uso continuo solo in quel senso è da superficiali.

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