In una splendida giornata primaverile, i giardini del Castello Visconteo di Pavia ospitano una grande quantità di persone: anziani che si godono il fresco, studenti che trovano distrazione dallo studio, scolaresche in gita, turisti in visita.
Seguendo le indicazioni per le Scuderie del Castello, è possibile visitare la mostra Cranach Tintoretto Bernini e i capolavori della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste, aperta fino al 17 luglio p.v. Nei cinque locali scanditi da archi, vengono raccolte opere di diversi artisti operanti tra Seicento e Settecento, alcune delle quali eccezionalmente in mostra a Pavia, data la indisponibilità attuale degli spazi del Palazzo Economo di Trieste che li ospitava.
Diana e le ninfe sorprese da Atteone, di Lucas Cranach il Vecchio, è una delle prime opere che si incontrano nel percorso di visita e illustra un celebre brano delle Metamorfosi di Ovidio, quello della drammatica conclusione della vicenda tra Diana e Atteone. Durante una battuta di caccia, il giovane Atteone si imbatté casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno. Accortasi della sua presenza, la dea, adirata per l’oltraggio subito, gli spruzzò dell’acqua sul viso e lo trasformò in un cervo, impedendogli così di andare a raccontare ciò che aveva visto. Il cacciatore, scappando, giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto; nel frattempo, Atteone era stato inseguito dai suoi stessi cani che, non riconoscendolo, lo sbranarono.
Un'altra opera magnifica è il Cristo deposto di Gian Lorenzo Bernini (a destra), opera toccante e profonda, dall'emozionante pathos: il Cristo, deposto su alcune pietre, presenta la gamba destra innaturalmente sollevata ed è circondato da una luce fioca che tuttavia ne illumina il corpo ormai magro, sofferente e agonizzante, che si sta dissanguando dalla ferita al costato. Bernini, specie negli ultimi anni della sua vita, si è cimentato spesso su questo tema e in quest'opera riesce a restituire con grande immediatezza la pesantezza e l'atmosfera tetra del momento della morte. Rimanendo nell'ambito sacro, molto interessante è San Francesco e un angelo di Lorenzo Lippi, dipinto raffigurante il santo di Assisi nel classico saio marrone a righe bianche, con volto trasognato nell'atto di essere consigliato da un angelo dalle sembianze di un bambino e dai colori vivaci, con un fondo scuro che contribuisce a mettere in primo piano le due figure protagoniste.
Molto particolari per il tema affrontato sono i due dipinti di Johann Heinrich Schoenfeld, Il gusto e L'odorato. Essi fanno parte di un ciclo di opere, conservate in diversi musei e raffiguranti i cinque sensi attraverso delle allegorie. Il gusto raffigura un uomo paffuto nell'atto di tenere in mano un pollo a cui è già stata tolta una coscia, il tutto reso con pennellate grossolane e veloci. L'odorato (raffigurato a sinistra) mostra un uomo dinanzi ad una finestra, da cui filtra una luce chiara in grado di illuminare il dipinto, mentre fuma quella che rassomiglia ad una pipa appena accesa, visto il colore brillante del fornello della stessa. A differenza dell'altra opera, qui Schoenfeld ha dipinto con pennellate fini e precise, tese a rendere con grande attenzione il particolare, come, per esempio, i lineamenti del volto, le pieghe del vestito sul braccio sinistro e la mano sinistra sul bracciolo della sedia.
Uno dei dipinti che mi ha colpito per la splendida fattura è quello raffigurato qui sopra, Natura morta con frutti di stagione e frutti di canditi, opera di Pier Francesco Cittadini detto il Milanese, formatosi a Bologna alla scuola di Guido Reni, alla cui morte si impegnò in un recupero della pittura dei Carracci, fino ad avvicinarsi alla pittura francese una volta trasferitosi a Roma. L'opera presente nella mostra delle Scuderie è una natura morta, in cui l'attenzione ai particolari è la caratteristica principale: a destra un gesto con frutta di stagione e a sinistra uno con frutti canditi, raffigurati con una dovizia di particolari ai limiti di una fotografia, un'attenzione lenticolare ai colori e alle ombre. E cosa dire del tappeto dalla fantasia anatolica? L'attenzione alla trama e all'ordito del tessuto è maniacale, i ciuffi che pendono in primo piano sono plastici, le pieghe sono sapientemente rese. La luce fredda che colpisce ciò che è rappresentato in primo piano è l'elemento nodale grazie al quale tali oggetti acquisiscono quel realismo fotografico che mi ha lasciato senza fiato. Sullo sfondo, una serva consegna ad un paggetto un vassoio di cibo, mentre la padrona di casa e la sua servitù attendono sotto il pronao dell'abitazione: una scena che rimane sullo sfondo, ritratta con colori scuri ad eccezione del rosso del vestito del paggetto che richiama l'attenzione dell'osservatore e la riporta in primo piano sul vero soggetto della rappresentazione.
Altro grande protagonista della mostra è Jacopo Robusti detto il Tintoretto, di cui è possibile vedere il Ritratto di gentiluomo con barba; tale opera, che fa anche da copertina alla mostra, viene attribuita al pittore veneziano, attribuito a Tintoretto, su conferma di Rodolfo Pallucchini, il quale lo ritiene uno di quei ritratti "eseguiti dal vero con grande rapidità e con una succosa pasta pittorica verso il 1550". Altro dipinto di Tintoretto è il Cristo morto sorretto da angelo, che comunica con enorme efficacia il momento drammatico della morte del Cristo: il corpo, inerme, si abbandona a se stesso e trova sostegno nell'angelo che, con tutte le sue forze, cerca di sostenerlo, come per rianimarlo, mostrando la capacità di Tintoretto di rendere i particolari con vitalità e realismo e di comunicare l'atmosfera respirata dai protagonisti nell'opera. Oltre agli autori succitati, vi sono dipinti di Francesco Solimena, come Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (a destra), in cui la figura di Eva è centrale mentre si rivolge ad Adamo, con, sullo sfondo, una lucifera figura alata a simboleggiare le prossime sventure dei due protagonisti e in alto un grande angelo molto luminoso a rischiarare la scena, di Gian Antonio Guardi con San Nicola benedicente e in estasi (recto e verso) e di Pompeo Batoni con Madonna con Bambino e san Giovanni Nepomuceno.
La mostra rappresenta un appuntamento unico per gli appassionati della grande arte italiana: una selezione di circa cinquanta opere di scuola veneta, lombarda, genovese, emiliana, toscana e napoletana, tra cui alcuni capolavori come quelli di Tintoretto, Cranach e Bernini, provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Economo di Trieste. Vista la varietà tematica e la completezza nel riproporre i momenti più rilevanti dell’evoluzione artistica nel corso del XVII e XVIII secolo, il percorso espositivo è sicuramente articolato e di grande richiamo, visto anche l'accostamento alle scenografiche sale delle Scuderie del Castello Visconteo. Come osserva il Soprintendente Luca Caburlotto, la mostra si propone come “momento di godimento e oggetto di ammirazione”, la cui presenza a Pavia è del tutto eccezionale: le opere in mostra, infatti, sono parte di una collezione permanente che la città lombarda ha l’occasione unica di ospitare sotto forma di esposizione temporanea.
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