martedì 19 aprile 2011

(LEGITTIMO) IMPEDIMENTO AL NUCLEARE

Lo stop del Governo alle centrali nucleari corona quella moratoria che non più tardi di alcune settimane fa era stata varata per rispondere alla sindrome giapponese che aveva attanagliato buona parte del Paese e della maggioranza di governo. Il testo dell'emendamento inserito nel decreto legge omnibus, all'esame del Senato, recita così:
Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.

Al di là di affidarsi con tanta certezza all'Agenzia per la sicurezza nucleare, che ancor oggi non è operativa, vale la pena ricordare come il provvedimento di cui si sta parlando è stato uno dei primi varati dal Governo nel giugno 2008, ossia decreto legge 112, "convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133" per la "realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare". L'enfasi con cui si era celebrata questa accelerazione aveva persino portato l'ex ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ad annunciare che il governo posato la pietra di una nuova centrale entro la fine della legislatura. Mancano due anni al termine della legislatura, a patto che il Governo duri, e di quelle pietre non si è vista l'ombra: ora - possiamo starne certi - non varrà neanche più la pena di aspettare né di sperare.
Nonostante la gravità della scelta, pur tenendo conto di quanto successo in Giappone, il ministro Prestigiacomo cerca di limitare i danni di questa brusca retromarcia soffermandosi sulla ricerca che "deve andare avanti". Ma qual è il senso di investire risorse su un'energia che non verrà utilizzata? Dov'è l'utilità di essere perfettamente a conoscenza delle ultime tecnologie in tema di nucleare senza aver la possibilità di metterle in pratica? Non ci ha pensato molto su il ministro Romani quando ha deciso di stroncare in maniera assoluta il nucleare - per il quale inizialmente aveva proposto una "pausa di riflessione" - invitando a rivolgersi ad altre fonti di energia: "E' adesso importante andare avanti e guardare al futuro, impiegando le migliori tecnologie disponibili sul mercato per la produzione di energia pulita, in particolar modo per quanto riguarda il comparto delle rinnovabili e dell'energia verde."
Da sinistra Bersani esulta rivendicando i meriti della mossa del Governo, affermando che "è una vittoria nostra di chi, ben prima del Giappone, ha messo in luce l'assurdità del piano del governo" e richiamando l'attenzione a destinare risorse alle energie rinnovabili.
Il nocciolo di tutta la questione è purtroppo, come sempre più spesso capita, politico: il Governo, in chiara difficoltà, tra numeri precari alle Camere e problemi di tenuta della maggioranza, ritiene cruciali - e lo stesso presidente Berlusconi lo ha annunciato sabato scorso a Milano - le prossime elezioni amministrative, che serviranno da cartina di tornasole dello stato del Pdl in primis e della maggioranza in genere. La sindrome giapponese già ampiamente citata minacciava di creare non pochi problemi al momento delle consultazioni, ma qualche problema in più lo creerà, a mio avviso tra gli stessi elettori di centrodestra, il dietrofront così repentino ed emozionale su un punto nodale del programma di governo: l'energia nucleare, come già ricordato sopra, è stata posta come una delle priorità al punto che Scajola si era impegnato in un fitto programma di scadenze.
Adesso, all'indomani del disastro giapponese, ci troviamo a fare i conti con uno stop al nucleare. Ciò che più fa rabbia è che si tratta di uno stop sine die in attesa che venga superato il famigerato referendum. E perché dico "famigerato"? Siamo sicuri sia tutto qui? Che l'unico motivo sia solo e semplicemente quello di rispondere alle paure? Non si vuole fare dietrologia, né inventarsi nulla, ma tutt'al più allargare lo sguardo e provare a ragionare. Il quesito che il presidente Berlusconi teme più di tutti non è né quello sulla privatizzazione dell'acqua né quello che riguarda il nucleare; l'unico a cui è morbosamente interessato è quello che concerne il legittimo impedimento. E quindi la scomparsa del quesito sul nucleare può produrre una smobilitazione capace di portare a non ottenere il quorum, con il conseguente fallimento dei tre quesiti e pertanto anche - e soprattutto - di quello sul legittimo impedimento. La questione sembra tanto facile quanto contorta e cinica: ritirare l'impegno dal nucleare per evitare la bocciatura della legge sul legittimo impedimento e magari riproporre la via al nucleare tra qualche mese, una volta passata la marea del referendum.
Mi chiedo se tutto questo è serio e soprattutto leale dinanzi ad un Paese che chiede risposte ad un presidente del Consiglio ora più che mai interessato a risolvere i suoi personali affari sfruttando la sua posizione. Forse varrebbe la pena di seguire l'invito di Stefania Craxi a farsi da parte...

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