martedì 9 novembre 2010

WEEKEND POLITICO

Ci siamo lasciati alle spalle un weekend denso di avvenimenti politici e qualche strascico è ancora sotto i nostri occhi. Tre diversi eventi, tre diversi messaggi, tre diverse impostazioni: insomma, tre spunti di discussione pronti a guidare - si spera - il prossimo dibattito politico.
Iniziamo da Gianfranco Fini, che dalla convention di Bastia Umbra prepara il lancio ufficiale del nuovo partito Futuro e Libertà e per il momento lancia il Manifesto per l'Italia, letto da Luca Barbareschi con il supporto di alcune immagini della nostra Italia e delle musiche di Ennio Morricone. Si è trattato di una kermesse che ha visto una grande partecipazione e da cui è uscita fuori un'idea abbastanza precisa di quello che vorrà essere Fli: una forza che rappresenti il centrodestra italiano, inserendosi nel solco del popolarismo europeo, con un bagaglio di principi e valori sui quali Fini, pur ricordandoli, è stato un po' generico e poco solido. Visti i tempi, si può dire che le idee ci sono, dovranno poi essere sostanziate dai fatti che diranno in maniera inequivocabile se quei principi e quei valori sbandierati ieri sono veri e genuini o semplicemente uno specchietto per le allodole. Tuttavia, Fini non è riuscito a scaldarmi il cuore: certamente, è un grande oratore, un grande trascinatore, capace di trascinare la platea e renderla partecipe del grande cambiamento in atto, sicuramente il gesto di abbandonare la barca del Pdl è stato coraggioso ed ambizioso è il progetto di Fli. Ma troppi sono i punti controversi del personaggio: è passato all'azione troppo tardi, per troppo tempo ha soggiaciuto agli schemi berlusconiani senza troppi strepitii, speranzoso che un giorno il delfino sarebbe diventato il capo. Ma, uno come lui, avrebbe dovuto capirlo prima che gli spazi di manovra erano risicatissimi e che bisognava lasciare la baracca, senza neanche impegnarsi in un ennesimo progetto di impronta berlusconiana come il Popolo delle Libertà. Quello di Fini con la nascita di Fli pare più un colpo d'ali, giunto sull'onda della disperazione alla ricerca di uno spazio vitale, che arriva con enorme e colpevole ritardo. E poi, Fini abbandona Berlusconi anche per via del troppo personalismo che lo stesso incarnava nel suo partito e nel simbolo di Fli la prima cosa che salta all'occhio è il nome FINI: c'è qualcosa che non torna... E poi, perché non dare la sfiducia in Parlamento al governo e ritirare i ministri piuttosto che gettare il sasso e nascondere la mano chiedendo a Berlusconi di dichiarare la crisi, così da ributtare la palla nel campo del premier e non portare avanti lo strappo fino in fondo?
Passando a Firenze, Matteo Renzi e Pippo Civati hanno organizzato una manifestazione giovane, fresca, essenziale e nuova per rottamare il vecchio: tra keyword, limite di cinque minuti per ogni oratore e relativo gong finale, lettura dei messaggi sulla pagina di Facebook e il diluvio di video citazioni, i due hanno saputo dare una ventata di freschezza e di novità in un centrosinistra paralizzato. L'animo di Renzi e Civati pare essere veramente quello di smuovere le coscienze, risvegliarle dal torpore che la vecchiaia può portare, ravvivare il dibattito in un Pd che appare inchiodato, bene o male, ai vecchi schemi. A conferma di ciò, mentre a Firenze si discuteva, da Roma, come "saluto" sono arrivati fischi: questo dà la misura di quanto i vecchi temono la rottamazione...
Giungiamo a Roma, dove un noioso Bersani decide di convocare, casualmente, l'assemblea dei circoli del Pd proprio nel weekend in cui Renzi aveva già da tempo fissato la riunione dei rottamatori. A calcare questo aspetto e a rendere manifesto quanto democratico sia il partito, da Roma partono fischi in direzione di Firenze, che risponde con un abbraccio. E poi, una litania, a ripetere sempre i medesimi incoraggiamenti con quel linguaggio scarno e scoordinato da bar sport, sapientemente coordinato con le maniche della camicia rimboccate per un futuro (idealmente) migliore. Bersani, basta, queste formule non funzionano, bisogna andare oltre, a Firenze non hanno usato, se non una volta, la parola "compagno": significherà qualcosa? Perché non andare a Firenze? Quale timore per un evento in cui sarebbe stato accolto con amicizia? Quale freno ad andare a parlare con Renzi e Civati dei temi d'attualità?
Ciascuno di questi tre eventi ha portato utili spunti: Fini dovrà proseguire, comunque, nel solco che ha tracciato; Renzi e Civati dovranno continuare a pungolare il Pd per mantenere la barra dritta sull'argomento "rottamazione"; Bersani dovrà riordinare le idee e accogliere i validi spunti che ha intorno a sé per invertire la rotta del Pd. Non ci resta che attendere.

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