Dispiace che intorno ad un'affermazione che, seppure importante ma comunque documentata, si sia scatenata una polemica dai toni accesi. Quella nata, infatti, tra Roberto Saviano e Roberto Maroni potrebbe essere una guerra "avvilente", come ricorda Battista, "tra due simboli della battaglia contro la criminalità organizzata"; il che sarebbe un peccato visto che entrambi, ciascuno con i propri mezzi, agiscono quotidianamente perché le mafie di ogni tipo e ad ogni livello vengano debellate e definitivamente stanate (è di qualche ora fa la notizia dell'arresto del boss Antonio Iovine, storico capo dei Casalesi, latitante da quattordici anni). L'affermazione incriminata di Saviano, pronunciata durante la trasmissione Vieni via con me e per la quale il ministro Maroni minaccia azioni legali, chiama in causa la Lega Nord dicendo che al nord la 'ndrangheta interloquisce con essa e fa riferimento ad un incontro tra Pino Neri e un consigliere regionale lombardo della Lega, fatto emerso da un'inchiesta congiunta della DDA di Milano e Reggio Calabria: Saviano si limita a riportare il fatto per esemplificare il pericolo strisciante, peraltro già dimostrato dalle indagini, delle infiltrazioni malavitose al nord. Si tratta di un monito a tenere gli occhi bene aperti, senza pensare che la mafia sia qualcosa di lontano, appartenente ad un'altra realtà rispetto a quella in cui viviamo.
E per l'appunto, proprio oggi, la relazione al Parlamento della Dia (Direzione investigativa antimafia) relativa al primo semestre dell'anno in corso segnala la "consolidata presenza" in alcune aree lombarde di "sodali di storiche famiglie di ’ndrangheta" in grado di influenzare "la vita economica, sociale e politica di quei luoghi". Si sottolinea inoltre il "coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede ad impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l’assegnazione di appalti ed assestato oblique vicende amministrative". La Dia punta l'attenzione su come le cosche penetrano nel tessuto sociale: esse si muovono seguendo due filoni, "quello del consenso e quello dell’assoggettamento", in modo tale che "da un lato trascinano con modalità diverse i sodalizi nelle attività produttive e dall’altro li collegano con ignari settori della pubblica amministrazione, che possano favorirne i disegni economici", strategia - questa - favorita da "fattori ambientali"; così riesce a consolidarsi la "mafia imprenditrice calabrese" che con "propri e sfuggenti cartelli d’imprese" si infiltra nel "sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e, in alcuni segmenti dell’edilizia privata" come il "multiforme compartimento che provvede alle cosiddette opere di urbanizzazione". Questo è il quadro terribile della 'ndrangheta al nord, un quadro sconosciuto ai più perché, come ricorda anche Saviano, "non si sente parlare delle organizzazioni qui, non si ha voglia".
Auspico che la querelle tra Saviano e Maroni possa concludersi al più presto, con una replica di Maroni, come è giusto che sia, evitando che il monologo televisivo diventi inquisizione. Tutti insieme, invece, dobbiamo continuare ancora e sempre di più a parlare di tutte le mafie per farle conoscere: solo così si indeboliranno e, magari un giorno, saranno sconfitte.
E per l'appunto, proprio oggi, la relazione al Parlamento della Dia (Direzione investigativa antimafia) relativa al primo semestre dell'anno in corso segnala la "consolidata presenza" in alcune aree lombarde di "sodali di storiche famiglie di ’ndrangheta" in grado di influenzare "la vita economica, sociale e politica di quei luoghi". Si sottolinea inoltre il "coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede ad impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l’assegnazione di appalti ed assestato oblique vicende amministrative". La Dia punta l'attenzione su come le cosche penetrano nel tessuto sociale: esse si muovono seguendo due filoni, "quello del consenso e quello dell’assoggettamento", in modo tale che "da un lato trascinano con modalità diverse i sodalizi nelle attività produttive e dall’altro li collegano con ignari settori della pubblica amministrazione, che possano favorirne i disegni economici", strategia - questa - favorita da "fattori ambientali"; così riesce a consolidarsi la "mafia imprenditrice calabrese" che con "propri e sfuggenti cartelli d’imprese" si infiltra nel "sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e, in alcuni segmenti dell’edilizia privata" come il "multiforme compartimento che provvede alle cosiddette opere di urbanizzazione". Questo è il quadro terribile della 'ndrangheta al nord, un quadro sconosciuto ai più perché, come ricorda anche Saviano, "non si sente parlare delle organizzazioni qui, non si ha voglia".
Auspico che la querelle tra Saviano e Maroni possa concludersi al più presto, con una replica di Maroni, come è giusto che sia, evitando che il monologo televisivo diventi inquisizione. Tutti insieme, invece, dobbiamo continuare ancora e sempre di più a parlare di tutte le mafie per farle conoscere: solo così si indeboliranno e, magari un giorno, saranno sconfitte.
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