Il Collegio Nuovo di Pavia ha ospitato ieri sera Silvia Avallone, pluripremiata autrice di Acciaio, che si è confrontata con Anna Modena, docente di Letteratura Italiana contemporanea dell’Università di Pavia. Premio Campiello Opera Prima e finalista allo Strega (seconda classificata), la scrittrice biellese, vissuta anche a Piombino, teatro di Acciaio, ha tenuto incollato l'uditorio in una piacevole conversazione sul libro, sulla sua genesi e sui temi affrontati. Nata a Biella nel 1984, la Avallone si è laureata in Filosofia a Bologna e vorrebbe fare l’insegnante; tuttavia, scrittrice non si è trovata per caso: il suo vero esordio, oltre a racconti per la rivista Nuovi Argomenti, è stato nella poesia, con il suo II libro dei vent’anni (Edizioni della Meridiana, 2007, con la prefazione di Giuseppe Conte), in cui una poesia è dedicata anche agli operai delle acciaierie di Piombino narrate nel romanzo. A proposito di poesia, è la stessa autrice a sottolinearne l'importanza: come "apprendistato", come palestra per imparare a scrivere, l'esperienza della poesia è quanto di più utile per imparare a gestire le parole e confrontarsi con la scrittura. Lei che, comunque, non ha frequentato scuole di scritture, su cui ha mostrato scarso apprezzamento. Nonostante la rapidità del consenso acquisito, la Avallone ha tenuto a sottolineare come abbia vissuto il successo "senza patemi", senza timori, mantenendo i piedi per terra, prendendo i numerosi premi "come un gioco".
Il centro di Acciaio, il cui nucleo è costituito dalla storia di un'"amicizia del cuore", raccontata con emozionante intensità, tra le quattordicenni Anna e Francesca, è l'età "potenziale" dell'adolescenza, in cui la nascita e l’affermazione del desiderio giocano un ruolo propulsivo. Ma Acciaio racconta anche "la storia dei vinti, di chi non ce l'ha fatta", di "un'Italia che stenta a guardare al futuro": gli operai della Lucchini, costretti a turni sfiancanti e condannati ad una vita grama, sono lo sfondo del romanzo, la parete su cui si stagliano le altre figure e le altre storie. Proprio perché la figura dell'operaio è rimasta "emarginata dalla vita culturale", la scrittrice ha voluto prendere su di sé la responsabilità di raccontarla, di renderla nella sua interezza, prestando attenzione all'"estetica", che per lei è stata "un'operazione sociale". Il mondo operaio viene raccontato in maniera partigiana e la scrittrice, con il suo racconto, ne prende manifestamente le parti: avendolo visto da vicino, l'ha interiorizzato e lo racconta con eccezionale realismo.
I personaggi, non avendo a disposizione altri media al di fuori della televisione, sono cresciuti e sono stati plasmati da essa. Da qui deriva il mito della bellezza, del corpo giovane e perfetto cui ambiscono le due protagoniste: emblematico, a tal proposito, lo spogliarello improvvisato nel bagno di casa, dal quale emerge la totale innocenza e la somma levità di queste tredicenni che si confrontano con il proprio corpo e la propria età di transizione. Per quanto riguarda i personaggi maschili in particolare, la Avallone tiene a sottolineare quanto essi siano personaggi reali, a cui manca esclusivamente il cognome, ma effettivamente esistenti, con esperienze di vita reali (ad esempio il furto di rame o la gara con i Caterpillar). Nonostante la pesantezza e la durezza del lavoro che li segna non poco, e per la cui sopportazione non esitano ad aiutarsi con stupefacenti, essi mostrano "la dignità e la nobiltà del lavoro" che svolgono e che li rendono personaggi molto positivi e che la scrittrice tiene a "difendere a spada tratta". E, a proposito di personaggi, mi è parsa quanto mai originale la sottolineatura sulla loro genesi: la Avallone ha voluto costruire "personaggi vivi e autonomi", le cui storie dovevano nascere direttamente da sé, in base alla loro storia personale, senza alcun elemento narcisista, sapientemente eliminato dalla lettura "censoria" della madre: "nessun elemento autobiografico è stato inserito nel libro", conferma la Avallone e di questo "devo ringraziare una lettrice d'eccezione, mia mamma: nei punti in cui si annoiava, mi diceva quello che dovevo togliere". Insomma, un libro denso per i temi trattati, con una scrittura capace di astrarre il lettore e trasportarlo nelle atmosfere del libro, capace di far leggere il libro d'un fiato; le storie dei personaggi sono sicuramente difficili e pesanti, ma la bravura della Avallone sta proprio in questo, cioè nel far scendere chi legge al livello dei personaggi, proponendo quasi al lettore stesso di misurarsi con essi e riflettere. Il libro è totalmente figlio del suo pensiero: anche ieri sera ha confermato, come era già capitato in molte interviste, che è una ragazza profonda, critica, battagliera, tosta, che crede profondamente in alcuni valori e li difende.
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