Da uomo, prima, e da blogger, poi, non posso non riportarvi la notizia del rapimento di Amina Arraf, figlia di un'americana e di un siriano, che ha vissuto a lungo negli Stati Uniti fino a quando, circa un anno fa, nell'estate 2010, decide di tornare in Siria. Nella blogosfera è certamente uno dei nomi più famosi della rivolta civile dei siriani nei confronti di un regime asfissiante grazie al suo personale blog, divenuto popolarissimo con aggiornamenti frequenti sulla rivolta e soprattutto con la confessione riguardante la propria omosessualità: un grandissimo coraggio, per una giovane donna araba, quello di raccontare la vita di una ragazza omossessule, dal momento che in Siria, come in molti altri Paesi arabi, l'omossessualità è considerata un reato. Il titolo del blog è per l'appunto A gay girl in Damascus, spazio virtuale in cui raccoglieva appunti, notizie e commenti di natura politica. Da quando sono scoppiate le proteste contro il regime, nel marzo scorso, e a seguito dell'espulsione di gran parte dei giornalisti stanieri dalla Siria, il blog di Amina è diventata una delle fonti di notizie per la stampa internazionale.
La denuncia del rapimento è stata fatta dalla cugina di Amina, Rania:
Dear friends of Amina,
I am Amina Abdallah Araf al Omari’s cousin and have the following information to share.
Earlier today, at approximately 6:00 pm Damascus time, Amina was walking in the area of the Abbasid bus station, near Fares al Khouri Street. She had gone to meet a person involved with the Local Coordinating Committee and was accompanied by a friend.
Amina told the friend that she would go ahead and they were separated. Amina had, apparently, identified the person she was to meet. However, while her companion was still close by, Amina was seized by three men in their early 20’s. According to the witness (who does not want her identity known), the men were armed. Amina hit one of them and told the friend to go find her father.
One of the men then put his hand over Amina’s mouth and they hustled her into a red Dacia Logan with a window sticker of Basel Assad. The witness did not get the tag number. She promptly went and found Amina’s father.
The men are assumed to be members of one of the security services or the Baath Party militia. Amina’s present location is unknown and it is unclear if she is in a jail or being held elsewhere in Damascus.
I have just spoken with her father who is trying to locate her. He has asked me to share this information with her contacts in the hope that someone may know her whereabouts and so that she might be shortly released.
If she is now in custody, he is not worried about being in hiding and says he will do anything he can to free her. If anyone knows anything as to her whereabouts, please contact Abdallah al Omari at his home or please email me, Rania Ismail, at onepathtogod at gmail dot com.
We are hoping she is simply in jail and nothing worse has happened to her. Amina had previously sent me several texts to post should something happen to her and we will wait until we have definite word before doing so.
Salamat,
Rania O. Ismail
Amina è stata fermata da tre agenti in borghese armati ed è stata costretta a entrare nella loro auto nei pressi della piazza degli Abbasidi della capitale siriana. Amina ha colpito uno di loro e ha detto alla sua amica di andare alla ricerca di suo padre. Uno degli uomini allora ha messo la mano sulla bocca di Amina trascinandola in una Dacia Logan rossa con un adesivo sul finestrino di Basel Assad, fratello dell'attuale presidente siriano Bashar al Assad.
I have been on the telephone with both her parents and all that we can say right now is that she is missing. Her father is desperately trying to find out where she is and who has taken her.
Unfortunately, there are at least 18 different police formations in Syria as well as multiple different party militias and gangs. We do not know who took her so we do not know who to ask to get her back. It is possible that they are forcibly deporting her.
From other family members who have been imprisoned there, we believe that she is likely to be released fairly soon. If they wanted to kill her, they would have done so.
That is what we are all praying for.
I will post any updates as soon as I have them.
Questo è un aggiornamento postato sempre dalla cugina di Amina, la quale racconta di essere stata al telefono con i genitori della ragazza che non ne hanno notizie e stanno disperatamente cercando di capire dove sia stata condotta. "Purtroppo ci sono almeno di 18 diverse polizie in Siria, oltre a bande e gruppi paramilitari. Non sappiamo chi l'ha presa e dunque a chi chiedere il suo rilascio. E' anche possibile che stiano cercando di deportarla. Da altri membri della famiglia che sono stati imprigionati, possiamo supporre che verrà rilasciata presto. Se avessero voluto ucciderla lo avrebbero fatto subito. Almeno, questo è ciò che speriamo e per cui preghiamo".
Nell'introduzione del suo blog, Amina mostra di essere pienamente coinvolta nel vento di rivoluzione attualmente in coros, al punto che "tutti noi vogliamo vedere rivoluzionato ogni aspetto della nostra società, vogliamo che si ripensi non solo come gli Stati vengono governati ma anche il ruolo delle donne in queste società, il diritto all'autonomia sessuale e sì, anche il diritto a sposare chi amiamo".
Per capire la difficile situazione di Amina, da un mese era costretta a vivere nascosta, dopo aver ricevuto avvertimenti e minacce. La sua partner Sandra Bagaria, intervistata in Canada dal New York Times, racconta che la Arraf "ha vissuto in quattro o cinque appartamenti in quattro o cinque diverse città" dopo che due giovani si sono presentati in casa sua a Damasco qualche settimana fa. "Amina si svegliò nel mezzo della notte e vide suo padre parlare fuori di casa con due giovani di circa vent'anni. Penso che stessero solo eseguendo ordini, non sapevano cosa stessero facendo". "Da allora fummo sicure che sarebbero tornati per lei, era solo questione di tempo" e così è stato: tornarono mentre lei era in un internet cafè ad aggiornare il blog. La stessa Bagaria racconta che insieme avevano in programma una vacanza a Roma, ma che poi Amina non se l'è sentita di lasciare la Siria e magari non potervi fare ritorno: "Voleva incontrare la gente, poter partecipare alle manifestazioni".
Il web, il luogo dove l'attivismo di Amina è nato, si sta mobilitando con una campagna massiccia per la sua liberazione: una pagina su Facebook e l'hashtag #freeamina su Twitter sono i canali su cui centinaia di utenti già si stanno mobilitando: "Ora la cosa più importante è che la notizia si diffonda, è la nostra unica speranza", scrive la Bagaria.
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