sabato 26 dicembre 2009

MAGISTRATI

Magistrati

Luciano Violante

Vele Giulio Einaudi editore

€ 10

Luciano Violante, responsabile Pd per le riforme, condensa in un libro di circa duecento pagine una grossa questione d'attualità: il rapporto tra politica e magistratura ovvero un'opposizione tra due poteri che negli ultimi vent'anni ha vissuto momenti a tratti molto difficili.
La conclusione a cui giunge è apparentemente elementare: "la storia dei rapporti tra magistratura e politica ruota attorno al concetto di indipendenza della magistratura", concetto che è mutato nel corso degli anni e "ha trovato diversi fondamenti nella nostra storia politica e costituzionale."
Egli riconosce due distinti periodi nella vita repubblicana, in cui il modo di agire dei magistrati è molto differente. Nell'età della legge, "il diritto era frutto di scelte che altri avevano già fatto; il giudice doveva limitarsi a riprodurle"; nessuno avrebbe costretto il magistrato ad applicare le leggi "fuori del significato che le aveva attribuito il Parlamento". In questo lasso di tempo, l'indipendenza è "al servizio del Parlamento" e delle sue scelte: prevale così il modello del giudice "bocca della legge". Con le prime sentenze della Corte costituzionale ovvero quando "la Costituzione incomincia a sviluppare le proprie potenzialità", si assiste ad un cedimento del modello: la legge vincola il giudice, ma quest'ultimo può metterla in discussione, chiedendo l'annullamento della stessa alla Corte. Si arriva così ad una condivisione della sovranità tra Parlamento e giurisdizione. E' così che si esce dall'età della legge e si entra nell'età dell'interpretazione della legge. Ora l'indipendenza è la "condizione per attuare la Costituzione e i suoi valori"; la lotta tra i partiti, tra chi vuol frenare la spinta innovatrice e chi la vuole assecondare, ha il risultato di legittimare la magistratura e la sua indipendenza, dato che ciascuna corrente dell'Anm si identifica in una o nell'altra parte sulla scorta dei personali valori di riferimento. "Il confronto (...) riguardava i contenuti della Costituzione e si svolgeva attorno a quei valori. Nulla era fuori della Costituzione": per questi motivi Violante non esita a parlare di "stagione decisiva per la democrazia italiana". Ai valori di uguaglianza e promozione sociale, che hanno favorito il passaggio dalla prima alla seconda età, bisogna affiancare i valori di unità e responsabilità, "privilegiando nel quotidiano esercizio della propria funzione la certezza del diritto e della sua interpretazione."
Al giorno d'oggi, invece, il tema è la riforma della Costituzione. Sono state fatte mezze riforme e referendum ma una vera riforma manca ancora e forse il parlarne da troppo tempo ha "delegittimato" la Carta e la credibilità stessa di una seria riforma. "L'indipendenza ha perso la sua piattaforma teorica" e "appare drammaticamente priva di giustificazione esterna". Ecco, allora, che il conflitto è sulla sovranità: a chi spetta tra giurisdizione e politica e quali devono essere i confini. A stare a quanto succede oggi, è evidente che la Carta appare debole dinanzi ad una politica che tracima, cosicché il "potere politico (...) si sente più vicino all'antico modello del giudice bocca della legge". Tuttavia, ricorda Violante, i principi democratici impongono il contrario ossia la "tendenza oligarchica del potere politico" richiede un freno, un argine che può essere rappresentato da "un'istituzione indipendente" in grado di intervenire quando la legalità viene violata. Perché, il problema attuale che ci troviamo ad affrontare negli ultimi tempi riguarda il fatto che una parte della politica ritiene che la legittimazione ottenuta col voto popolare comporti la contemporanea acquisizione di un'insindacabilità generale per tutto il mandato. Afferma solennemente Violante: "è una pretesa sbagliata perché legittimità formale e legittimità sociale sono entità distinte che poggiano su presupposti diversi".
A questo punto, "dopo la crisi della legge e l'indebolimento della piattaforma costituzionale", l'indipendenza necessita di una nuova legittimazione come "condizione e garanzia che consente al magistrato di esplicare in piena autorevolezza le proprie funzioni." La nuova ragion d'esser potrà essere rappresentata dalla magistratura come "istituzione capace di comporre ragionevolmente i valori del pluralismo con quelli della progressiva unificazione del paese, i valori dei diritti con i valori della responsabilità."

Attraverso sette capitoli, partendo da una storia della magistratura e passando per le tappe attraverso cui la politica, dal varo della Costituzione in poi, si è affrancata dal potere politico, passando a descrivere una "Repubblica giuridificata" e un "paese paralizzato", il periodo di Mani pulite fino ad arrivare alle questioni più attuali, Luciano Violante cerca di capire qual è oggi il ruolo dei giudici nella società, dal momento che "la perdita di credibilità della politica e l'indebolimento dei valori morali hanno portato la sfera di influenza del diritto a espandersi a dismisura. "

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