Complimenti! Cos'altro si può dire dinanzi ad un'impresa storica come quella realizzatasi ieri sera al Santiago Bernabeu, dopo una partita che, a parte la fase di studio iniziale, ha mostrato la robustezza e la compattezza di una squadra - l'Inter - che quando comincia a macinare gioco diventa difficile da domare, contro un Bayern Monaco aggrappato alle magie - poche, in verità ieri sera - del maghetto Robben, il quale solo in due o tre occasioni ha messo paura, domato in maniera magistrale da una difesa che è sinonimo di solidità e fisicità, con un Julio Cesar che, seppur poco impegnato, quando è stato chiamato in causa ha risposto con sicurezza.
Un'impresa spettacolare che chiude un digiuno lungo 45 anni, che rallegra il presidente Moratti che torna a vincere il trofeo più ambito dopo l'ultimo vinto da suo padre, Angelo, con il mitico Herrera. Una gioia pazzesca vedere esultare i campioni sul terreno madrileno del Bernabeu, ma soprattutto splendida è la gioia delle torri interiste: capitan Zanetti, dopo 15 anni e 700 partite, alza la Coppa per eccellenza dopo aver giocato un'altra impeccabile partita, l'infaticabile Cambiasso, portato a Milano a parametro da zero proprio dal Real Madrid e diventato perno insostituibile del centrocampo, il Principe Milito per il quale qualsiasi aggettivo sembra essere inappropriato per definire le sue altissime qualità di giocatore, uno dei più forti centravanti del mondo, capace di essere determinante anche se non segna con quella innata capacità di proteggere il pallone, di saper cercare sempre in maniera altruistica il compagno nella posizione migliore o di sfondare le difese con la sua dirompente presenza. La firma sulla Coppa, ieri sera, l'ha messa proprio Diego, con due gol che sono due perle di calcio, due gol da cineteca e da mostrare in tutte le scuole calcio per la pregevole fattura e l'acuta intelligenza nel costruirle. A differenza del suo attuale allenatore, la sua permanenza in terra italiana sembra essere più certa, a Milano sembra aver trovato l'ambiente giusto per giocare gli ultimi anni della carriera e raccogliere altri ambiziosi trofei.
Complimenti speciali all'allenatore, José Mourinho, personaggio difficile, che, alla prova dei fatti, ha dimostrato di essere il più forte, che ieri sera, in qualità di allievo, ha superato il maestro Van Gaal, che ha dimostrato di essere umano anche lui: vederlo commuoversi, abbracciato al figlio stretto in braccio, è una scena più unica e rara per un uomo di ghiaccio come lui. Ieri sera ha respirato aria madrilena, pare essergli piaciuta, pare aver gradito le premesse: pare molto certo che l'anno prossimo la panchina interista non sarà guidata dallo Special One, alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi obiettivi da rincorrere sulla panchina dei Blancos.
Onore all'Inter che, sebbene favorita, ha giocato una gara discretamente interessante, almeno per la parte centrale del match, contro una squadra certamente inferiore, ma capace in talune circostanze di rendersi pericolosa. E la fila di trofei che l'Inter può agguantare non è finita: sono ancora da giocare la Supercoppa italiana contro la Roma, la Supercoppa europea contro l'Atletico Madrid e la Coppa del mondo per club.
Una festa infinita, tra Madrid e Milano, andata avanti per tutta la notte, per festeggiare un traguardo agognato che mancava a Milano, sponda rossoblu, da tanto, da troppo tempo, considerando il parco giocatori di tutto rispetto e i grossi investimenti del Presidente.
E anch'io, nonostante le parole espresse nel precedente post, mi sono "convertito", forse anche un po' influenzato dalle parole di Mauro Zucconi: avevo detto che non avrei tifato Inter, ma forse nemmeno Bayern. E invece, seduto nella saletta in cui ho guardato la partita, circondato da interisti di tutte le età e con tutti i tipi di gadget, ho sentito vibrare l'anima italiana e, non appena Webb ha fischiato l'inizio, non ho potuto far a meno di tremare ed essere teso come se fossi anch'io interista. Quando il Principe ha insaccato il primo gol, la sala stava per crollare e anch'io, dentro di me, ho esultato; e quando Milito ha replicato ho alzato il pugno per esultare, per scaricare un po' di quell'adrenalina che non pensavo potessi avere. I casi della vita, i casi del calcio...
Un'impresa spettacolare che chiude un digiuno lungo 45 anni, che rallegra il presidente Moratti che torna a vincere il trofeo più ambito dopo l'ultimo vinto da suo padre, Angelo, con il mitico Herrera. Una gioia pazzesca vedere esultare i campioni sul terreno madrileno del Bernabeu, ma soprattutto splendida è la gioia delle torri interiste: capitan Zanetti, dopo 15 anni e 700 partite, alza la Coppa per eccellenza dopo aver giocato un'altra impeccabile partita, l'infaticabile Cambiasso, portato a Milano a parametro da zero proprio dal Real Madrid e diventato perno insostituibile del centrocampo, il Principe Milito per il quale qualsiasi aggettivo sembra essere inappropriato per definire le sue altissime qualità di giocatore, uno dei più forti centravanti del mondo, capace di essere determinante anche se non segna con quella innata capacità di proteggere il pallone, di saper cercare sempre in maniera altruistica il compagno nella posizione migliore o di sfondare le difese con la sua dirompente presenza. La firma sulla Coppa, ieri sera, l'ha messa proprio Diego, con due gol che sono due perle di calcio, due gol da cineteca e da mostrare in tutte le scuole calcio per la pregevole fattura e l'acuta intelligenza nel costruirle. A differenza del suo attuale allenatore, la sua permanenza in terra italiana sembra essere più certa, a Milano sembra aver trovato l'ambiente giusto per giocare gli ultimi anni della carriera e raccogliere altri ambiziosi trofei.
Complimenti speciali all'allenatore, José Mourinho, personaggio difficile, che, alla prova dei fatti, ha dimostrato di essere il più forte, che ieri sera, in qualità di allievo, ha superato il maestro Van Gaal, che ha dimostrato di essere umano anche lui: vederlo commuoversi, abbracciato al figlio stretto in braccio, è una scena più unica e rara per un uomo di ghiaccio come lui. Ieri sera ha respirato aria madrilena, pare essergli piaciuta, pare aver gradito le premesse: pare molto certo che l'anno prossimo la panchina interista non sarà guidata dallo Special One, alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi obiettivi da rincorrere sulla panchina dei Blancos.
Onore all'Inter che, sebbene favorita, ha giocato una gara discretamente interessante, almeno per la parte centrale del match, contro una squadra certamente inferiore, ma capace in talune circostanze di rendersi pericolosa. E la fila di trofei che l'Inter può agguantare non è finita: sono ancora da giocare la Supercoppa italiana contro la Roma, la Supercoppa europea contro l'Atletico Madrid e la Coppa del mondo per club.
Una festa infinita, tra Madrid e Milano, andata avanti per tutta la notte, per festeggiare un traguardo agognato che mancava a Milano, sponda rossoblu, da tanto, da troppo tempo, considerando il parco giocatori di tutto rispetto e i grossi investimenti del Presidente.
E anch'io, nonostante le parole espresse nel precedente post, mi sono "convertito", forse anche un po' influenzato dalle parole di Mauro Zucconi: avevo detto che non avrei tifato Inter, ma forse nemmeno Bayern. E invece, seduto nella saletta in cui ho guardato la partita, circondato da interisti di tutte le età e con tutti i tipi di gadget, ho sentito vibrare l'anima italiana e, non appena Webb ha fischiato l'inizio, non ho potuto far a meno di tremare ed essere teso come se fossi anch'io interista. Quando il Principe ha insaccato il primo gol, la sala stava per crollare e anch'io, dentro di me, ho esultato; e quando Milito ha replicato ho alzato il pugno per esultare, per scaricare un po' di quell'adrenalina che non pensavo potessi avere. I casi della vita, i casi del calcio...
È stata una bella serata di sport, a prescindere dal tifo di ognuno. Vedere i calciatori piangere con i propri figli a fine partita e l'intero stadio applaudire all'unisono è stato davvero emozionante.
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