GERMANIA-SPAGNA 0-1
Ernst Happel Stadion, Vienna
Ernst Happel Stadion, Vienna
Alla fine di un’intensa partita, la Spagna espugna l’Ernst Happel di Vienna, diventando campione d’Europa dopo 44 anni dall’ultimo titolo. Niente da dire in più, se non che ha ampiamente meritato la vittoria per i valori tecnici che ha messo in campo: non una partita della Spagna è stata noiosa, il gioco era spettacolare ed ubriacante, ci si incantava a vedere in mezzo al campo così tanti giovani che davano lezioni di calcio con le loro triangolazioni. Per la Germania non c’è stato nulla da fare: seppure ha tentato con tutte le forze di imporsi, ha dovuto inchinarsi dinanzi ad una formazione solida in tutti i reparti, dalla difesa con i vari Casillas, Puyol, Marchena fino all’attacco, dove el Niño Torres è riuscito a sbloccarsi mettendo a segno una rete pesante come un masso, calmando tutti i critici e dando uno schiaffo ad Aragones, che nelle ultime partite l’aveva sempre sostituito. Tra l’altro, una Germania, la quale, dopo un girone di qualificazione sofferto, ha dato anche lei spettacolo nei quarti e nella semifinale. Ma francamente, fin dall’inizio, la Spagna è sembrata una delle squadre più in forma e più fortemente decisa a vincere il titolo, sostenuta da una rosa di altissimo valore tecnico.
Giunti alla finale, volendo fare un bilancio, possiamo dire che tutte le favorite si sono perse un po’ prima del tempo, cioè un po’ prima di quanto ci si aspettava, a partire chiaramente dall’Italia, che, campione del mondo in carica, ha fatto veramente una pessima figura, faticando fin dal girone di qualificazione (è possibile che mentre sappiamo quasi a memoria la formazione della Spagna o della Germania non conosciamo mai quella dell’Italia, per di più cambiata per tre volte consecutive?) e soccombendo ai quarti sotto i colpi di una Spagna nettamente più in palla. Gestione Donadoni, quindi, ampiamente fallimentare: perché se è vero che sono i giocatori coloro che scendono in campo, chi li dispone sul terreno di gioco è il ct, il quale, nel caso di Donadoni, non ha azzeccato una formazione, credendo di poter cambiare dall’uno al due il ruolo dei giocatori, adattandoli. Perciò, bentornato a Lippi, su cui è bene non lasciare cadere troppe aspettative: perché se è vero che è andato via da vincitore, in quella vittoria c’è stata la solita dose di fortuna, che però nulla toglie alle capacità tecniche della squadra e dell’allenatore, i quali hanno saputo lottare con le unghie per raggiungere il traguardo del titolo mondiale.
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