mercoledì 29 dicembre 2010

GIORGIO AMBROSOLI: UN ESEMPIO





Ho associato, fin da quando ero bambino, il nome "Ambrosoli" a quello delle caramelle, quelle al miele, con la carta gialla. Crescendo, poi, mi sono accorto che quel nome così importante era lo stesso di un'altra persona, molto più importante, per ciò che ha fatto e per come lo ha fatto.
L'avvocato Giorgio Ambrosoli, nato il 17 ottobre 1933 a Milano e assassinato sotto casa sua con quattro colpi di pistola l'11 luglio 1979, conquista la mia ammirazione non appena comincio a cercare sue notizie tramite Internet. Parto dalla pagina di Wikipedia e poi continuo con i libri, il film L'eroe borghese tratto dal libro omonimo di Corrado Stajano, i numerosi speciali che la tv gli dedica, uno su tutti Qualunque cosa succeda - Storia di Giorgio Ambrosoli, trasmesso da La storia siamo noi di Giovanni Minoli. Decido di approfondire e di saperne il più possibile su questa vicenda perché la storia di Giorgio Ambrosoli si intreccia con quella di Michele Sindona, banchiere e finanziere siciliano capace di creare un vasto impero finanziario nell'arco di pochi anni, una storia dentro la quale si nascondono alcuni misteri del nostro Paese tuttora irrisolti.




Giorgio Ambrosoli è un avvocato milanese che fin da ragazzo decide di non seguire le orme paterne e quindi di non lavorare in banca. Studia Giurisprudenza per poter poi esercitare la professione di avvocato. Tuttavia, per ironia della sorte, a partire dal 1965, inizia ad occuparsi di banche, in particolare della liquidazione coatta amministrativa della SFI, la Società Finanziaria Italiana, nata come finanziaria degli industriali del tessile delle province di Biella e Vercelli e impegnatasi poi in vari settori, fino al tracollo che ne decreta la liquidazione. Alla SFI Ambrosoli conosce alcuni colleghi che lo accompagneranno nel corso degli anni nel duro lavoro della liquidazione della BPI, Banca Privata Italiana, di Sindona. L'incarico di liquidatore unico di tale istituto viene assunto il 25 settembre 1974 e lo terrà molto occupato nei successivi quattro anni, fino alla morte. E' un lavoro difficile e importante quello di ricostruire il sistema di scatole cinesi con cui Sindona ha edificato il suo impero finanziario, un castello che "purtroppo poi gli è crollato in mano", un lavoro che viene ostacolato dalla politica e dalla mafia, un'opera - quella di Ambrosoli - che mette a dura prova la tenuta di un sistema che si regge sul malaffare e sulla truffa a danno dei risparmiatori, un sistema che ha connivenze nei palazzi del potere, nelle banche e nel Vaticano. Profetica è la frase di Giorgio Ambrosoli:

Sono uno specialista in crac bancari. Nel 1965 mi sono dovuto occupare del dissesto della Sfi; dieci anni dopo ho cominciato a mettere il naso nell'impero Sindona. Sarà un caso, ma ho sempre visto spuntare fuori nomi democristiani.

Ciò che più colpisce, leggendo le pagine scritte da Corrado Stajano (Un eroe borghese. Il caso dell'avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica, Einaudi, € 10,50) e da Umberto Ambrosoli (Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli oggi nelle parole del figlio, Sironi Editore, € 18), è l'assoluta integrità dell'avvocato Ambrosoli, l'alto senso dello Stato che è la bussola di ogni sua azione, la sua profonda onestà, il suo precipuo amore per la verità e per la correttezza, la sua enorme tranquillità nel portare innanzi una missione per conto dello Stato pur con la consapevolezza che gli ostacoli sono tanti, una missione condotta in maniera precisa ed impeccabile, andando anche al di là del suo mero ruolo di liquidatore, con una curiosità che ha permesso di ricostruire la grossa tela degli interessi sindoniani tra banche e società e anche di aiutare il procuratore statunitense che indagava sul fallimento della Franklin National Bank. Una testimonianza lucida e trasparente di libertà che emerge da ogni momento della sua vita e che Umberto Ambrosoli ritiene superiore all'onestà, al senso del dovere, all'obbedienza alle leggi e allo Stato: una libertà mostrata innanzitutto con se stesso, rimanendo cioè fedele alle proprie convinzioni, al proprio pensiero; una libertà con gli altri, respingendo ricatti, evitando protezioni politiche; e infine una libertà "nel senso più completo del termine, quello che include la consapevolezza del proprio ruolo. Non istituzionale, di commissario liquidatore, ma di uomo, di marito, di padre, di cittadino." Un esempio fulgido di determinazione e di volontà di costruire un futuro migliore, senza ingiustizie e prevaricazioni, senza imbrogli e sotterfugi. Un esempio per tutti, troppo spesso dimenticato o che si vuol far passare sotto silenzio. Con frasi aberranti come quella pronunciata dal senatore a vita Andreotti, che nella vicenda Sindona ha avuto più di qualche responsabilità.




Concludo questo post inserendo la lettera che Giorgio Ambrosoli scrive alla moglie Annalori il 25 febbraio 1975, lettera ritrovata per caso dalla moglie e che Giorgio non le ha mai consegnato. E' una lettera carica di tanti sentimenti e capace di smuovere forti emozioni, uno scritto dal quale è possibile ricavare anche la statura morale dell'uomo Ambrosoli, assaporare con mano il profondo senso della famiglia e dello Stato, "si chiami Italia o si chiami Europa" (un convinto europeista antesignano, verrebbe da dire), il profondo spessore di uomo delle istituzioni che sente di dover portare a termine un dovere per il bene della nazione, l'enorme amore per Annalori, sempre vicina a lui anche nei momenti dei difficili, e per i tre figli, Francesca, Filippo e Umberto.
Anna carissima, è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E' indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell'Uni, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi (...) Giorgio

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