lunedì 4 maggio 2009

LASCIAMO STARE IL TURKMENISTAN

Come avrete tutti sentito alla televisione o letto sui giornali, Franceschini oggi si è lanciato, con un'intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, in un paragone quanto mai azzardato: "Italia a rischio Turkmenistan".
Personalmente sono rimasto sbigottito: pensavo che il nuovo segretario Pd volesse tenere in tutti i sensi le distanze dall'Italia dei Valori di Di Pietro e Orlando, senza imitarli nelle loro dichiarazioni tragiche e a effetto, che parlavano di un modello Argentina e del rischio di deriva autoritaria. E anche dallo stesso Veltroni che non aveva esitato a parlare di modello Putin.


Invece Franceschini vuole suonare "un campanello d'allarme":

Dario Franceschini
Possibile che non vediate che ormai si considera al di sopra della legge e di ogni morale, che pensa di avere così tanto potere da permettersi tutto? (...) siamo ben oltre il conflitto di interessi e il controllo del­le tv; siamo all’intreccio di ogni potere, economico, bancario, finanziario. Sulla spinta della crisi, intrecciando la sua for­za di imprenditore con il controllo dello Stato, Berlusconi sta allungando le ma­ni su tutto, sta riducendo ogni potere autonomo. (...) se l’8 giu­gno, dopo le Europee e le Amministrati­ve, l’Italia si risveglierà con un netto di­sequilibrio tra maggioranza e opposizio­ne, vale a dire tra Pdl e Pd, sarà un’altra Italia. Berlusconi cercherà di prendersi tutto: non solo la Rai, non solo le modifi­che costituzionali; diventeremo un Pae­se profondamente diverso da quello di oggi. Altro che Peron: il modello di Berlusconi sono alcune delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, dal Turk­menistan all’Uzbekistan. Paesi in cui il potere personale del capo è intrecciato con il potere dello Stato e i poteri econo­mici.

Se un marziano leggesse queste dichiarazioni, penso scapperebbe in tempi rapidissimi dal nostro Paese, pensando di essere capitato nella peggiore situazione immaginabile: una dittatura in confronto è nulla. E Franceschini crede talmente tanto al suo racconto fantastico che, quando Cazzullo gli chiede se non stia esagerando, risponde così:

Questa sua domanda mi conferma che lo spirito diffuso è ormai di assuefazione.

E poco più avanti

Non parlate perché non avete capito i ri­schi per il vostro Paese? O perché avete paura?

A questo punto si rimane senza parole o, meglio, si continua a trovare conferme della crisi di consenso del Pd. E' finito il tempo del popolo bue, del popolo analfabeta che si beve tutto: oggi, checchè se ne dica, l'informazione è quanto mai plurale e sappiamo (quasi) tutto di (quasi) tutti. La gente ha dato democraticamente la maggior parte dei consensi al centrodestra, che esprimeva Berlusconi come candidato presidente del Consiglio, il quale incarnava ed incarna (visti i consensi) la speranza di crescita del nostro Paese. Cazzullo stesso cerca di fare capire l'antifona a Franceschini.

Franceschini, lei farebbe bene a ri­volgersi anche al campo che in teoria è suo. I giornali riferiscono anche un sondaggio Ipsos, secondo cui la mag­gioranza degli operai vota per Berlu­sconi, non per il Pd.

E lui risponde che

È un problema serio. Ma non è un alibi ricordare che, dal ’94 a oggi, ogni partita elettorale è truccata, perché si svolge in condizioni totalmente anoma­le.

Aldo Cazzullo
E, invece sì, carissimo segretario: il vostro alibi, dinanzi a qualunque sconfitta, è stato sempre e innanzitutto il conflitto d'interessi del Premier, che certamente avrà pesato ma non è mai stato decisivo. Mentre decisive per le sconfitte del centrosinistra sono state evidentemente le proposte di governo e soprattutto le alleanze; non possiamo dimenticarci che nel quinquennio 1996-2001 si sono formati ben tre governi di centrosinistra, dopo la caduta di Prodi (D'Alema I e D'Alema II, Amato II), e che nel 2006 il governo Prodi II è durato per soli 722 giorni per i motivi che tutti ben conosciamo.
E, si badi bene, Franceschini non è "dilaniato dall'odio" quando parla così; anzi, quando sente parlare Berlusconi, "mi mette di buon umore".

Nel momento in cui il giornalista punta il dito sulla causa centrale della crisi del Pd ("Resta il fatto che Berlusconi è così forte perché il Pd appare inconsisten­te"), il segretario si preoccupa di non dare tutta la colpa al Pd perchè in fondo vorrebbe dire assumersi delle responsabilità sia dirette, legate alla sua attuale posizione, sia indirette, in quanto precedentemente è stato vice di Veltroni.


Il problema non è solo il Pd. Io non chiedo agli elettori di farsi carico dell’op­posizione, ma del Paese in cui vivranno i loro figli. È evidente che, se il Pd terrà, il progetto ne uscirà rafforzato. Ma è il futuro dell’Italia la vera posta in gioco. Se il giorno dopo le elezioni il disequili­brio sarà troppo netto, troppo lontano dalla differenza tra il 37,4 del Pdl e il 33,2 del Pd delle Politiche, se Berlusconi sarà messo in condizioni di portare al­l’estremo la sua volontà di conquista del Paese, allora rischieremmo di risve­gliarci davvero in una repubblica ex so­vietica dell’Asia centrale. E se succedes­se gran parte della colpa sarà di chi, da qui ad allora, sarà rimasto inerte o zitto. Per scelta o per paura.

Franceschini doveva essere il leader giusto per aiutare il Pd ad uscire dalle secche? Un leader che si professa democratico e che teme che Berlusconi possa essere "messo nelle condizioni", democraticamente, di vincere? Mah, forse siamo sulla strada sbagliata...
Il popolo del Pd vorrebbe sentire parlare di soluzioni per il presente e programmi per il futuro: l'antiberlusconismo, si è visto, non aiuta quasi più.

Le sottolineature in grassetto nelle citazioni sono a cura dell'autore del post.

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