domenica 19 aprile 2009

I TIMORI SULLA RAI

Colgo al balzo i timori sollevati dall'amico Andrea su Diego Garcia Blog riguardo i prossimi avvicendamenti in Rai, in base alla vecchia legge non scritta della lottizzazione o spoil system che dir si voglia. E non vi nascondo i miei, alcuni più seri, altri meno.

Alcuni nomi possono far nutrire dubbi: per esempio quello di Susanna Petruni alla direzione di RaiDue; sicuramente, dopo l'ultimo show riguardo gli ascolti esorbitanti del Tg1 sui fatti del terremoto abruzzese, non pensavo avesse guadagnato molti punti, nè come giornalista - prima di tutto - nè come possibile candidata a ruoli di direzione. Eppure...
L'altro nome che mi lascia perplesso è quello di Maurizio Belpietro: sinceramente non l'ho mai apprezzato come giornalista, fin da quando era al Giornale perchè troppo allineato, troppo legato al suo editore. E quindi non lo vedo tra i più adatti al ruolo di direzione del Tg2 (anche se RaiDue è notoriamente appannaggio del centrodestra).
Ho notato, però, che la polemica sui nomi si è spostata più sulla loro appartenenza politica che sulle loro capacità. Nomi come quelli di Mazza, Orfeo o Minzolini sono nomi di giornalisti che, nel corso di questi anni, hanno dimostrato abilità e competenza nel loro campo. Così come, per dirne uno di quelli recentemente nominati dal centrosinistra, è stato per Riotta: giornalista di indiscusse e riconosciute capacità professionali.

Il discorso, a mio avviso, deve essere indirizzato su un altro campo: basta con la lottizzazione della Rai, basta con i continui cambi di poltrone e giornalisti al cambio di governo, basta con l'alternanza di giornalisti posizionati in posti chiave per mere esigenze politiche spartitorie. E' ora di crescere, è ora di girare pagina, sempre se la Rai intende raggiungere obiettivi importanti, di prestigio.
La Rai rappresenta il servizio pubblico, quello fruito da tutti i cittadini (dietro pagamento di un lauto canone, peraltro al rialzo ogni anno), quello che storicamente ha rappresentato l'orgoglio della nostra televisione, avendo contribuito alla diffusione della cultura - in tutti i suoi numerosi aspetti - e che ora invece è piuttosto mal considerato. E' ora di sostituire il servizio pubblico attuale, dominato da reality e talk show, politici e non, di livelli alquanto bassi, per non dire infimi, che relega gli approfondimenti culturali in orari improponibili, oltre che dedicare loro una piccolissima fetta del palinsesto. Sempre in nome del guadagno, della rincorsa a Mediaset - che, in quanto privato, persegue ben altri obiettivi. Per raggiungere questa meta, agognata da tempo, è indispensabile che la politica esca da viale Mazzini, lasciando il campo libero solo a tecnici (ne abbiamo alcuni molto capaci, ma poco presi in considerazione), i quali saprebbero certamente come far riacquistare alla Rai il ruolo di televisione pubblica che le è proprio.

Chissà quando vedremo la privatizzazione della Rai (che sarebbe una possibile alternativa), puntualmente indicata come soluzione, prospettata come unica strada per uscire dalla situazione attuale, talora promessa in campagna elettorale.

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