martedì 21 aprile 2009

UN TESORO CHIAMATO DIALETTO


Molto spesso, trovandomi in giro, in mezzo a molta gente di tutte le età, presto grande attenzione al linguaggio, in tutte le sue forme. Soprattutto alla lingua dialettale, nella gran parte dei casi parlata da persone anziane. E così mi sono venute in mente alcune considerazioni.
Per Wikipedia, il dialetto, nell’accezione più usata del termine, è un “idioma con una sua caratterizzazione territoriale”: comunemente è la lingua del posto, tipicamente parlata dai nonni e dalle persone più avanti con gli anni. Che, spesso, a noi giovani suona strana, talvolta completamente straniera, talora poco educata o elegante (in base al vecchio credo per cui chi parlava il dialetto era persona di poca o nessuna istruzione). E, invece, con grande felicità, vedo che non dappertutto esso è considerato così dai giovani: anzi, per alcuni, è addirittura un vanto la sua conoscenza, un grande orgoglio saperlo parlare e potersi rivolgere così all’interno della compagnia.
Perché, a pensarci bene, quale lingua più del dialetto può esprimere lo stretto legame della gente al proprio territorio? Quale lingua meglio del dialetto può farsi veicolo di trasmissione di tradizioni, usanze, costumi, consuetudini di un nucleo territoriale alle generazioni successive in un momento durante il quale è fondamentale la conservazione della propria cultura d’origine? Questi pensieri mi sono ritornati spesso alla mente in quest’ultimo periodo e mi succede ogniqualvolta mio padre, in famiglia, si rivolge a me o ai miei fratelli in dialetto: è sempre un piacere sentire quella lingua, è qualcosa di assolutamente molto familiare, è un importante collante, è un modo, se si vuole, anche più informale e scherzoso per parlarsi.
Tuttavia, io devo confessarvi di non saper parlare neanche un po’ di dialetto, salvo alcune espressioni che, avendo sentito ripetere tante volte, ho fatto mie. E il problema deriva dal fatto che, pur essendo nato e vissuto al Nord, sono in realtà più meridionale, dal momento che i miei genitori e i miei nonni sono tutti nativi della Campania. In più in famiglia non c’è mai stata l’abitudine di parlare il dialetto, a parte mio padre, nato e cresciuto al Sud. A questo punto mi trovo in una situazione ibrida: perché riesco a capire perfettamente il dialetto meridionale e abbastanza bene i dialetti piemontese (essendo io residente in provincia di Alessandria) e pavese (sto compiendo gli studi universitari a Pavia), ma non sono per niente in grado di parlarli. E questo, chiaramente, mi dà dispiacere. Perché più ci penso e più noto quanto genuina sia la lingua dialettale: spesso mi capita di dover parlare con dei pazienti, alcuni dei quali si esprimono solo in dialetto, attraverso il quale riescono a far capire, per mezzo di alcune espressioni o parole intraducibili, il problema da cui sono afflitti con un’immediatezza e un’efficacia del tutto invidiabili.

Ed è per questo motivo che mi sono rallegrato moltissimo quando ho appreso di una splendida notizia giunta da Montaguto, un paesino della provincia di Avellino, a circa 700 metri di altezza, a pochi chilometri dal confine tra Campania e Puglia, un paesino di quasi 500 anime, per la gran parte anziani, uno di quei paesini in cui l’inverno è lungo e freddo e l’estate è calda e piena di vita. Ci sono legato perché lì sono nati i miei genitori e i miei nonni e lì mi reco ogni estate a trascorrere due settimane di vacanza, in un ambiente veramente rilassante, immerso nella tranquillità, circondato da una natura ancora poco contaminata. Nonostante i pochi abitanti, vanta da due anni un sito molto visitato, www.montaguto.com, curato da tre amici: Mikey, Drastiko e Maxim alias Mi.Dra.Max. Tre amici che si sono buttati un po’ per gioco in quest’avventura, guidati dall’amore per la terra dei loro padri, e che oggi raccolgono i frutti dell’impegno, con tanti encomi per aver fatto conoscere al mondo Montaguto e, soprattutto, con la soddisfazione di aver “risvegliato” il paese, dandogli nuova linfa. Tra le tante iniziative che potete apprezzare visitando direttamente il sito, l’ultima è quella più entusiasmante e quella che più sta ad indicare l’attaccamento al paese e alla terra: si tratta di un telegiornale, completamente in dialetto, con sottotitoli in italiano. La prima edizione risale a qualche settimana fa, la seconda è in fase di ultimazione e sarà on line a breve. Tali sono state la risonanza dell’evento e, soprattutto, la particolarità dell’idea partorita dalla Mi.Dra.Max che sono valse a montaguto.com l’interessamento di Biagio Agnes, direttore della Scuola di Giornalismo di Fisciano, in provincia di Salerno, il quale ha voluto saperne di più, invitando la redazione ad un incontro. Direi: una bella soddisfazione, un bel riconoscimento, una sorta di marchio Doc apposto da una grande autorità del giornalismo.

Beh, che dire? Il dialetto, evidentemente, ha ancora una sua importanza e una sua dignità, che meritano di essere difese e tramandate. Perché, così facendo, portiamo avanti tutto un carico di cultura, implicita nella lingua dialettale, che ha inevitabilmente forgiato le piccole comunità e, nel complesso, l’Italia intera.

Ecco qui la prima edizione del telegiornale.



La cartina sottostante l'ho fotografata durante la mostra "Alla corte di Federico II. Le ceramiche sveve di Lucera a Castel del Monte", tenutasi a Castel del Monte (Andria) tra il 30 maggio e il 30 dicembre 2003. Alcuni pannelli, utili alla comprensione del percorso della mostra, sono stati lasciati e così mi è stato possibile vederli. L'immagine raffigura la Capitanata, terra prediletta da Federico II, con la fertile pianura del Tavoliere, l'aspra montagna garganica, le tenui alture del Sub-Appenino.


Questa cartina, invece, l'ho ritrovata alla "Galleria delle carte geografiche" dei Musei Vaticani; è stata dipinta tra il 1580 e il 1583 sul modello dei cartoni di padre Ignazio Danti. Montaguto era indicato come M. Acuti.



1 commento:

  1. Bellisima pagina. Anch'io non parlo dialetto nonostante le mie origini "meticce" mipotrebbero consentire un bel bagaglio culturale sotto questo punto di vista.
    Mio nonno materno è originario dlla provincia di Latina, mia nonna (nonchè sua moglie) è nata a Capolona in provincia di Arezzo mentre i miei nonni paterni sono entrambi di Muro Lucano in provincia di Potenza. Lazio,Toscana e Basilicata... Non male... peccato non averne approfittato...Valeria Zampino

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...