Anche alla luce delle ultime notizie ascoltate questa sera ad Anno zero, non si può tacere: il caso Cosentino, che ormai da qualche giorno occupa le cronache politiche, merita un commento. Per quanti non fossero al corrente della situazione, l'onorevole Nicola Cosentino, attuale sottosegretario all'Economia e presidente del Cipe, ha ricevuto una richiesta d'arresto per concorso esterno in associazione camorristica, la quale dovrà essere valutata dall'aula di Montecitorio, sulla base della relazione della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati.
Le dichiarazioni dei pentiti lasciano un attimo senza fiato, in quanto denunciano scenari di stretta connivenza tra i politici (sono spuntati anche i nomi di Landolfi, Bocchino e Coronella) e la camorra; si tratta - è bene sottolinearlo - di dichiarazioni che la magistratura dovrà accertare (speriamo al più presto) e perciò tutti coloro che ne sono coinvolti rimangono innocenti fino a prova contraria. Evitiamo, pertanto, di iniziare il solito processo mediatico, se ne occuperanno i magistrati. Il problema giudiziario ha, però, un immediato e importante risvolto politico.
L'onorevole Cosentino è uno dei papabili - non si sa ancora per quanto - candidati alla presidenza della Regione Campania, ma, alla luce di quanto emerso, sia dall'opposizione sia da una parte del suo partito viene intimato l'alt: "la sua candidatura non è più nel novero delle cose possibili", ha affermato il presidente Fini. Contemporaneamente vengono chieste le sue dimissioni dall'attuale carica governativa, come emerge da una lettera inviata a tutti i capigruppo dell'opposizione dall'Italia dei Valori.
Innanzitutto, vale la pena ricordare il problema tecnico della candidatura a governatore campano di Cosentino: un attimo dopo la sua eventuale elezione, data l'incompatibilità tra le cariche di parlamentare e presidente di regione, dimettendosi, egli perderebbe l'immunità e verrebbe immediatamente processato. E poi c'è un problema di morale: con quale credibilità egli potrebbe rappresentare l'istituzione, anche solo per l'odore di sospetto di collusioni con la camorra?
Il problema che emerge, non solo da questa vicenda, è la profonda commistione, manifestatasi soprattutto al Sud, tra politica e criminalità organizzata in una ragnatela sempre più fitta, che, a sprazzi, riesce ad essere bucata e portata alla luce. Ricordo ancora le parole di Alfonso Sabella a proposito della mafia: ribaltando il luogo comune, egli afferma che "la politica è forte perchè è legata alla mafia", che è in grado di controllare perfettamente il territorio. Forse è proprio questa la spiegazione: la politica, debole e poco credibile, è succube dell'organizzazione criminale, la quale invece ha costruito un rapporto di "fiducia" con la cittadinanza. La questione è, a mio avviso, tutta interna alla politica, a partire dall'amministratore locale che accetta di scendere a patti con la criminalità e via via risalendo fino ai vertici nazionali, i quali dovrebbero essere supervisori e sanzionare tali pratiche. L'impressione, invece, è che molto spesso sono queste condotte poco trasparenti ad essere premiate perchè "quello lì ha un sacco di voti": in nome di una manciata di voti e di una mera spartizione di poltrone, si accetta di scendere a squallidi compromessi, pur di avere un briciolo di potere in più.
Purtroppo questi modi di fare sono presenti a destra come a sinistra e interessano i partiti a qualsiasi livello; spero siano solo macchie, casi isolati, ma tuttavia essi alimentano e rafforzano il sentimento di antipolitica strisciante nel nostro Paese e incidono negativamente sui giovani, che certamente non apprendono nulla di buono e anzi, se possono, si tengono alla larga dalla politica.
Allora viene naturale chiedersi: dov'è la moralità? Esiste ancora? O è una specie estinta?
L'onorevole Cosentino è uno dei papabili - non si sa ancora per quanto - candidati alla presidenza della Regione Campania, ma, alla luce di quanto emerso, sia dall'opposizione sia da una parte del suo partito viene intimato l'alt: "la sua candidatura non è più nel novero delle cose possibili", ha affermato il presidente Fini. Contemporaneamente vengono chieste le sue dimissioni dall'attuale carica governativa, come emerge da una lettera inviata a tutti i capigruppo dell'opposizione dall'Italia dei Valori.
Innanzitutto, vale la pena ricordare il problema tecnico della candidatura a governatore campano di Cosentino: un attimo dopo la sua eventuale elezione, data l'incompatibilità tra le cariche di parlamentare e presidente di regione, dimettendosi, egli perderebbe l'immunità e verrebbe immediatamente processato. E poi c'è un problema di morale: con quale credibilità egli potrebbe rappresentare l'istituzione, anche solo per l'odore di sospetto di collusioni con la camorra?
Il problema che emerge, non solo da questa vicenda, è la profonda commistione, manifestatasi soprattutto al Sud, tra politica e criminalità organizzata in una ragnatela sempre più fitta, che, a sprazzi, riesce ad essere bucata e portata alla luce. Ricordo ancora le parole di Alfonso Sabella a proposito della mafia: ribaltando il luogo comune, egli afferma che "la politica è forte perchè è legata alla mafia", che è in grado di controllare perfettamente il territorio. Forse è proprio questa la spiegazione: la politica, debole e poco credibile, è succube dell'organizzazione criminale, la quale invece ha costruito un rapporto di "fiducia" con la cittadinanza. La questione è, a mio avviso, tutta interna alla politica, a partire dall'amministratore locale che accetta di scendere a patti con la criminalità e via via risalendo fino ai vertici nazionali, i quali dovrebbero essere supervisori e sanzionare tali pratiche. L'impressione, invece, è che molto spesso sono queste condotte poco trasparenti ad essere premiate perchè "quello lì ha un sacco di voti": in nome di una manciata di voti e di una mera spartizione di poltrone, si accetta di scendere a squallidi compromessi, pur di avere un briciolo di potere in più.
Purtroppo questi modi di fare sono presenti a destra come a sinistra e interessano i partiti a qualsiasi livello; spero siano solo macchie, casi isolati, ma tuttavia essi alimentano e rafforzano il sentimento di antipolitica strisciante nel nostro Paese e incidono negativamente sui giovani, che certamente non apprendono nulla di buono e anzi, se possono, si tengono alla larga dalla politica.
Allora viene naturale chiedersi: dov'è la moralità? Esiste ancora? O è una specie estinta?
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