Ha avuto un effetto dirompente la notizia della sentenza della Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo, per la quale
La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso di una famiglia di Abano Terme, presentato nel 2006, contro la presenza della croce nella scuola dei due figli. Il verdetto per ora non ha effetti pratici e l'Italia presenterà ricorso alla Corte perchè il giudizio di primo grado venga annullato. Solo "in caso di rigetto dell'opposizione, la sentenza di condanna diventerebbe definitiva e vincolante per l'Italia", con il rischio che da quel momento altri cittadini potrebbero facilmente contestare la presenza del crocifisso in aula e chiedere un risarcimento a Strasburgo.
Direi che siamo al limite della normalità, forse sull'orlo del patologico: stiamo scivolando - e non lo dice un baciapile - verso una "deriva laicista" partita qualche anno fa e aiutata nel suo corso da un'Europa che arriva a sentenziare l'"ateismo di Stato". Siamo sul binario sbagliato, senza ombra di dubbi, e chi ha fatto ricorso mostra di non conoscere la cultura con cui siamo cresciuti. Perchè la croce si iscrive a pieno diritto tra i simboli - prima che della cultura religiosa cattolica - della cultura europea, quella cultura di cui siamo tutti imbevuti e sulla quale il Cristianesimo ha avuto un'importante influenza. La croce è una tradizione che non può essere presa a pretesto per lotte laicistiche, che rischiano solo di avvelenare il dialogo pubblico.
La sentenza, per di più, conferma quel clima di particolare tensione che si era venuto a creare allorchè, nella bozza di stesura della Costituzione europea, il riferimento alle radici cristiane - che, torno a ripetere pur non essendo professante, sono le nostre radici perchè hanno formato la nostra cultura - è stato omesso per le innumerevoli polemiche levatesi nel corso della discussione.
Rassicura, tuttavia, la reazione corale di tutti i partiti, salvo piccole eccezioni: un clima di "unità nazionale" per la difesa del crocifisso in quanto simbolo di una tradizione, il riconoscimento di un elemento di coesione nazionale che non deve essere rimosso, una "sensibilità radicata al di là delle appartenenze politiche e perfino religiose".
Proprio da questo episodio, dobbiamo prendere esempio: è giunto il tempo di non restare più seduti ad osservare il succedersi degli eventi, dobbiamo alzarci e difendere i valori fondanti della nostra società perchè non vengano calpestati e dimenticati. Perchè la laicità continui ad essere un valore - la laicità "non è assenza di simboli religiosi, ma capacità di accoglierli e sostenerli", sostiene Vincenzo Paglia - e non sia sostituita dal disvalore del laicismo.
l'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni e il diritto dei bambini di credere o non credere.
La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso di una famiglia di Abano Terme, presentato nel 2006, contro la presenza della croce nella scuola dei due figli. Il verdetto per ora non ha effetti pratici e l'Italia presenterà ricorso alla Corte perchè il giudizio di primo grado venga annullato. Solo "in caso di rigetto dell'opposizione, la sentenza di condanna diventerebbe definitiva e vincolante per l'Italia", con il rischio che da quel momento altri cittadini potrebbero facilmente contestare la presenza del crocifisso in aula e chiedere un risarcimento a Strasburgo.
Direi che siamo al limite della normalità, forse sull'orlo del patologico: stiamo scivolando - e non lo dice un baciapile - verso una "deriva laicista" partita qualche anno fa e aiutata nel suo corso da un'Europa che arriva a sentenziare l'"ateismo di Stato". Siamo sul binario sbagliato, senza ombra di dubbi, e chi ha fatto ricorso mostra di non conoscere la cultura con cui siamo cresciuti. Perchè la croce si iscrive a pieno diritto tra i simboli - prima che della cultura religiosa cattolica - della cultura europea, quella cultura di cui siamo tutti imbevuti e sulla quale il Cristianesimo ha avuto un'importante influenza. La croce è una tradizione che non può essere presa a pretesto per lotte laicistiche, che rischiano solo di avvelenare il dialogo pubblico.
La sentenza, per di più, conferma quel clima di particolare tensione che si era venuto a creare allorchè, nella bozza di stesura della Costituzione europea, il riferimento alle radici cristiane - che, torno a ripetere pur non essendo professante, sono le nostre radici perchè hanno formato la nostra cultura - è stato omesso per le innumerevoli polemiche levatesi nel corso della discussione.
Rassicura, tuttavia, la reazione corale di tutti i partiti, salvo piccole eccezioni: un clima di "unità nazionale" per la difesa del crocifisso in quanto simbolo di una tradizione, il riconoscimento di un elemento di coesione nazionale che non deve essere rimosso, una "sensibilità radicata al di là delle appartenenze politiche e perfino religiose".
Proprio da questo episodio, dobbiamo prendere esempio: è giunto il tempo di non restare più seduti ad osservare il succedersi degli eventi, dobbiamo alzarci e difendere i valori fondanti della nostra società perchè non vengano calpestati e dimenticati. Perchè la laicità continui ad essere un valore - la laicità "non è assenza di simboli religiosi, ma capacità di accoglierli e sostenerli", sostiene Vincenzo Paglia - e non sia sostituita dal disvalore del laicismo.
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