
Marzio Barbagli
Il Mulino Contemporanea
€ 15,00
Marzio Barbagli insegna Sociologia all'Università di Bologna e, dieci anni fa,
è stato il primo ad occuparsi del tema, ritenuto politicamente scorretto, dei reati commessi dagli immigrati. Dopo qualche imbarazzo e critica, grazie al suo certosino lavoro di ricerca, ha saputo imporsi come una tra le voce più autorevoli in materia. Ed è così che, in un periodo di crescente preoccupazione sociale, egli ritorna sull'argomento, mostrando dati aggiornati e spiegando il perchè di alcune paure e il funzionamento delle due leggi più importanti in materia di immigrazione, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini.
Barbagli inizia il suo saggio proponendo, in breve, un'analisi del fenomeno immigratorio nell'arco dell'ultimo secolo. Gli anni '70 rappresentano un importante spartiacque: innanzitutto è da allora che in molti Paesi europei "vi è stato un continuo aumento della quota di reati commessi da stranieri"; a partire dal 1973, si è passati "da una immigrazione principalmente da domanda, causata da fattori di attrazione, (...) a una prevalentemente da offerta, provocata da fattori di spinta"; dal 1974, molti governi europei "hanno scoraggiato in vari modi i flussi migratori, riducendo le possibilità di entrata e rafforzando i sistemi di controllo esterno ed interno", provocando così un aumento dell'immigrazione irregolare e delle domande d'asilo politico; infine dal 1973 è cambiata "anche la situazione economica e sociale degli immigrati regolari con permesso di soggiorno", con un minor miglioramento delle condizioni di vita dopo l'abbandono del Paese d'origine rispetto ai tempi passati.
Per quanto riguarda i reati degli immigrati, è bene sottolineare come "negli ultimi decenni, la quota degli stranieri sul totale dei denunciati e dei condannati è continuamente cresciuta". Gli immigrati, nel "sistema di stratificazione sociale", si trovano ai gradini più bassi, non commettono cioè determinati tipi di reati, appannaggio di ceti più elevati; essi sono coinvolti in traffico di stupefacenti, contrabbando, traffico di stupefacenti, sfruttamento di minori e della prostituzione. Curiosamente "la crescita della quota degli stranieri sui condannati" si è verificata con valori più elevati nelle grandi città dell'Italia centro-settentrionale.

Barbagli inizia il suo saggio proponendo, in breve, un'analisi del fenomeno immigratorio nell'arco dell'ultimo secolo. Gli anni '70 rappresentano un importante spartiacque: innanzitutto è da allora che in molti Paesi europei "vi è stato un continuo aumento della quota di reati commessi da stranieri"; a partire dal 1973, si è passati "da una immigrazione principalmente da domanda, causata da fattori di attrazione, (...) a una prevalentemente da offerta, provocata da fattori di spinta"; dal 1974, molti governi europei "hanno scoraggiato in vari modi i flussi migratori, riducendo le possibilità di entrata e rafforzando i sistemi di controllo esterno ed interno", provocando così un aumento dell'immigrazione irregolare e delle domande d'asilo politico; infine dal 1973 è cambiata "anche la situazione economica e sociale degli immigrati regolari con permesso di soggiorno", con un minor miglioramento delle condizioni di vita dopo l'abbandono del Paese d'origine rispetto ai tempi passati.
Per quanto riguarda i reati degli immigrati, è bene sottolineare come "negli ultimi decenni, la quota degli stranieri sul totale dei denunciati e dei condannati è continuamente cresciuta". Gli immigrati, nel "sistema di stratificazione sociale", si trovano ai gradini più bassi, non commettono cioè determinati tipi di reati, appannaggio di ceti più elevati; essi sono coinvolti in traffico di stupefacenti, contrabbando, traffico di stupefacenti, sfruttamento di minori e della prostituzione. Curiosamente "la crescita della quota degli stranieri sui condannati" si è verificata con valori più elevati nelle grandi città dell'Italia centro-settentrionale.
Un intero capitolo è dedicato alla definizione dei reati degli immigrati regolari e di quelli irregolari. Ciò che distingue i primi dai secondi è "un permesso di soggiorno legale concesso dal questore della provincia in cui si trovano". Si stima che gli immigrati irregolari, in assenza di numeri precisi, siano tra 300 mila e oltre 1 milione e 500 mila; vale poi la pena ricordare come, grazie a ben cinque provvedimenti di regolarizzazione, coloro che sono passati dalla condizione di irregolari a quella di regolari sono quasi 1

Ritengo il quarto capitolo uno dei più importanti e dirimenti del libro, in quanto, inquadrando le due principali leggi in materia di immigrazione, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, ci aiuta ad avere un quadro più preciso e veritiero, in luogo di alcune false credenze create dagli spot elettorali. Come mostra il sociologo, si tratta di due leggi organiche e complementari. "Oltre a permettere la regolarizzazione di oltre un milione di persone, le leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini sono riuscite a rendere più efficienti i controlli esterni e quelli interni"; inoltre, "la quota di immigrati espulsi, sul totale dei rintracciati, è sempre rimasta più alta che nel quindicennio precedente". L'autore conclude sostenendo che le leggi hanno raggiunto risultati inferiori a quelli attesi, essendo riuscite solo ad arrestare la crescita del numero di reati commessi da immigrati. Il principale fallimento è legato all'incapacità di "ridurre sensibilmente i flussi migratori irregolari" per tre motivi: primo, i controlli interni sono insoddisfacenti; secondo, l'economia sommersa attira ancora troppi irregolari; terzo, non si è ancora riusciti "a realizzare in modo deciso e coerente una politica attiva degli ingressi".
Utili alla discussione, fino a qualche mese fa particolarmente calda, sono i dati forniti sui reati commessi dai rumeni rispetto ad immigrati di altre nazionalità. "Dai dati sugli stranieri

Dopo tanti dati e tante affermazioni, Barbagli si preoccupa di dare delle risposte e delle spiegazioni al fenomeno immigratorio. Lo fa attraverso la discussione di tre teorie, ciascuna delle quali può aiutare a capirne un aspetto.
La prima è quella del "conflitto di culture", in base alla quale ciascuna società ha "proprie norme di condotta, che indicano come devono comportarsi coloro che si trovano in determinate situazioni e che vengono trasmesse da una generazione all'altra"; ne deriva che "chi commette un reato, lo fa perchè resta fedele alle norme di condotta del suo gruppo", che ha ormai fatto sue.
La seconda è quella "della tensione e della privazione relativa", per cui "l'individuo è un animale morale", il quale durante la sua infanzia e la sua adolescenza apprende le regole della società in cui cresce ed è portato perciò a seguirle; se commette un reato è perchè "è spinto a farlo da un'intensa frustrazione provocata dallo squilibrio esistente fra la struttura culturale (...) e la struttura sociale". Ossia gli immigrati "fanno propria la meta culturale del paese in cui sono entrati (...) senza avere le opportunità per raggiungerla".
La terza, quella che Barbagli dice di essere la più utile, è quella del "controllo sociale". Essa afferma che l'uomo è "un essere debole (...) portato naturalmente più a violare che a rispettare le leggi". Perchè allora solo alcune persone commettono reati e la maggior parte non li commette? "Ciò avviene perchè queste (la maggior parte delle persone, ndr) sono frenate da vari tipi di controllo sociale", esterni (come le varie forme di sorveglianza) o interni (come i sentimenti di colpa e di vergogna, l'attaccamento psicologico ed emotivo provato per gli altri e il desiderio di non perdere la loro stima e il loro affetto). "Nella società d'arrivo, gli immigrati sono poco integrati e mancano di legami forti con altre persone significative" ("Quanto più una persona è legata ai genitori, ai parenti, agli insegnanti (...), tanto più difficile sarà che infranga le leggi").
mamma mia che sta succedendo nella mia terra nativa. I, also an immigrato in canada would never disrespect my new home. may it is time to send everyone back where they come from.
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