Il giorno dopo la Convenzione del Partito Democratico, tenutasi a Roma in attesa delle primarie del 25 ottobre, le polemiche e i giudizi ai discorsi dei tre candidati segretari si susseguono.
In particolare, per quello che ho potuto apprendere dai giornali, la figura che è uscita peggio di tutte dalla giornata di ieri è quella del segretario attuale Franceschini.
E' emblematico che i titoli dei principali giornali stigmatizzino la sua frase anti-Cavaliere ("E' antiberlusconismo dire che è un ominicchio un uomo che, offendendo Rosy Bindi, offende tutti noi?"): il refrain dell'antiberlusconismo a lui caro, a guardare i sondaggi, non gli ha portato certamente fortuna finora: dubito sia una carta utile da spendere in vista delle primarie. La vignetta di Vincino ieri sentenziava: "Franceschini, il rappresentante della corrente Di Pietro nel P.D." Nonostante abbia raccolto molti applausi, più di Bersani, le sue restano parole da comizio, anzi da "comiziaccio" come l'ha definito Alfredo Reichlin, parole da "segretario" rivolte al suo "partito". Mancava l'ampio respiro sui principali temi d'interesse pubblico, che devono convincere l'elettore a confermarlo alla guida del Pd.
Franceschini, poi, impiega del suo per peggiorare la situazione. Si ripropone ancora come salvatore del partito, quando in verità lo stesso alle ultime elezioni europee ha perso sette punti percentuali, rivendica di averlo "servito quando tutto sembrava perduto". Può darsi Franceschini non si sia reso conto della sconfitta...
Poi le voci di corridoio, smentite da uno degli interessati, Bettini, sostengono che l'attuale segretario abbia chiesto all'ex collaboratore veltroniano di intervenire presso Ignazio Marino per "siglare un accordo" o, per dirla terra terra, affinchè questi rinunciasse a correre per la segreteria. Ricevuto un secco no, Franceschini ha deciso di continuare la campagna elettorale "chiedendo il voto utile per me anche ai suoi elettori". Alla faccia della democrazia: "democratici" sì, ma solo di fatto...
E infine il povero Franceschini ha deciso di ingaggiare una battaglia con Massimo D'Alema: forse non sa chi ha davanti, eppure continua a giocare col fuoco, rischia di uscire con le ossa rotte. Si è lanciato in giudizi sprezzanti, ignaro delle conseguenze politiche: il suo obiettivo è quello di "raffigurare l'ex ministro degli Esteri come l'uomo nero del Partito democratico, colui che vuole distruggere lo spirito del Pd". Nell'intervista alle Iene rincara la dose rispondendo alla domanda "Cosa non le piace di Bersani?" "D'Alema". Sempre Baffetto è destinatario di varie stoccate: sostenitore dell'alleanza col grande centro, egli indossa "una delle casacche del '900", vorrebbe "riproporre alleanze vaste da Mastella a Diliberto", dà interviste "contro i compagni" (Franceschini è stato definito pochi giorni fa da D'Alema in un'intervista "incommensurabilmente" meno credibile di Bersani). La risposta di D'Alema non si è fatta attendere: "E' curioso che il segretario del mio partito, per andare sui giornali, debba attaccare me. Forse è una delle regioni per cui bisogna cambiare il segretario".
Più che la presentazione di una mozione congressuale è parso un regolamento di conti interno, che sicuramente non lo aiuterà ad essere riconfermato, visto il risultato deludente dei congressi locali. Cosa dire? Un autentico suicidio l'intervento di ieri.
Pier Luigi Bersani, colui che sarà, salvo colpi di scena, il nuovo segretario, ha mostrato tutta la sua stoffa di politico di lungo corso nel corso del suo discorso. Con il linguaggio della quotidianità, come è uso fare, ha toccato i temi di attualità, la disoccupazione, la crisi, la "deformazione populista del sistema", annuncia "riforme liberali con un nome e un cognome", chiede rispetto per le donne e invita a "riaprire il cantiere dell'Ulivo". L'applauso è più pigro, ma le sue parole lasciano una speranza di cambiamento, uno spiraglio per rimettere in moto il Pd che nella gestione Veltroni-Franceschini ha pressochè arrestato la sua corsa al punto che il suo discorso è stato catalogato come "discorso da primo ministro" in grado di parlare al Paese. Da non sottovalutare l'appoggio di Guglielmo Epifani giunto in serata, il cui peso non è indifferente visto che la Cgil è l'"unica organizzazione che è ancora in grado di portare la gente in piazza...e alle urne delle primarie".
Per quanto riguarda Marino, sebbene le speranze di elezione siano ridotte al lumicino, egli ha strappato applausi sulla laicità e ha invitato i dirigenti del Pd a smettere di litigare: al Pd serve un "rinnovamente radicale" e "unità".
Tra due settimane la situazione si chiarirà del tutto e non sono da escludere soprese: da allora potremo cominciare ad intravedere il nuovo assetto del Partito democratico.
Nessun commento:
Posta un commento