domenica 25 ottobre 2009

IL PRESIDENTE FINI A STRESA

Con lo stupendo sfondo del Lago Maggiore, tra venerdì e sabato è andato in scena a Stresa (VB) una due giorni di incontri, organizzati da Iniziativa Subalpina, presieduta dall'onorevole Vietti, nel corso della quale vari personaggi si sono confrontati sul tema Identità e differenze. L'iniziativa, giunta ormai al sesto appuntamento, raduna sul Lago Maggiore ogni anno i principali attori del panorama politico ed economico-finanziario, coinvolgendoli in tavole rotonde ricche di spunti sempre molto interessanti.

Quest'anno, tra gli altri ospiti, c'erano anche il presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, il quale è stato intervistato dal direttore della Stampa Mario Calabresi. Dopo la calorosa accoglienza della sala al suo arrivo, il presidente ha conversato toccando i principali argomenti dell'attualità politica.
Grande spazio è stato dedicato al tema dell'immigrazione. E' innegabile che il numero degli immigrati è in continuo aumento, afferma Fini, e perciò è del tutto naturale obbligarli a rispettare i loro doveri ma al contempo assicurare loro i nostri medesimi diritti. "E' interesse di tutti" rivolgerci agli stranieri, che sono quasi quattro milioni, essi non possono essere considerati una "comunità di passaggio".
Fini ricorda emblematicamente la frase pronunciata da Sarkozy riguardo a chi appartiene la Francia ("ai Francesi...e a chi la ama") al fine di sottolineare che il concetto di "patria" - cioè la terra dei nostri padri - deve essere adeguato: l'immigrato può sentirla e amarla come un qualsiasi cittadino se si raggiunge l'integrazione. A patto che sia una "integrazione reale", basata su un "rapporto di lealtà" verso le istituzioni.




Riguardo la cittadinanza, l'ex leader di An è convinto che non possono bastare solo dei documenti, ma sono fondamentali "la conoscenza della nostra cultura, della nosta lingua, dei valori della nostra Costituzione". Egli ritiene ingiusto uno "ius soli tranchant", potendo prendere per esempio come parametro per assegnare la cittadinanza il completamento di un ciclo scolastico.
Tutte queste considerazioni portano alla conclusione che l'assimilazionismo francese e il multiculturalismo britannico, cioè i due principali modelli d'integrazione, hanno mostrato il fiato corto, i loro limiti, come hanno dimostrato i disordini nelle banlieues parigine o l'attentato di Londra.

Secondo argomento toccato è l'Unità d'Italia. Ci stiamo avvicinando alle celebrazioni per il 150mo anniversario e il clima generale è più improntato al litigio. Fini ritiene che non dobbiamo interrogarci su come siamo arrivati all'unità, bensì dobbiamo chiederci "cosa vuol dire essere oggi Italiani". Contesta che si possa parlare "delle Italie", mentre invece c'è "un'Italia che si può delineare come un'Italia federalista", composta da tante realtà locali. Il presidente non teme per l'unità della Repubblica, ma per la "mancanza di coesione" del Paese. Per ritrovare la coesione nazionale, fornisce tre rimedi: "un patto Nord-Sud", considerando la questione Nord-Sud un problema di tutti gli Italiani, invitando la nazione a riscoprire l'"ethos repubblicano", il "patriottismo costituzionale"; "un patto generazionale" affinchè ci sia una continuità tra le generazioni"; "un patto tra lavoratori", ponendo fine alla disputa tra lavoratori dipendenti e popolo delle partite IVA.

Sul posto fisso, Fini inizia a rispondere con una battuta: "Da giornalista a direttore, avendo anche una certe esperienza politica, se rispondo adesso a questa domanda, siccome dovrebbe essere in corso l'incontro tra Berlusconi e Tremonti magari predetermino l'esito. Naturalmente scherzo". Ha affermato un'ovvietà, come lui stesso ha confermato: "la precarietà è un problema, la flessibilità è un'opportunità". Invita a cessare la contrapposizione tra posto fisso e posto precario, mentre è più utile individuare un maggior numero di garanzie per i lavoratori flessibili. "Le parti sociali sono un po' più avanti dei soggetti politici'', che "si fermano sempre più a mere dichiarazioni di propaganda, senza entrare nel merito dei problemi". Auspica che "non si discuta piu' se sei con Tremonti, che vuole il posto fisso, o con l'altro, che vuole la flessibilita', perche' questo e' un modo di affrontare i problemi che può accontentare un pubblico di palato poco fino o può essere una buona battuta in un comizio".

Sul taglio delle tasse, ritiene utili riduzioni selettive per evitare di rallentare la spesa e bloccare lo sviluppo.
Il presidente spende anche due parole sul suo auspicio di inizio mandato, una "legislatura costituente", invitando a varare una legge elettorale alla francese per il raggiungimento di un presidenzialismo con pesi e contrappesi.
Riguardo le raccomandazioni, "sarei ipocrita se dicessi di non aver mai preso carta e penna per raccomandare qualcuno". Ma attenzione a evocare i sepolcri imbiancati di ipocrisia: la raccomandazione è diversa a seconda che sia a favore di una persona dotata di meriti o sia un modo di occupare la cosa pubblica da parte di una parte politica.
Fini chiude l'intervento con un pensiero sull'Europa. Essa deve darsi una sua mission oppure rischia di favorire l'euroscetticismo. Già oggi è percepita come "problema", "impedimento" e raramente come "opportunità"; grazie anche al trattato di Lisbona, dobbiamo diventare un "player" oppure vincono "il distacco e la disillusione": i problemi devono superare la dimensione nazionale e diventare europei (si veda il caso energia).

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