Iniziata con qualche minuto di ritardo, causa il prolungarsi delle celebrazioni dell'inaugurazione del Festival dei Saperi, a partire dalle 18,45, la lectio magistralis del professor Franco Cardini, medievalista, è stata seguita da un cospicuo numero di persone che hanno affollato i posti a sedere in Piazza della Vittoria.
Il tema dell'homo viator negli itinerari medievali di pellegrinaggio è punto di partenza e filo conduttore di un monologo che ha toccato vari temi.
La lectio comincia con la risposta del professore alle critiche piovute dopo la sua intervista a La Provincia pavese, in cui egli affermava che la via Francigena non passava effettivamente da Pavia. In realtà - risponde - dal V fino al XVIII e talora al XIX secolo è spesso difficile ritrovare il percorso di una strada medioevale, più simile ad un "sentiero", una strada sterrata, la cosiddetta "strada bianca". Solo da quando hanno iniziato a circolare gli antenati delle moderne automobili, vale a dire i cocchi a cavallo, si è assistito ad una migliore definizione della rete viaria, ritornando alla concezione romana di strada, lastricata e, soprattutto, ben segnata. Il nome della via risale all'VIII secolo ed indicava la strada percorsa dai Franchi, provenienti dalla "Frankia", territorio attualmente corrispondente a Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Germania renana e Svizzera; la stessa via, in Italia, era denominata Via Romea, cioè la via che portava a Roma, e non era altro che uno dei "diverticoli infiniti", uno dei tronconi della stessa via Francigena. La quale - conclude il professore - rappresentava il tratto nord-italico di quella grande via di comunicazione che si estendeva da Santiago de Compostela fino a Gerusalemme, cioè la via percorsa dai pellegrini per raggiungere la Terra santa.
Il discorso sulle strade nasconde all'interno il succo dell'intera lectio: secondo Cardini, "le strade sono modi per appropriarsi del territorio", intendendo sia le strade terrestri sia le strade di acqua. Tuttavia, all'"esplorazione" che ci è possibile viaggiando, dobbiamo affiancare l'"interpretazione": ad esempio, "abbiamo scoperto un nuovo continente" con Colombo, ma "abbiamo inventato l'America".
Le strade, quindi, sono da considerare non solo come mezzi fondamentali per la comunicazione, ma anche come strumenti per riscoprire e conservare le nostre radici, che "spariscono quando la gente se ne dimentica".
Al termine della lectio magistralis, i bar di Piazza della Vittoria hanno offerto l'aperitivo.
Il tema dell'homo viator negli itinerari medievali di pellegrinaggio è punto di partenza e filo conduttore di un monologo che ha toccato vari temi.
La lectio comincia con la risposta del professore alle critiche piovute dopo la sua intervista a La Provincia pavese, in cui egli affermava che la via Francigena non passava effettivamente da Pavia. In realtà - risponde - dal V fino al XVIII e talora al XIX secolo è spesso difficile ritrovare il percorso di una strada medioevale, più simile ad un "sentiero", una strada sterrata, la cosiddetta "strada bianca". Solo da quando hanno iniziato a circolare gli antenati delle moderne automobili, vale a dire i cocchi a cavallo, si è assistito ad una migliore definizione della rete viaria, ritornando alla concezione romana di strada, lastricata e, soprattutto, ben segnata. Il nome della via risale all'VIII secolo ed indicava la strada percorsa dai Franchi, provenienti dalla "Frankia", territorio attualmente corrispondente a Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Germania renana e Svizzera; la stessa via, in Italia, era denominata Via Romea, cioè la via che portava a Roma, e non era altro che uno dei "diverticoli infiniti", uno dei tronconi della stessa via Francigena. La quale - conclude il professore - rappresentava il tratto nord-italico di quella grande via di comunicazione che si estendeva da Santiago de Compostela fino a Gerusalemme, cioè la via percorsa dai pellegrini per raggiungere la Terra santa.
Il discorso sulle strade nasconde all'interno il succo dell'intera lectio: secondo Cardini, "le strade sono modi per appropriarsi del territorio", intendendo sia le strade terrestri sia le strade di acqua. Tuttavia, all'"esplorazione" che ci è possibile viaggiando, dobbiamo affiancare l'"interpretazione": ad esempio, "abbiamo scoperto un nuovo continente" con Colombo, ma "abbiamo inventato l'America".
Le strade, quindi, sono da considerare non solo come mezzi fondamentali per la comunicazione, ma anche come strumenti per riscoprire e conservare le nostre radici, che "spariscono quando la gente se ne dimentica".
Al termine della lectio magistralis, i bar di Piazza della Vittoria hanno offerto l'aperitivo.
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