Nel Cortile delle Statue dell'Università degli Studi di Pavia, sotto gli occhi, tra gli altri, di Alessandro Volta e Camillo Golgi, a partire dalle ore 21, il professor Vittorio Grevi ha moderato la conversazione tra Giancarlo Caselli e Alfonso Sabella, il cui tema era La mafia e il suo territorio. I due interlocutori sono magistrati in campo, che hanno passato buona parte della loro vita a combattere la mafia.
Il professore presenta gli ospiti prendendo spunto dai rispettivi libri, Le due guerre-Perchè l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia di Caselli e Cacciatore di mafiosi-Le indagini, i pedinamenti, gli arresti di un magistrato in prima linea di Sabella, dai quali emerge come i loro destini siano stati strettamente incrociati: Caselli, appena giunto a Palermo, si era posto come obiettivo la ricerca dei latitanti, convinto che questa via potesse essere quella giusta per disarticolare Cosa Nostra, mentre Sabella è stato un "cacciatore di mafiosi" in quanto sostituto procuratore a stretto contatto con gli stessi latitanti ed autore di numerosi arresti.
L'introduzione di Alfonso Sabella contiene una frase importante: "la mafia è forte perchè controlla il territorio"; egli ribalta il luogo comune in base al quale "la mafia è forte perchè ha rapporti con i politici" perchè ritiene che "la politica è forte perchè è legata alla mafia", che è in grado di controllare perfettamente il territorio. Da questa affermazione, discendono i differenti temi affrontati.
Innanzitutto i motivi che lo hanno spinto a scrivere il libro: il primo è quello di dimostrare che i processi di Palermo non sono stati processi meramente "politici", ma hanno portato a grossi risultati, visti i tanti latitanti arrestati e gli enormi quantitativi di armi sequestrate (non solo pistole, ma anche kalashnikov, lanciagranate, missili); il secondo è quello di eliminare "l'immagine edulcorata ed etica" della mafia, la quale è interessata unicamente a soldi e potere.
Quindi, per poter continuare a raccontare, si avvale di vari racconti di vita vissuta. Tra tutti molto toccante è il ricordo di Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito Santino Di Matteo), strangolato e sciolto, per vendetta, nell'acido nitrico su ordine di Giovanni Brusca, in quanto "figlio del cornuto che aveva parlato per primo delle stragi". Stando a quanto ricorda Vincenzo Chiodo, colui che aveva strangolato il piccolo Giuseppe, in un processo, quello dell'uccisione del bambino era "il giorno più felice della sua vita"; Sabella spiega che questa espressione denota la soddisfazione personale di Chiodo per un salto di qualità, un cambiamento di status.
Curioso è anche il racconto dell'arresto di Brusca, utile a ricordare come in quegli anni la lotta alla mafia era senza quartiere e senza sosta. Gli investigatori erano da tempo sulle sue tracce. Tuttavia i sistemi di localizzazione dell'epoca avevano uno scarto di circa un chilometro quadrato: troppo per poter pianificare un blitz. Un tecnico che aiutava Sabella nelle indagini lo informa che una ditta inglese ha un macchinario che poteva essere loro utile per le intercettazioni, ma l'unico modo per averla è acquistarla: peccato per il prezzo proibitivo, di poco inferiore al miliardo di lire, senza assicurazioni sul reale buona riuscita del lavoro. Ma la macchina non è servita perchè la genialità degli investigatori risolve il problema; prendendo spunto da un evento verificatosi una settimana prima - il suono continuo delle campane di Palermo per accogliere il nuovo cardinale, che, data la vicinanza degli uffici per l'ascolto delle intercettazioni, impedivano di udire gli intercettati - viene pianificato di far passare una moto senza marmitta sotto le due case sospettate di essere il covo di Brusca: così facendo, mentre Brusca parlava al cellulare, il microfono del telefonino avrebbe amplificato il rumore gracchiante della moto e sarebbe stato facile localizzarlo.
Giancarlo Caselli, invece, cambiando registro, sostiene che la mafia è costituita da due braccia: "il controllo del territorio" e "le relazioni esterne" (politica, economia, istituzioni, società civile): è questo l'"intreccio perverso di rapporti", quello contro cui si deve lottare per poter vincere la mafia, così come si è riusciti a vincere il terrorismo. Il procuratore sottolinea come "unica novità positiva" la continua cattura di latitanti, da Riina fino a Lo Piccolo, segno che lo Stato non abbassa la guardia. Ma questo è poco: non basta la presenza sul territorio della magistratura e delle forze dell'ordine, non basta delegare a loro la lotta alla mafia, ma serve un movimento unitario di differenti entità. Serve, oltre all'"antimafia della repressione", anche e soprattutto un'"antimafia dei diritti o sociale" e un'"antimafia della cultura". A testimonianza di questo, egli cita il generale Dalla Chiesa, "uno Sbirro, un generalissimo, un uomo di manette", il quale affermava che i diritti della popolazione non soddisfatti dallo Stato vengono assicurati dai boss mafiosi, ovviamente non a titolo gratuito: in questo modo si assiste al "rafforzamento dell'egemonia mafiosa". Fa strano sentir citare, dallo stesso Caselli, una dichiarazione dai toni molto simili pronunciata da Pietro Aglieri, uno tra i più spietati del clan dei Corleonesi.
Il problema è così serio al punto che, come oggi accade, si assiste a nuove ondate migratorie interne di giovani diplomati o laureati che lasciano la loro terra in cerca di miglior fortuna: è proprio "il mancato soddisfacimento dei diritti", come per esempio lo sviluppo economico, la molla che spinge a spostarsi, il cancro che la mafia semina nelle zone in cui è "più massicciamente e prepotentemente presente".
Caselli conclude ricordando la figura di Falcone, il più profondo conoscitore della mafia, e in particolar modo di Cosa Nostra, che aveva capito che la mafia è "un'organizzazione segreta": se non si conoscono i segreti di mafia, si riesce solo a scalfirla in superficie, ma non la si aggredisce in profondità.
Infine il procuratore ricorda la nascita della legge sui pentiti, fortemente e a lungo voluta da Falcone e Borsellino quando erano in vita, ma variamente e lungamente osteggiata. Solo la loro morte ha permesso di sbloccare l'iter legislativo, al punto che Caselli stesso si fa una domanda: perchè? E si risponde richiamando quell'intreccio perverso di rapporti di cui aveva parlato all'inizio.
Cos’è il Pd?
RispondiEliminaZomby! Né carne, né pesce, né Democratico un collage di smembramenti cadaveri dopo e Tangentopoli, d’ex d’ex, Pci, Dc, Psi e Kompagnuzzi e quelli che dichiarano Valori ma impiegabile dove li hanno conquistati, forse, dopo aver sbranati vivi sia colpevoli sia innocenti terminandole la vita, carriere ed amori? Uniti in una coalizione, con veri criminali che dopo essere protetti all’estero ritornano in Patria anche dal carcere beffando pure gli Usa! Ecco lì, in Parlamento con chi aveva Mani Pulite, insieme con estremisti, compresi “ ex ” terroristi, arruolati in Parlamento, “ sono eletti ” così rispose er Baffino cuoco sopraffino della bicamerale, a favore dei terroristi eletti in Palestina. Così questi avvoltoi sequestrano un soldato ed è prigioniero di criminali, feroci assassini, mentre la PACE va a farsi benedire e la Terra santa s’insanguina di Rosso e sempre più la convivenza, una chimera, mentre il Popolo Palestinese ostaggi, sì d’elettivi che spadroneggiano dando altri schiaffi a vittime facendoli crepare due volte: sono elettivi, né? Vincenzo Alias Il Contadino.
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Ti faccio i complimenti per la completezza e la chiarezza di esposizione con cui hai raccontato una serata che mi sono perso con molto dispiacere.
RispondiEliminaI due interlocutori raccotano cose interessantissime ma sinceramente, pur condividendo appieno l'idea di Sabella, penso che Caselli centri maggiormente il punto.
La mafia è forte perchè controlla il territorio ma questo lo riesce a fare anche perchè c'è chi l'appoggia e per non dire chi specula sul teritorio grazie alla mafia.
La lotta ai latitanti è fondamentale ma secondo me una buona volta bisognerebbe avere il coraggio di passare oltre e andare a scavere ancora pù a fondo raggiungendo le menti (che ovviamente stanno più in alto) che controllano la mafia.
Falcone e Borsellino per non tornare indietro al generale Dalla Chiesa sono morti per questo, perchè da lì a poco si sarebbero spinti oltre il limite consentito e qusto non andava bene.
Queste sono cose dette e stradette ma mi piace ripeterle perchè ho come l'impressione che oggi ci si stia un pò limitando nella lotta alla mafia: non nel senso che non si stia facendo il possible per combaterla ma mi sembra che manchi quel coraggio che potrebbe far fare un vero e proprio salto di qualità alla lotta alla mafia e che veramente,forse, riuscirebbe a scardinarla.
Tanto per capirci...Perchè non si è ascoltato il generale Dalla Chiesa che richiederva più protezione?Perchè si voleva bloccare l'iter di quella legge? Chi la ostacolava? Perchè quando è stato arrestato Provenzano si è aspettato una settimana prima di ritornare al casolare per ispezionarlo e requisire tutte le cose?
Ecco rispondere a questi quesiti (come a tanti altri che adesso non mi vengono in mente) secondo me sarebbe il vero punto di svolta o comunque il vero inizio della fine della mafia in Sicilia ocme da tutte le parti ovviamente.
Non so, dimmi tu cosa ne pensi e se per caso i due giudici hanno accennato qualcosa a proposito di questo.
Saluti e ancora complimenti